Sentenza della Corte di Giustizia del 17 febbraio 2016 – Causa C-314/14

28.03.2016

Lo scorso 17 febbraio 2016, la Corte di Giustizia (“la Corte”) si è espressa su una domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta nell’ambito della causa C-314/14, tra Sanoma (fornitore di servizi di media audiovisivi stabilito in Finlandia) e l’Autorità finlandese di regolamentazione per le telecomunicazioni (d’ora in avanti, “l’Autorità”). In sintesi, la disputa trae origine dalla decisione del 9 marzo 2012 con cui l’Autorità aveva stabilito, in particolare, che: (i) l’utilizzo da parte di Sanoma, al termine di un programma, della tecnica consistente nella ripartizione dello schermo (da una parte i titoli di coda, dall’altra un riquadro di presentazione del proprio palinsesto, inserendo dei ‘secondi neri’ prima e dopo ogni spot pubblicitario diffuso nell’ambito di tali sequenze) non garantisse una separazione sufficiente tra detto programma e la sequenza pubblicitaria inserita tra lo stesso e il programma successivo; (ii) Sanoma avesse violato la durata oraria massima di trasmissione di pubblicità e televendite (inserendo elementi di sponsorizzazione di un programma anche nei pre-annunci dello stesso o in altri programmi).

Omettendo la narrazione degli sviluppi strettamente attinenti all’evoluzione della controversia, la questione pregiudiziale rispetto alla quale è stata adita la Corte ha riguardato l’interpretazione di alcune delle norme contenute nella Direttiva 2010/13/UE sui servizi di media audiovisivi (la “Direttiva”) rispetto alla legge 744/1998 che ne recepisce le previsioni nell’ordinamento finlandese (la “Legge”).

L’art. 4.1. della Direttiva dispone che: “Gli Stati membri conservano la facoltà di richiedere ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione di rispettare norme più particolareggiate o più rigorose nei settori coordinati dalla presente direttiva, purché tali norme diano conformi al diritto dell’Unione”. In particolare, le doglianze di Sanoma si riferivano a:

  1. a) le previsioni della Legge circa il fatto che “la pubblicità televisiva e le televendite devono essere distinte dai programmi audiovisivi con mezzi ottici o acustici o con un ripartizione dello schermo” e che “all’inizio o alla fine dei programmi audiovisivi o radiofonici sponsorizzati deve essere chiaramente indicato il nominativo o il marchio dello sponsor” (art. 22 e art. 26); ad avviso di Sanoma, le disposizioni appena richiamate non riflettono adeguatamente quanto previsto dalla Direttiva, la quale dispone che “i telespettatori sono chiaramente informati dell’esistenza di un accordo di sponsorizzazione. I programmi sponsorizzati sono chiaramente indicati come tali attraverso l’indicazione del nome, del logo e/o di qualsiasi altro simbolo dello sponsor, ad esempio un riferimento ai suoi prodotti o servizi o un segno distintivo, in maniera appropriata al programma, all’inizio, durante e/o alla fine dello stesso” e che “la pubblicità televisiva e le televendite devono essere chiaramente riconoscibili e distinguibili dal contenuto editoriale. Senza pregiudicare l’uso di nuove tecniche pubblicitarie, la pubblicità televisiva e le televendite devono essere tenute nettamente distinte dal resto del programma con mezzi ottici e/o acustici e/o spaziali” (art. 10 e art. 19);
  2. b) le previsioni della Legge in merito alla circostanza per cui ”la percentuale di pubblicità e televendite non deve superare i dodici minuti per ora di orologio” (art. 29), a fronte di quanto disposto dall’art. 23 della Direttiva (“La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora d’orologio non deve superare il 20%”).

Sanoma ha, quindi, interrogato la Corte se la disciplina finlandese – più restrittiva di quella stabilita a livello comunitario – fosse conforme ad una corretta applicazione del diritto europeo.

Nel pronunciarsi sulle questioni relative al precedente sub a), la Corte ha chiarito che “se è vero che la pubblicità televisiva e le televendite devono essere chiaramente distinte dai programmi televisivi facendo ricorso ai diversi mezzi elencati all’articolo 19, paragrafo 1, seconda frase della direttiva sui servizi di media audiovisivi, non si può tuttavia ritenere che, in forza di tale disposizione, tali mezzi debbano essere utilizzati in modo cumulativo”. Nel caso di specie, la ripartizione dello schermo implica una separazione di tipo spaziale; spetta al giudice del rinvio verificare che l’utilizzo di tale mezzo soddisfi di per sé i due presupposti derivanti dalla summenzionata norma comunitaria.

Sugli aspetti di cui al precedente sub b), la Corte ha precisato che ai fini del calcolo del tempo massimo a disposizione per la pubblicità per ora di orologio indicato nella Direttiva, occorre tenere conto sia dei segni distintivi di sponsor trasmessi nell’ambito di programmi diversi da quello sponsorizzato sia dei ‘secondi neri’, inseriti tra i diversi spot di una sequenza pubblicitaria televisiva o tra tale sequenza e il programma televisivo successivo.

a cura di Filippo Alberti