Sommario 
1) Premessa; 
2)  La determinazione della Autorità di Vigilanza sui LL.PP. del 20  dicembre 2001 n. 25; 
3) I requisiti di partecipazione alla gara nel  caso di opere complesse; 
4) Il divieto di subappalto nell’ipotesi di  opere superspecializzate; 
5) L’interpretazione, al contempo,  estensiva e restrittiva del divieto di subappalto formulata  dall’Autorità di Vigilanza sui LL.PP.; 
6) Critica alla ricostruzione  della fattispecie così come operata dall’Autorità di Vigilanza sui  LL.PP. 
1. Premessa 
Il subappalto, nell’ambito dei lavori  pubblici, costituisce uno degli istituti maggiormente considerati dal  legislatore che ne ha fatto oggetto, dopo l’emanazione del corpus  normativo introdotto con la legge 55/1990, di molteplici, e non sempre  chiari, interventi di modifica. A tale proposito, basti pensare solo  alle rilevanti novità introdotte prima con l’art. 30 del Decr. Legsl.  406/1991 e poi, via via, con le varie norme di riforma della legge ‘  quadro sui lavori pubblici, tutti interventi adottati facendo ricorso al  meccanismo della novellazione della norma originaria, con discutibili  effetti sulla chiarezza delle relative formule e sul coordinamento tra  disposizioni susseguitesi nel tempo. 
Per effetto della provenienza  assolutamente eterogenea delle disposizioni di modifica della disciplina  originaria, nonché per il già accennato difetto di coordinamento tra le  varie previsioni normative, tanto la dottrina che la giurisprudenza,  sono state spinte, considerata anche la delicatezza della materia e  tutti i sui possibili risvolti, a formulare ipotesi interpretative volte  a definire i punti oscuri della normativa e, in ultima analisi, a dare  una certa coerenza all’intero sistema del subaffidamento di prestazioni  esecutive oggetto del contratto principale, stipulato tra un pubblico  Committente ed un appaltatore. 
Sulla base di tali interpretazioni,  che hanno tenuto nel dovuto conto la lettera delle norme vigenti in  materia, per gli operatori del settore si erano raggiunti alcuni punti  fermi, sinteticamente costituiti dai seguenti principi: 
a)  subaffidabilità delle lavorazioni relative alla categoria prevalente per  un limite massimo del 30%; 
b) subappaltabilità totale delle  lavorazioni ascrivibili ad altre categorie diverse dalla prevalente; 
c)  divieto assoluto di subappalto per le lavorazioni relative alle  categorie c.d. superspecializzate, previste espressamente dall’art. 13  comma 7° della legge 109/94, semprechè le stesse risultassero di valore  superiore al 15% dell’importo complessivo dell’appalto. 
Ebbene tali  conclusioni, cui si era pervenuti ‘ giova ripeterlo ‘ sulla scorta della  interpretazione letterale e sistematica, non solo delle disposizioni  contenute nella legge ‘ quadro, ma anche nel successivo Regolamento di  attuazione e nello stesso DPR 34/2000 relativo alla qualificazione delle  Imprese, sono state messe in dubbio da una recente determinazione  dell’Autorità di Vigilanza sui LL.PP. 
2. La determinazione  dell’Autorità di Vigilanza sui LL.PP. n. 25 del 20.12.2001 
Invero,  con la Determinazione in data 20 dicembre 2001 n.25, l’Autorità per la  Vigilanza sui Lavori Pubblici nell’esercizio delle funzioni di vigilanza  e controllo delle quali è titolare, è tornata principalmente sul tema  della redazione dei bandi di gara e delle modalità di partecipazione  alle gare di appalto e solo incidentalmente ha trattato la materia del  subappalto, ma operando affermazioni tali da incidere fortemente sulle  conclusioni cui la dottrina era generalmente pervenuta in materia. In  particolare, la suddetta Determinazione si presenta coma una sorta di  riassunto dei precedenti interventi adottati dall’Autorità sul medesimo  tema, con il chiaro intento di rimettere ordine nella complessa materia.  In quest’ottica e nel limitato fine cui è ispirato il presente  contributo, assumono particolare rilievo le precisazioni fornite in  merito al tema delle categorie di lavoro c.d. superspecializzate,  previste dall’art.13 comma 7 della legge 109/94 e dall’art.72, comma 4  del Dpr 554/99, per le quali ‘ come è noto ‘ il legislatore ha statuito  un peculiare divieto di subappalto. Infatti, l’art. 13 sopra citato,  testualmente prevede che ‘qualora nell’oggetto dell’appalto rientrino  oltre i lavori prevalenti, opere per le quali siano necessari lavori o  componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità  tecnica, quali strutture impianti ed opere speciali e qualora ciascuna  di tali opere superi altresì in valore il 15% dell’importo totale dei  lavori, esse non possono essere affidate in subappalto e sono eseguite  esclusivamente dai soggetti affidatari’. 
