Nel regime dei contratti ad evidenza pubblica sussiste un aspetto  privatistico ed uno pubblicistico. Secondo il primo aspetto la P.A. si  pone in rapporto di paritarietà con il contraente secondo le leggi di  mercato. Pertanto è soggetta alla disciplina codicistica in mancanza di  leggi speciali. 
Secondo l’aspetto pubblicistico non può non  considerarsi che l’attività dell’Amministrazione è sempre rivolta al  perseguimento di un interesse pubblico specifico. Per ragioni di  efficacia, economicità, efficienza per il raggiungimento degli  obbiettivi, ed ancora per il rispetto dei principi di trasparenza e di  giusto procedimento ( contraddittorio: partecipazione ed accesso) è  necessaria una procedimentalizazione dell’iter di formazione e  conclusione del contratto. 
Il procedimento standard si deduce dalla  normativa dei contratti d’appalto pubblico e si estende a tutti i  contratti ad evidenza pubblica. 
Si divide in quattro fasi: delibera a  contrarre, con cui la P.A. dichiara l’intento di instaurare il  procedimento e rappresenta il progetto; la scelta del contraente ( nelle  forme di asta pubblica, licitazione privata, appalto-concorso,  trattativa privata); aggiudicazione, con cui si conclude il contratto;  ed infine l’approvazione del contratto, ove un organo competente valuta  la legittimità e l’opportunità del contratto, e consiste in una  condizione d’efficacia su un contratto oramai perfetto. 
All’azione  illegittima della P.A. in tali fasi, quale forma di tutela ha il  concorrente’ 
L’orientamento precedente non prevedeva alcuna  situazione soggettiva in capo ai concorrenti che subivano una procedura  viziata, poiché l’ampia discrezionalità dell’Amministrazione a contrarre  non poteva far sorgere alcuna legittima aspettativa né alla conclusione  del procedimento né alla scelta del contraente. Inoltre la  legittimazione ad agire per rilevare i vizi del contratto era solo in  capo alla P.A. La dottrina parlava appunto di contratto claudicante. 
La  recente rivisitazione dell’intero sistema amministrativo sia sui  principi che sull’organizzazione modifica notevolmente il rapporto tra  autorità e libertà, ed anche nell’ambito dei contratti ad evidenza  pubblica si rivelano delle notevoli innovazioni. 
In primo luogo,  nella fase di formazione del contratto, il concorrente ha un interesse  legittimo affinché il procedimento sia svolto nel rispetto delle regole e  le trattative siano poste secondo correttezza e buona fede, altrimenti  la P.A. incorrerà in una responsabilità precontrattuale. 
Il  contemperamento tra l’aspetto pubblicistico e privatistico ha portato al  sorgere di questioni applicative delle regole del codice civile alle  procedure concorsuali di diritto amministrativo. 
La prima fase  dell’iter, la scelta di contrarre, pone esclusivamente dei vincoli  interni alla P.A., per cui non sorge alcuna situazione legittima in capo  ai futuri concorrenti. 
Di rilevate importanza è invece la fase  della scelta del contraente. L’illegittimità del bando o dell’invito  alla gara ha posto particolari questioni in relazione al momento in cui  deve avvenire l’impugnazione. 
Un primo orientamento sostiene che  l’interesse legittimo del concorrente è alla aggiudicazione del  contratto, per cui l’interesse a ricorrere nella fase di scelta del  contraente è solo potenziale, e diventa attuale e concreto solo quando  al concorrente non viene aggiudicato il contratto ad evidenza pubblica.  Infatti, l’atto di aggiudicazione del contratto è un atto amministrativo  discrezionale, per cui non si conosce l’esito della procedura  concorsuale sino a quando la P.A. non decida discrezionalmente il  contraente vincitore della gara. Inoltre si sostiene che le clausole del  bando sono degli atti amministrativi generali per cui non è ancora  identificato il diretto destinatario del provvedimento. 
L’Adunanza  Plenaria del Consiglio di Stato in una recentissima sentenza adotta una  soluzione più moderata, alla luce di alcuni orientamenti  giurisprudenziali e dottrinari. Sostiene comunque che sulla base dei  principi che regolano il ricorso giudiziario, l’interesse è attuale e  concreto solo al momento dell’aggiudicazione del contratto, per cui per  le clausole illegittime di un bando o invito di gara sussiste un onere  d’impugnazione successiva salvo che per le clausole di partecipazione  alla gara. Infatti per queste ultime l’interesse del concorrente è ad un  procedimento di ammissione nel rispetto delle regole, che è immediato,  concreto ed attuale alla pubblicazione del bando. Inoltre, benché il  provvedimento sia comunque generale, il destinatario è immediatamente  identificato a causa dei requisiti soggettivi indicati nelle clausole di  partecipazione che portano all’illegittima esclusione del concorrente  dal bando. In conclusione, solo per tali clausole è invece disposto un  onere di impugnazione immediata. 
