Nelle gare d’appalto, in caso di discordanza fra l’offerta espressa in cifre e quella espressa in lettere, va applicato quanto stabilito dall’art. 119 d.P.R. n. 207 del 2010 (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 13 novembre 2015, n. 10).

22.03.2016

A cura di Daniele Majori

 

Con la sentenza in esame, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è pronunciata in tema di discrasia tra l’offerta indicata in cifre e quella espressa in lettere.

Nella fattispecie, veniva indetta una procedura aperta per l’affidamento di lavori, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, determinato mediante ribasso sull’elenco prezzi posto a base di gara, al netto degli oneri di sicurezza, con le modalità di cui agli artt. 86, comma 1, e 122, comma 9, d.lgs. n. 163 del 2006, come previsto dall’art. 253, comma 20-bis, dello stesso d.lgs..

La commissione aggiudicatrice, in virtù di quanto stabilito nel disciplinare di gara, prendeva in considerazione, per le offerte presentate da ogni singolo concorrente, soltanto le prime tre cifre decimali successive alla virgola e – al fine di dirimere le discrasie tra le offerte espresse in cifre e quelle in lettere – dava prevalenza a queste ultime, in asserita applicazione di quanto previsto dal Regolamento per l’esecuzione e l’attuazione del Codice dei contratti pubblici.

Nello specifico, la società ricorrente partecipava alla gara presentando, sull’importo a base d’asta, un ribasso percentuale del “32,1288 % diconsi trentaduevirgolamilleduecentoventotto”, con una formula che palesava una discordanza tra l’offerta espressa in cifre e quella in lettere.

La commissione considerava valida l’offerta che esprimeva di un minor ribasso percentuale.

All’esito della procedura, la società ricorrente insorgeva contro l’aggiudicazione disposta a favore di un’altra concorrente, in virtù di una proposta di ribasso dal prezzo posto a base d’asta pari al 32,1287 %.

Con un unico motivo di ricorso al Tar Sicilia, sede di Palermo, la società ricorrente lamentava l’omessa applicazione dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924, quale criterio utile a dirimere il contrasto fra le offerte in lettere e quelle in cifre.

Secondo la ricorrente, infatti, la commissione avrebbe dato prevalenza alle offerte espresse in lettere in applicazione dell’art. 119, comma 2, d.P.R. n. 207/2010 il quale, tuttavia, si riferirebbe a fattispecie differenti – aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari – rispetto a quella in esame.

La disposizione contenuta nell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924, invece, attribuendo priorità, in caso di contrasto, all’offerta maggiormente vantaggiosa per l’Amministrazione, avrebbe consentito alla commissione di ritenere valida l’offerta espressa in cifre. Da ciò, in base alle previsioni contenute nel disciplinare di gara, sarebbe scaturita la necessità di un sorteggio, al fine di determinare l’aggiudicatario dell’appalto, posto che il ribasso percentuale espresso in cifre della ditta ricorrente equivaleva a quello proposto dall’aggiudicataria.

Il Tar Sicilia respingeva il ricorso con la sentenza n. 2454 del 17 ottobre 2014, affermando la validità della procedura seguita dalla commissione, stante l’applicabilità al caso di specie dell’art. 119, comma 2, d.P.R. n. 207/2010.

In particolare, secondo il Tar, se, per un verso, non può assumersi l’intervenuta abrogazione dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924, per altro verso, quest’ultimo concernerebbe esclusivamente i c.d. contratti passivi, quelli, cioè, volti alla vendita o locazione di beni.

Avverso la citata sentenza, la società ricorrente in primo grado proponeva appello dinanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, che – con ordinanza n. 390 dell’11 maggio 2015 – riteneva opportuno deferire la questione all’Adunanza Plenaria, a causa del contesto normativo e giurisprudenziale connotato da alcune perplessità ed avuto riguardo al significativo rilievo pratico della questione controversa.

Con la sentenza in esame, l’Adunanza Plenaria ha confermato la sentenza impugnata.