Ebbene, con riferimento a  tali opere superspecializzate, l’Autorità si pone il preciso intento di  interpretare ‘autenticamente’ la normativa vigente, con particolare  riferimento a due aspetti fondamentali: con il primo, l’Autorità,  ribaltando la recente interpretazione fornita dal TAR del Lazio con la  sentenza n.6895 del 1° agosto 2001, ha argomentato dettagliatamente in  merito al divieto di affidare in subappalto le suddette categorie, solo  allorché tutte le lavorazioni superspecializzate superino la soglia del  15% del valore complessivo dell’appalto. 
Con il secondo, acclarato  che il divieto di subappalto sorge quando tutte le lavorazioni siano di  importo superiore al riferito limite percentuale (15 %) l’Autority  giunge alla, non condivisibile, conclusione che il divieto di subappalto  valga anche per tutte le categorie di opere generali, che siano  indicate nel bando di gara come scorporabili, e non solo per le  lavorazioni riferibili alle categorie ‘superspecializzate’, come invece  prevede testualmente la disposizione di legge. 
Prima di affrontare,  in modo critico, l’esame della fondatezza delle opinioni espresse dalla  Autorità, è opportuno, ancorché incidentalmente, soffermarsi sul diverso  (ma, a ben vedere, connesso) problema dell’ammissibilità di quelle  interpretazioni formulate dall’Autorità che però non si limitino ad un  reale apporto esegetico, ma si concretizzano in attività di vera e  propria nomofiliachia. 
Ebbene, nell’ambito delle funzioni proprie  dell’Autorità di Vigilanza, uno dei punti maggiormente discussi è  proprio quello relativo all’attribuzione alla medesima Autorità, in  quanto organismo indipendente, di poteri normativi. 
Va sottolineato  che vi sono casi rilevanti in cui il potere normativo, pur non essendo  esplicitamente attribuito, viene esercitato di fatto. Ciò avviene quando  essa non si limita a svolgere una attività di controllo sul rispetto  della legge ma, utilizzando lo strumento della segnalazione, al di là  del caso specifico, fornisce l’interpretazione delle disposizioni della  legge stessa, spingendosi fino a dettare principi di indirizzo e  direttive di carattere generale; così facendo l’Autorità finisce per  fissare regole espandendo di fatto il suo potere di regolazione  secondaria, ma senza un reale e concreto fondamento normativo e  giuridico. 
Ciò avviene soprattutto attraverso lo strumento delle  cosiddette determinazioni, ossia provvedimenti amministrativi aventi la  specifica finalità di apportare chiarimenti su questioni interpretative  di particolare complessità, la cui efficacia è quella tipica del parere.  
Nel caso di specie, senza alcuna sollecitazione ad intervenire sul  tema da parte degli operatori del settore, l’Autorità di Vigilanza, con  la Determinazione n.25 del 20.12.2001, ha fornito una propria  interpretazione del sistema legato alle categorie scorporabili in  evidente contrasto con il dettato delle disposizioni normative contenute  rispettivamente nella Legge Merloni, nel Regolamento di attuazione e  nel Regolamento sulla qualificazione; sembrerebbe, quindi, potersi  sostenere che l’art.4 della Legge 109/94 e le rispettive norme del  Regolamento di attuazione della legge Merloni (art. 3 ‘ 5 DPR 554/99),  non attribuiscono affatto all’Autorità il potere di adottare atti quali  la deliberazione in argomento. E ciò per le considerazioni di seguito  formulate. 
