La sicurezza delle città tra lotta alle mafie e promozione della legalità, LUISS Guido Carli, 10 luglio 2015

20.01.2016

Il seminario in tema di sicurezza delle città, svoltosi il 10 luglio 2015 presso i locali della LUISS Guido Carli, si è rivelato un’occasione di riflessione ampia sull’evoluzione dei fenomeni criminosi che alterano la vivibilità urbana e una ragione di confronto utile tra rappresentanti delle autonomie locali e delle istituzioni centrali, al fine di individuare i punti di forza e di debolezza dell’attuale articolazione di poteri volta a garantire la sicurezza nelle città. L’evento è stato organizzato dal Centro di Ricerca sulle Amministrazione Pubbliche “Vittorio Bachelet” nell’ambito del Master in Amministrazione e Governo del Territorio della LUISS School of Government.

Dopo gli indirizzi di saluto, Vincenzo Antonelli, docente di diritto amministrativo LUISS, cui è stato affidato il ruolo di moderatore, ha presentato il tema oggetto della conferenza; è seguita la relazione introduttiva di Antonio La Spina, professore di sociologia LUISS, il quale ha fornito gli elementi teorici e storici necessari per comprendere le problematiche con cui oggi deve confrontarsi un’efficace politica di sicurezza. Sono successivamente intervenuti Paolo Dosi, Sindaco di Piacenza e Presidente del Forum italiano per la sicurezza urbana, Roberto Montà, Sindaco di Grugliasco e Presidente di Avviso Pubblico e Antonio Ragonesi, Responsabile ANCI per la sicurezza urbana: in quanto rappresentanti delle autonomie, costoro hanno posto in evidenza l’impegno quotidiano dei Sindaci e degli amministratori locali nella promozione della legalità e si sono resi portavoce delle richieste sempre crescenti dei cittadini in termini di mantenimento dell’ordine pubblico, che hanno condotto alla diffusione di forme partecipate di sicurezza. A chiudere i lavori della tavola rotonda è stato Filippo Bubbico, Viceministro dell’Interno, che ha espresso la sua posizione critica rispetto all’abolizione di tutte le forme di controllo e di ingerenza (ad esempio quella esercitata dal segretario comunale, figura abolita) da parte dello Stato nei confronti delle competenze esercitate dagli enti locali, anche in materia di sicurezza urbana.

L’incontro ha avuto come filo conduttore e intento principale quello di sottolineare la complessità di un’efficace politica di sicurezza, la quale, per offrire una risposta esaustiva alla domanda proveniente dai cittadini, non può limitarsi ad una mera attività preventiva o repressiva dei reati, che opera solo sulle patologie del sistema, ma deve in primo luogo saper organizzare e costruire la legalità.

 

Presentazione del tema di Vincenzo Antonelli, docente di diritto amministrativo LUISS

La nozione classica della sicurezza (“sicurezza pubblica”) si riferisce, secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, all’attività di prevenzione e repressione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico. E’ in questo spazio che si colloca la sicurezza urbana, il cui ambito di intervento non può però essere appiattito su quello tradizionale della sicurezza pubblica, ma riguarda anche funzioni proprie dei poteri locali e attinenti alla valorizzazione della vivibilità cittadina; in altre parole, la sicurezza urbana estende la nozione di sicurezza tout court, configurandosi come un indicatore della qualità delle condizioni di vita di un territorio. E’ per tale motivo che la sicurezza delle città non può essere garantita con le sole misure punitive, messe in atto dalle forze di polizia, ma con un insieme di attività costruttive e propositive che coinvolgono anche l’apparato burocratico ed amministrativo, chiamato a fornire in maniera adeguata tutti i servizi rientranti nella competenza locale. Dunque, l’obiettivo finale è quello di realizzare le condizioni atte a consentire il regolare esercizio dei diritti da parte di ciascun individuo della comunità e rendere le città luoghi in cui sperimentare la legalità.