L’Adunanza Plenaria ha preliminarmente dato atto dell’attualità del potenziale conflitto fra le suindicate disposizioni, stante l’indubbia vigenza dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924, in considerazione dal fatto che «l’art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006, nell’elencare le disposizioni abrogate in seguito all’entrata in vigore del Codice dei contratti, non cita espressamente l’art. 72 r.d. n. 827 del 1924». Quindi, tale ultima disposizione, in applicazione dei principi regolatori della successione tra norme, non può essere oggetto di una interpretazione abrogante.

L’Adunanza Plenaria ha anche confermato che è pacificamente consentito il superamento di un contrasto fra la proposta espressa in cifre e quella espressa in lettere, in caso di errore materiale facilmente riconoscibile: al ricorrere di tale circostanza (attribuendo rilievo agli elementi “diretti ed univoci” tali da configurare un errore meramente materiale o di scritturazione e permettendo alla commissione aggiudicatrice di emendarlo, tramite la priorità conferita all’effettivo valore dell’offerta).

Diverso è il caso in cui, invece, la discordanza sia tutt’altro che macroscopica ed anzi obiettivamente marginale, di talché non è dato a priori riconoscere con sicurezza quale delle due diverse indicazioni sia frutto di errore.

Ciò posto, nella fattispecie, ad avviso dell’Adunanza Plenaria, l’azione correttiva dell’offerta dell’appellante non ha avuto come effetto la sovrapposizione di un’opzione meramente soggettiva della commissione aggiudicatrice, concernente il quantum proposto, rispetto all’effettiva volontà della ditta concorrente, anche in considerazione della circostanza che la prevalenza attribuita al ribasso percentuale espresso in lettere è stata il frutto di una scelta imparziale ed omogenea della commissione, seguita anche nei confronti di altre quattro imprese concorrenti, in presenza delle medesime discrepanze interne tra l’offerta espressa in cifre e quella espressa in lettere.

L’Adunanza Plenaria ha quindi risolto il conflitto nascente dall’incompatibilità fra i criteri risolutivi delle discrasie presenti nelle offerte dei concorrenti di una determinata gara pubblica, contenuti nell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 e, rispettivamente, nell’art. 119, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010.

Nel dettaglio, l’Adunanza Plenaria ha osservato, in primo luogo, che fra le disposizioni in esame dovrebbe ritenersi sussistente una relazione di generalità – specialità: infatti, dal tenore letterale delle disposizioni potrebbe ricavarsi il principio secondo cui, mentre l’art. 72 assurge a norma di carattere generale, espressione di un criterio risolutivo delle discrasie interne all’offerta da utilizzare in assenza di diversi rimedi, l’art. 119, comma 2, concernerebbe esclusivamente le fattispecie di ribassi su prezzi unitari.

Sennonché – specifica l’Adunanza Plenaria – il criterio di specialità è utile, ma «deve applicarsi con riferimento alle due fonti normative complessivamente considerate, e non in rapporto ai soli criteri di risoluzione delle discrasie presenti nelle offerte».

Da ciò deriva che l’organicità, la completezza e la specificità del d.lgs. n. 163 del 2006 (e del relativo Regolamento di esecuzione), consentono di affermarne la natura derogatoria, nel suo complesso, rispetto alle disposizioni vigenti del r.d. n. 827 del 1924, che ha come obiettivo principale l’equilibrio economico-finanziario dello Stato.

Pertanto – secondo quanto statuito dall’Adunanza Plenaria – l’ambito applicativo dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 può essere validamente circoscritto alle ipotesi, non ricomprese nell’alveo della disciplina del Codice dei contratti pubblici, in cui si renda necessario valorizzare l’interesse economico dello Stato e, quindi, soltanto nelle ipotesi di procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto la stipula di contratti passivi, come la vendita o la locazione di beni.

In definitiva, nella fattispecie, la commissione – nell’attribuire prevalenza all’offerta espressa in lettere – ha correttamente applicato il criterio di cui all’art. 119, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, che può considerarsi espressione di un principio di carattere generale, da ritenersi valido anche al di fuori dei casi espressamente richiamati dalla norma. Del resto, la stessa commissione, nel verbale di aggiudicazione provvisorio ha fatto espresso rinvio “a quanto previsto dal Regolamento”, con ciò volendo esprimere il riferimento ai principi in esso previsti.

a cura di Daniele Majori