3. I requisiti di partecipazione alla gara nel caso di  opere complesse. 
Giova rammentare che, con riferimento alle modalità  di partecipazione alle gare di appalto nel caso di opere complesse,  vale a dire caratterizzate da lavorazioni ascrivibili a più categorie,  dal combinato disposto della normativa dettata dalla Legge 109/94, dal  Dpr n.34 del 25.1.2001ed infine, dal Dpr 554 del 19.12.1999, si afferma  come regola generale quella per cui negli avvisi di gara deve essere  indicata la categoria prevalente (che a sua volta può appartenere ad una  categoria di opere generali o di opere specializzate) la quale va  individuata ‘ a differenza di quanto stabiliva in proposito la  previgente normativa, che, invece, ne dava una definizione qualitativa –  nella categoria di importo più elevato. Debbono poi essere indicate nel  bando le ulteriori lavorazioni di cui si compone l’intervento (che  possono appartenere anch’esse ad una categoria di opere generali o ad  una categoria di opere specializzate) qualora l’importo di ciascuna di  esse sia superiore al 10% dell’importo dell’appalto e, comunque, qualora  l’importo di ciascuna di esse sia superiore a 150.000 Euro (così  dispongono, in particolare, l’art.30 del Dpr 34/2000 e l’art. 73 commi 2  e 3 del Dpr 554/99). 
Pertanto, in relazione alle diverse categorie  di cui si compone l’opera possono concretizzarsi distinte fattispecie, a  seconda della natura e dell’importo delle suddette tipologie di  lavorazioni. 
L’ipotesi più semplice è che, accanto alla categoria  prevalente, l’opera si caratterizzi per la sussistenza di lavorazioni  diverse di importo inferiore al 10% dell’importo complessivo  dell’appalto ovvero di importo inferiore a 150.000 Euro. 
In tal  caso, la gara potrà essere aggiudicata ad impresa singola (o associata  orizzontalmente) in possesso della qualificazione nella sola categoria  prevalente per importo pari a quello dell’appalto da aggiudicare;  naturalmente l’Impresa (tanto singola che associata) così qualificata  potrà anche eseguire integralmente l’appalto di cui è risultata  aggiudicataria. 
Qualora, invece, accanto alla categoria prevalente,  l’intervento si caratterizzi per la sussistenza di lavorazioni diverse,  di importo superiore al 10 % del valore dell’appalto o, comunque,  superiore a 150.000 Euro, esse vanno obbligatoriamente indicate nel  bando di gara accanto alla categoria prevalente; più precisamente viene  prescritto che ‘le parti appartenenti alle categorie generali o  specializzate di cui si compone l’opera o il lavoro, diverse dalla  categoria prevalente con i relativi importi e categorie, fatto salvo  quanto previsto dall’art.13, comma 7 della legge 109/94 e s.m.i., sono  tutte a scelta del concorrente subappaltabili o comunque scorporabili’  (art. 30 comma 2 DPR 34/2000 e art. 74, comma 2, DPR 554/99). 
In  altre parole, allorché ricorra tale ipotesi le imprese singole (ovvero  associate orizzontalmente) qualificate nella sola categoria prevalente  (maper l’intero importo dell’appalto) potranno partecipare alla gara, ma  non essendo qualificate anche nelle ulteriori categorie scorporabili,  dovranno procedere alla necessaria indicazione di volersi avvalere del  subappalto (ovviamente in favore di imprese qualificate per categoria e  classifica adeguata) al fine di eseguire le relative lavorazioni. In  alternativa sarà sempre possibile inserire ‘ab initio’, nella compagine  associativa, una impresa mandante che copra la qualificazione della  lavorazione scorporabile, dando quindi luogo ad una riunione di impresa  del tipo ‘verticale’. 