La terza fase consiste  nell’aggiudicazione e rappresenta il momento perfezionativo del  contratto. Un comportamento scorretto della P.A. permette dunque al  concorrente, alla luce dell’ammissibilità del risarcimento dei danni per  lesione da interessi legittimi, di esperire un’azione di risarcimento  dei danni per responsabilità precontrattuale della P.A., e dunque nei  limiti degli interessi negativi ( spese sostenute e perdita di chances).  
La legge 205/00 ha previsto dei rimedi di immediata efficacia. In  caso di inerzia della P.A all’aggiudicazione, il giudice amministrativo  può emettere una sentenza che ordini all’Amministrazione di contrarre.  Inoltre, nell’ipotesi in cui sia disposta l’aggiudicazione al  concorrente e la successiva stipula formale, alla mancanza di  quest’ultima il giudice può emettere direttamente una sentenza in luogo  di tale stipula. Si tratta di un rimedio sulla falsa riga di quello  civilistico della sentenza dell’obbligo di concludere un contratto ex  art. 2932 c.c. Infatti l’aggiudicazione sostanziale è già avvenuta, il  contenuto dell’accordo è già stato stabilito, per cui l’aggiudicazione è  una sorta di contratto preliminare, e l’ipotesi è quella  d’inadempimento per mancata stipulazione del definitivo, ovvero la  stipula formale. 
Giurisprudenza e dottrina sono state da tempo  impegnate a risolvere una questione di particolare rilevanza: può essere  impugnato un atto illegittimo della procedura concorsuale nel momento  in cui il contratto illegittimamente concluso sia già stato posto in  esecuzione’ La giurisprudenza opta per una soluzione negativa ( tesi  dell’annullabilità del contratto). Dal punto di vista teorico sostiene,  infatti, che l’atto è annullabile. Pertanto secondo i conosciuti limiti  soggettivi e temporali sanciti dal Codice Civile, non può essere  disposta l’impugnazione al momento dell’esecuzione del contratto e  l’illegittimità non può essere opposta a terzi. Dal punto di vista  pratico, si rileva, che comunque il privato non è sprovvisto di tutela,  potendo sempre esperire un’azione di risarcimento danni contro la P.A. 
Contrariamente,  parte della dottrina sostiene che gli effetti di un contratto in  violazione di legge, sia posto dal privato che dall’Amministrazione, è  nullo. L’azione di nullità può essere esperita da chiunque e in  qualsiasi momento, per cui il sopraggiungere dell’esecuzione del  contratto non inibisce l’impugnativa. 
Una soluzione intermedia,  prospettata da altra parte della dottrina ritiene che gli effetti non  debbano essere visti in termini di invalidità, bensì di caducazione:  all’illegittimità di un atto della procedura concorsuale deriva non solo  la caducazione di quell’atto ma di tutti quelli a monte ed a valle del  procedimento, determinando una caducazione a cascata che avviene  automaticamente. Pertanto il giudice dovrà semplicemente accertare la  mancanza di effetti del contratto in esecuzione. 
La quarta ed ultima  fase della procedura contrattuale è in realtà fuori dalla fase delle  trattative, giacché il contratto è oramai concluso. Si tratta  dell’approvazione, che si identifica come una condizione d’efficacia,  una condictio iuris. 
Che tipo di tutela sussiste in capo al privato  nell’ipotesi di mancata approvazione o di illegittimo rifiuto dell’atto’  
Alla luce della disciplina codicistica non è comunque applicabile  il rimedio ex art.1359cc, con cui si dispone che in caso di mancato  avveramento della condizione per colpa della parte predisponente, la  condizione si considera verificata( fictio iuris). Infatti con tale  effetto il giudice amministrativo entrerebbe nella sfera discrezionale  esclusiva dell’Amministrazione, determinando una ipotesi di  straripamento di potere. 
E’ comunque applicabile il disposto ex art.  1358cc che dichiara che, in pendenza di condizione, le parti devono  comportarsi secondo regole di correttezza e buona fede. L’attività  illegittima della P.A. può, dunque, considerarsi in violazione  dell’obbligo di buona fede e ammettere un’azione di risarcimento danni a  favore del privato. In tale ipotesi sorge, però, una responsabilità  contrattuale, poiché il contratto è perfetto anche se non efficace. La  giurisprudenza opta comunque per liquidare il danno nei limiti  dell’interesse negativo. 
Tali questioni sono devolute alla  giurisdizione del giudice amministrativo. Alla luce dell’art.33  d.gls.80/98 e dell’art. 6 l.205/00, per le controversie sulle materie  relative all’assegnazione di lavori, servizi e forniture, dunque il  maggior numero di contratti ad evidenza pubblica, è competente il  giudice amministrativo in giurisdizione esclusiva. 
Nelle materie  escluse vige la disciplina generale secondo cui al giudice  amministrativo in giurisdizione ordinaria di legittimità, sono devolute  le controversie relative al momento di formazione e conclusione del  contratto ad evidenza pubblica, mentre nella fase dell’esecuzione è  competente il giudice ordinario.
Responsabilita’ precontrattuale della p.a. nei contratti ad evidenza pubblica
02.04.2003