La Corte di Giustizia si pronuncia in via pregiudiziale sul sistema di attribuzione delle radiofrequenze

21.08.2017

La Corte di Giustizia si pronuncia in via pregiudiziale sul sistema di attribuzione delle radiofrequenze in Italia nel passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale.

Lo scorso 26  luglio, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGE) si è pronunciata in via pregiudiziale, con due sentenze distinte, su alcune questioni sorte nei giudizi di rinvio, attivati da Persidera S.p.A. (Persidera), in relazione all’assegnazione delle frequenze televisive in Italia, nell’ambito del passaggio dall’analogico al digitale terrestre.

Tale transizione – iniziata, peraltro, in concomitanza con l’avvio da parte della Commissione Europea di una procedura di infrazione a carico dell’Italia proprio su tali aspetti – consisteva sostanzialmente nell’assegnazione e redistribuzione delle frequenze a seguito del cambio di tecnologia, secondo criteri stabiliti ex lege che potevano variare a seconda della tipologia di operatori, anche al fine di favorire l’ingresso di nuovi soggetti per evitare una cristallizzazione del mercato esistente.

Le doglianze all’origine della sentenza resa nella causa C – 112/16 avevano ad oggetto le modalità di assegnazione di otto multiplex (che privilegiavano la continuità della diffusione dei programmi nel passaggio tra le due tecnologie e attribuivano a ciascun operatore già attivo sull’analogico almeno un multiplex) e, in particolare, l’attribuzione a Rai e Mediaset di due multiplex ciascuna, a dispetto dell’unico multiplex assegnato a Persidera. Quest’ultima era, quindi, ricorsa al giudice amministrativo per ottenere un multiplex supplementare o, in alternativa il risarcimento per il danno subito.

Il rinvio verte essenzialmente sulla compatibilità di tale fattore di conversione di frequenze applicato in maniera differente tra i summenzionati operatori con i principi posti alla base del diritto europeo (in particolare, non discriminazione, trasparenza, libertà di concorrenza e proporzionalità), in un contesto, peraltro, in cui Rai e Mediaset già esercivano illecitamente alcune reti sul digitale in violazione dei limiti anti-concentrativi previsti dalla normativa italiana di settore (detenendo, pertanto, un vantaggio concorrenziale indebito).

Nella decisione in commento, la CGE ha preliminarmente chiarito che “le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto normativo e fattuale che egli definisce sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza”; inoltre, la stessa CGE ha precisato che, nel caso di specie, la questione sollevata non rappresentasse un problema meramente ipotetico – avendo Persidera ottenuto ulteriori multiplex, a seguito dell’ingresso nel capitale sociale da parte di Rete A -, in quanto la ricorrente aveva comunque agito in giudizio per chiedere (in subordine) il risarcimento dei danni subiti.

Nel merito, la pronuncia ha ribadito la necessità che siffatte procedure di assegnazione venissero svolte nel rispetto di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati; nella vicenda in parola, Rai e Mediaset, pur trovandosi in una situazione paragonabile a quella di Persidera ai fini della transizione dall’analogico al digitale, avevano ricevuto trattamenti differenti oggettivamente non giustificati, neppure sulla base della seppur legittima garanzia della continuità dell’offerta televisiva, in quanto, per raggiungere tale obiettivo, non era certo necessario – e, dunque, sproporzionato – assegnare loro quegli ulteriori multiplex.

L’altra sentenza, resa dalla CGE nella causa C – 560/15, riguarda, invece, più propriamente l’assegnazione gratuita delle frequenze all’esito della procedura di beauty contest, che riservava alcuni multiplex da attribuirsi a piccoli operatori e nuovi entranti sul mercato, mentre la restante parte di multiplex poteva essere oggetto di offerta libera da parte di tutti gli operatori. La vicenda che ne è conseguita è ben nota anche alle cronache, con la sospensione ex lege (rectius, con decreto ministeriale, e successivo decreto convertito nella legge del 26 aprile 2012, n. 44) del beauty contest e la sostituzione di quest’ultimo con una procedura di selezione pubblica onerosa, secondo i criteri stabiliti dall’Agcom, che inter alia escludevano gli operatori che già disponevano di tre multiplex (i.e. Persidera, peraltro risultata aggiudicataria all’esito del beauty contest).

In estrema sintesi, sulle questioni oggetto del rinvio, la CGE ha dapprima riconosciuto l’incompatibilità di un siffatto intervento normativo sospensivo del beauty contest con la disciplina europea in materia che prevede che le funzioni di regolamentazione del mercato televisivo spettino ad una autorità amministrativa indipendente (peraltro, a valle di consultazioni pubbliche).

La CGE ha poi rinviato al giudice del procedimento principale di verificare se la procedura di selezione onerosa sostitutiva del beauty contest – di per sé non illegittima (a condizione, tra l’altro, che l’importo fissato per la partecipazione alla gara non sia tale da scoraggiare o ostacolare l’accesso di nuovi operatori sul mercato) – sia stata svolta nel rispetto di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati, come richiesto dalla normativa europea in materia.

Si dovrà, dunque, attendere per comprendere gli effetti che tali pronunce concretamente avranno in uno scenario quale quello l’attuale di grande attualità e dinamismo (e per certi versi mutato rispetto al passato).

a cura di Filippo Alberti