4. Il divieto di subappalto nell’ipotesi di  opere superspecializzate 
Va però, osservato che la menzionata  previsione fa ‘salvo quanto previsto dall’art. 13, comma 7 della legge  109/94’, il che vale a dire che tale alternatività tra una  qualificazione diretta dell’A.T.I. nel suo complesso, a mezzo di  apposita mandante che copra i requisiti richiesti con riferimento alla  lavorazione scorporabile, ed invece una qualificazione indiretta,  ottenuta cioè attraverso i requisiti possedenti da un subappaltatore,  non è consentita nella fattispecie descritta dall’art. 13, comma 7; in  tal caso, e cioè allorché le lavorazioni scorporabili siano ascrivibili  ad una o più categorie di opere superspecializzate, opera il divieto di  subappalto e l’obbligo della costituzione di una A.T.I. verticale, che  quindi si pone come unica possibilità per partecipare alla gara, qualora  l’impresa singola non possegga la qualificazione anche relativamente  alle categorie superspecializzate. Ne discende, quindi, che rispetto  alle categorie di opere generali e di opere speciali, va tenuta distinta  una ulteriore tipologia di opere, vale a dire le ‘strutture, impianti e  opere speciali’. Queste ultime, che vengono convenzionalmente definite  SIOS, non vanno confuse con le categorie meramente ‘specialistiche’;  esse, infatti, sotto il profilo ingegneristico costituiscono le opere  per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto  tecnologico o di rilevante complessità tecnica (di cui al già citato  art. 13, comma 7 della legge 109/1994) mentre le categorie  specialistiche, secondo quanto prescritto dall’allegato ‘A’ al D.P.R.  34/2000, stanno solo ad indicare delle lavorazioni che ‘necessitano di  una particolare specializzazione e professionalità’. 
In particolare,  le SIOS sono giuridicamente individuate da due elementi che debbono  essere compresenti : natura delle lavorazioni e relativo importo. 
Quanto  alle tipologie di lavorazioni, il compito di individuarle è stato  delegato, dal citato articolo 13 della Legge Merloni, al Regolamento di  attuazione ( DPR 554/99) che vi ha provveduto all’art.72, comma 4°,  mediante una elencazione di carattere tassativo. 
Va, quindi,  chiarito immediatamente che non necessariamente una OS, vale a dire  un’opera specialistica, genera una SIOS, e cioè una lavorazione  superspecializzata posto che tra esse è contemplata anche una categoria  generale, come meglio si evidenzierà nel prosieguo della presente  trattazione. 
Quanto all’importo, si può parlare di SIOS solo qualora  ciascuna di tali lavorazioni superi, altresì, in valore il 15 % del  totale dell’importo dell’appalto. 
Le SIOS, in quanto giuridicamente  individuate come tali, non possono essere affidate in subappalto e sono  eseguite esclusivamente dai soggetti affidatari in quanto in possesso di  adeguata categoria prevista nel bando. Infatti l’art. 13, comma 7 Legge  109/94 è chiarissimo al riguardo laddove prescrive ‘In tali casi i  soggetti che non sono in grado di realizzare le predette componenti sono  tenuti a costituire ‘. associazioni temporanee di tipo verticale’; 
Siamo,  dunque, come già accennato in precedenza, in un ambito di  scorporabilità ‘assoluta’, nel senso che essa si presenta del tutto  alternativa al subappalto, che per converso, viene testualmente vietato.  
Pertanto, quando la categoria ulteriore (diversa dalla prevalente)  indicata nell’avviso di gara corrisponda ad una delle lavorazioni  specificamente (e tassativamente) individuate dall’art.72, comma 4 del  Dpr 554/99 (le cd. SIOS- strutture impianti e opere speciali) e  ricorrano le condizioni di cui all’art.13, comma 7 della legge 109/94 (e  cioè, in particolare, che l’importo della lavorazione oggetto della  categoria ulteriore superi il 15% dell’importo dell’appalto) l’impresa  singola qualificata per la categoria prevalente (ovvero l’ATI di tipo  orizzontale, qualificata nella medesima categoria prevalente) qualora  non sia in possesso di adeguata qualificazione anche con riferimento  alla ulteriore categoria indicata nell’avviso di gara, dovrà  necessariamente affidare tale categoria ad impresa mandante, associata  in senso verticale, in possesso dei requisiti di qualificazione di cui  al Dpr 34/2000 con riferimento all’importo delle lavorazioni riferite  alla categoria scorporata e superspecializzata. 
5.  L’interpretazione, al contempo, estensiva e restrittiva del divieto di  subappalto ad opera dell’Autorità di Vigilanza. 
Salvo qualche  intervento chiarificatore operato dalla giurisprudenza (Cfr. Tar Lazio  n.6895/2001, con riferimento alla interpretazione dell’art.13, comma 7°  Legge Merloni), il quadro risultante quindi dal combinato disposto degli  art.13, comma 7 della Legge 109/94, 72, comma 4° e 74 del Dpr 554/99  appariva piuttosto definito; in questo contesto – in cui il divieto di  subappalto sorge solo per le categorie corrispondenti all’elenco  dell’art.72 comma 4°, del Dpr 554/99 (le cd. SIOS o superspecializzate) –  la Determinazione n.25/2001 ha prodotto un effetto dirompente laddove,  nel porsi il quesito circa la estensibilità del divieto di subappalto,  oltre che alle categorie superspecializzate, anche a tutte le categorie  generali, l’Autorità ha dato risposta positiva affermando che il divieto  di subappalto, al ricorrere delle condizioni di cui all’art.13 della  legge 109/94 (ossia che si tratti di lavorazioni ‘ciascuna’ di importo  superiore al 15% del valore dell’appalto) valga anche per tutte le  categorie di opere generali che siano indicate nel bando di gara come  categorie scorporabili. 
Ebbene, la singolarità dell’affermazione si  rinviene nel fatto che, da un lato, essa dà troppo valore alla lettera  della norma, ancorché pervenendo a conclusioni del tutto illogiche e,  dall’altro invece, la disattende completamente. 
In altre parole,  l’affermazione secondo cui il divieto di subappalto (come il correlativo  obbligo di costituire un’ATI verticale, ove l’Impresa non sia  qualificata nelle ulteriori categorie scorporabili) scatterebbe solo ove  le lavorazioni ascrivibili alle c.d. categorie superspecializzate  superino tutte il valore del 15% dell’appalto, è evidentemente del tutto  illogica. Infatti, non si comprende per quale motivo, il divieto di  subappalto non possa operare solo per quelle lavorazioni che  singolarmente superino la predetta soglia percentuale. 
Se, infatti,  la ‘ratio’ della norma è quella di assicurare che per le lavorazioni  tecnicamente più complesse, ove queste superino un certo ammontare, sia  assicurata la esecuzione diretta ad opera di un soggetto tecnicamente  qualificato, tale esigenza comunque sussiste anche allorchè, tra più  lavorazioni superspecializzate, solo una, a differenza delle altre, non  superi tale soglia. Talchè si potrebbe arrivare all’assurdo di ritenere  vietato il subappalto in una fattispecie in cui si sia (per esempio) una  categoria OG1 prevalente e lavorazioni ascrivibili alla cat. OS28  (superspecializzata ex art. 72) di valore superiore al 15% dell’importo  dell’appalto e, invece, di non ritenere sussistente tale divieto (con  l’applicazione quindi di una disciplina meno rigorosa) allorché, in  altra ipotesi, oltre alle descritte categorie (OG1 ed OS28), se ne  aggiunta una ulteriore (poniamo OS30) egualmente superspecializzata ma  che non superi la soglia minima posta dal legislatore. Ebbene in tale  ultimo caso, che tecnicamente è ‘ictu oculi’ più complesso del  precedente, seguendo l’interpretazione formulata dell’Autorità potrebbe  assumere l’appalto una impresa qualificata per la sola categoria  prevalente, affidando in subappalto tanto le lavorazioni della categoria  superspecializzata che supera il 15% (OS28) che quella di valore  inferiore alla soglia minima indicata (vale a dire le lavorazioni di cui  alla categoria OS30) mentre invece, nell’altra fattispecie ipotizzata, a  fronte di una sola categoria superspecializzata, scatterebbe il divieto  di subappalto e, quindi, l’obbligo di costituzione della ATI  ‘verticale’. In definitiva, risulta chiaro che il dato letterale va  temperato in base ad una valutazione logico-sistematica che deve portare  ad escludere quelle interpretazioni che giungano a conclusioni  palesemente incoerenti. Più fondatamente si deve ritenere che il divieto  di subappalto opererà solo per quelle categorie ‘superspecializzate’  che, singolarmente, superino il limite percentuale fissato dalla legge,  temperando il dato letterale con una interpretazione ‘ giova ripeterlo –  logico-sistematica. 
Al contrario, l’ulteriore affermazione  dell’Autorità, secondo cui il divieto di subappalto si estende ‘ oltre  che alle categorie superspecializzate espressamente previsto dall’art.  72 del Regolamento ‘ anche a tutte le lavorazioni di cui alle categorie  generali, disattende completamente il chiaro disposto della norma in  esame. 
In altre parole, la conclusione cui giunge l’Autorità si  fonda su un sillogismo logico in virtù del quale, posto che per tutte le  categorie a qualificazione obbligatoria è fatto divieto di esecuzione  diretta da parte dell’aggiudicatario in mancanza di adeguata  qualificazione, e che tanto le categorie generali quanto le categorie  superspecializzate sono a qualificazione obbligatoria, il medesimo  regime derogatorio al subappalto vale, sia per le categorie generali,  sia per le categorie superspecializzate. 
6. Critica alla  ricostruzione della fattispecie così come operata dall’Autorità di  Vigilanza. 
Invero, il suddetto sillogismo logico, di fatto contrasta  (giova ancora ripeterlo) con l’inequivocabile dettato normativo  dell’art.13 comma 7 della Legge 109/94, articolo che pone solo due  condizioni per la qualificazione di un lavoro quale superspecializzato,  tale quindi da comportare il divieto del subappalto e, conseguentemente,  presupporre la necessaria qualificazione in capo al soggetto che aspira  all’affidamento: da un lato che esso rientri nel novero delle  ‘strutture, impianti e opere speciali’ la cui elencazione è stata  demandata al Regolamento generale; dall’altro che esso superi per  importo il 15 % dell’importo complessivo dei lavori; solo il concorso di  questi due elementi crea le condizioni per derogare al principio  desumibile dall’art.73, comma 2 del Dpr 554/99 e dall’art.18 della Legge  55/90, in base al quale i lavori estranei alla categoria prevalente  possono essere liberamente subappaltati. 
E’ dunque evidente che la  Legge Merloni non si limita a fissare una condizione meramente  quantitativa (e cioè il superamento della soglia del 15% dell’importo  dell’appalto), ma stabilisce come detto divieto possa valere solo per  ‘strutture, impianti e opere speciali’ alla cui elencazione ha  provveduto l’art.72, comma 4 del Dpr 554/99. 
Espletando quindi un  compito rimessogli dalla Legge, la elencazione di cui all’art.72, comma  4, del Regolamento di attuazione, assume un valore necessariamente  tassativo, nel senso che, contrariamente a quanto espresso dall’Autorità  con la suddetta Determinazione n.25/2001, non ne è consentito un  ampliamento per effetto dell’affiancamento a dette categorie super  specializzate delle categorie di opere generali. 
Infatti, per quanto  concerne la elencazione dei lavori ‘speciali’, l’art.72, comma 4,  contempla 14 categorie, con riferimento alle quali, e solo ad esse il  legislatore ha consentito che si derogasse al regime ordinario del  subappalto. 
Né può avere alcun rilievo la circostanza che l’art. 74,  2° comma faccia riferimento tanto alle lavorazioni relativi ad opere  generali che a ‘strutture, impianti ed opere speciali di cui all’art.  72, comma 4’, per affermare il principio per cui tali lavorazioni (e  cioè tanto le opere generali che quelle c.d. superspecializzate) non  possono essere eseguite dalle imprese qualificate per la sola categoria  prevalente. 
Infatti tale previsione va necessariamente raccordata al  disposto del secondo e terzo capoverso, i quali chiariscono che viene  ‘fatto salvo quanto previsto dall’art. 13, comma 7 della legge’, vale a  dire il caso che le lavorazioni ivi previste (e tassativamente elencate  nell’art. 72 del Regol.) superino il valore del 15%. Nelle altre  ipotesi, e cioè nel caso di opere generali o lavorazioni  superspecializzate, queste ultime però inferiori alla predetta aliquota  percentuale, le relative prestazioni ‘sono comunque subappaltabili  (purchè) ad imprese in possesso delle relative specializzazioni’ (2°  capovs.) ovvero affidabili a mandanti costituite in ATI verticali (3°  capovs.). 
Ma vi è di più. In realtà, le attività comprese  nell’elenco dell’art.72, comma 4, del Dpr 554/99, se per lo più ricadono  tra le opere specializzate di cui all’allegato A del DPR 34/2000, in un  solo caso rientrano tra le opere generali: si intende, in particolare,  fare riferimento alle opere appartenenti alla categoria generale OG12  (bonifica ambientale). 
Ebbene, qualora dovesse prevalere  l’interpretazione fatta propria dall’Autorità di Vigilanza nella  Determinazione in parola (nel senso che il divieto di subappalto vale  per tutte le categorie di opere generali senza distinzione di sorta),  l’inserimento della categoria generale OG12 nell’elenco delle categorie  specializzate non avrebbe alcun senso, poiché il fatto stesso di essere  definita come generale sarebbe di per sé sufficiente a caratterizzarne  la disciplina, secondo i suggerimenti dell’Autorità di Vigilanza. 
In  altri termini, se per i lavori estranei alla categoria prevalente e  appartenenti a una qualsiasi delle categorie generali di importo  superiore al 15% dell’importo complessivo dell’opera, dovesse ritenersi  (come opina l’Autorità) ex se vigente il divieto di subappalto e  l’obbligo di costituire un’ATI verticale, l’inserimento delle opere di  bonifica ambientale (OG12) tra quelle superspecializzate (qualificazione  il cui unico effetto è quello di comportare l’applicazione del medesimo  regime che l’Autorità vorrebbe rendere applicabile a tutte le categorie  generali) non avrebbe alcun senso e risulterebbe evidentemente  pleonastica. 
Sotto altro profilo, non può sottacersi che rispetto al  regime ordinario, che vede il ricorso al subappalto come regola  generale, con l’unico limite rappresentato dalla soglia del 30%  dell’importo della categoria prevalente, la generalizzazione del divieto  di subappalto anche alle categorie generali, rappresenta una indebita  estensione del regime derogatorio legislativamente concepito, in modo  tassativo, per le SIOS. 
Peraltro, qualora dovesse prevalere la  interpretazione dell’art.74 del Dpr 554/99 prospettata dalla Autorità di  Vigilanza, si determinerebbe immediatamente una sostanziale difformità,  dell’orientamento in questione, rispetto ai principi comunitari la cui  applicazione, in termini di libertà dell’iniziativa economica, si  traduce irrimediabilmente nella eliminazione di qualsiasi tipo di  limitazione dell’autonomia imprenditoriale di organizzare liberamente i  propri mezzi di produzione. 
In applicazione di siffatti principi, la  normativa comunitaria si è astenuta dal porre un tetto di lavorazioni  subappaltabili, limitandosi a porre un generale e comprensibile divieto  di ricorrere al subappalto dell’intera opera appaltata e comunque per la  totalità dei lavori della categoria prevalente. 
Pertanto, rispetto  alla opzione liberalizzatrice di matrice comunitaria, la regola fissata  dalla Legge Merloni secondo cui tutte le lavorazioni a qualsiasi  categoria appartengano sono subapaltabili e affidabili in cottimo salvo  il temperamento che afferisce la categoria prevalente la cui quota  subappaltabile non può, in ogni caso superare il 30%, rappresenta già  una soluzione restrittiva alla quale stanno tentando di ovviare gli  attuali progetti di riforma della Legge Quadro (cfr. progetto della cd  Merloni Quater; Legge Finanziaria del 2002) cui è stato affidato il  compito di ridimensionare il limite quantitativo introdotto dalla  Merloni ter (Legge 415 /98), innalzando il suddetto tetto per il  subappalto fino al 50% dell’importo della categoria prevalente. 
E’  dunque evidente, che una interpretazione del dato normativo quale quello  offerto dalla Determinazione n.25/2001 – che introduce il divieto di  subappalto non solo per le lavorazioni superspecializzate ma addirittura  per le categorie generali – pone diverse perplessità suscitate dal  raffronto con l’esposta tendenza liberalizzatrice che ha sempre pervaso  l’azione comunitaria e ,di recente , anche l’azione amministrativa  nazionale e che sostanzialmente riflette l’attenzione verso i principi  costituzionali relativi alla libertà di iniziativa economica e di libera  organizzazione dei mezzi di produzione occorrenti all’Impresa.