 

Relazione introduttiva di Antonio La Spina, professore di sociologia LUISS

La lotta alle mafie si configura oggi come uno dei principali strumenti per garantire la sicurezza delle città. La criminalità organizzata non è più, infatti, un fenomeno circoscritto alle regioni meridionali, ma si è esteso a quei territori in cui la sicurezza si declinava tradizionalmente in contrasto alla criminalità comune. Diversamente da questa, la criminalità organizzata si esplica in un complesso di attività che si contraddistingue per l’intento dei soggetti di avvalersi del metodo mafioso e della condizione di omertà che ne deriva. Si tratta di una modalità di azione caratterizzata dalla capacità intimidatoria legata all’uso sistematico e “raffinato” (termine utilizzato da Giovanni Falcone) della minaccia della violenza, che induce ad alludere continuamente ad essa, facendone raramente effettivo ricorso. Inoltre, l’organizzazione opera mediante una struttura fortemente centralizzata, gerarchizzata e radicata nel territorio, dove i soggetti aderenti si rendono immediatamente riconoscibili (caso particolare è rappresentato dalla camorra che si presenta come un’organizzazione pulviscolare e iperconflittuale). Il fine principale è proporre l’organismo mafioso come sistema di potere parallelo a quello delle forze dell’ordine, accreditandosi come garanti della sicurezza, dell’ordine pubblico e della protezione individuale (perfino di servizi sociali nel caso della camorra napoletana), in alternativa all’incapacità e all’inefficacia delle autorità legittimamente costituite.

Tuttavia, la delocalizzazione al centro-nord delle mafie del sud ha di rado determinato anche la trasposizione del metodo mafioso. Nelle regioni settentrionali la criminalità organizzata resta silente e non si rende riconoscibile mentre tenta di interferire con il governo del territorio e con l’attività delle amministrazioni locali, penetrando nel sistema di appalti per la realizzazione delle opere pubbliche (la criminalità non interviene tanto nella fase di assegnazione dei lavori, quanto piuttosto di esecuzione e quindi di subappalto). In realtà, anche nei luoghi di tradizionale radicamento si osserva un processo di trasformazione, consistente in una destrutturazione dell’organizzazione mafiosa, in un maggior ricorso alla violenza da parte dei suoi aderenti e in un aumento della microcriminalità, con conseguente incremento della percezione di insicurezza da parte dei cittadini: è evidente che le mafie non operano più come garanti dell’ordine pubblico, forse al fine di indurre i cittadini a rimpiangere il precedente “equilibrio”.

A tal proposito, è necessario distinguere due differenti profili: la sicurezza in senso oggettivo indica il numero effettivo di reati commessi, mentre la concezione soggettiva della stessa si riferisce alla percezione da parte della collettività del rischio di subire reati, che talvolta si traduce in allarme sociale. Quando la frequenza di atti criminosi aumenta, la sicurezza oggettiva diminuisce (le due variabili sono direttamente proporzionali), ma non è detto che il medesimo effetto si produca sul livello di sicurezza avvertito dai cittadini. Ad esempio, nelle regioni meridionali fino agli inizi degli anni ’90 il numero di omicidi era più elevato di quello riscontrato nei decenni successivi, ma la percezione di insicurezza più bassa che al Nord. Un’ultima precisazione concerne i reati registrati, la cui quota può avvicinarsi più o meno al tasso reale secondo la propensione (associata alla tipologia di reato) delle vittime a denunciare il fatto; nei casi di reati di mafia la condizione di omertà derivante dalla forte capacità intimidatoria dell’organizzazione rende gli stessi difficilmente individuabili.

 

Intervento di Paolo Dosi, Sindaco di Piacenza e Presidente del Forum italiano per la sicurezza urbana

Il Sindaco Paolo Dosi si è soffermato sul recente incremento, accennato dal Prof. La Spina, della percezione di insicurezza da parte della collettività. Tale fenomeno, da un lato, induce a ritenere lesivi dell’ordine pubblico comportamenti che non sono tradizionalmente connotati da elevata gravità, come l’accattonaggio molesto o la presenza di venditori abusivi e, dall’altro, ha spinto i cittadini a richiedere una presenza più massiccia di forze dell’ordine sul territorio. Probabilmente è stata l’incapacità di soddisfare in maniera esaustiva la domanda di sicurezza, anche a causa della riduzione di risorse umane dovuta alla crisi, che ha prodotto una sempre più diffusa commistione e integrazione tra corpi di polizia e gruppi autonomi organizzati e costituiti da cittadini, come i comitati di controllo di vicinato e gli assistenti civici: in sintesi, la sicurezza ha assunto una forma partecipata e sociale.

 

Intervento di Roberto Montà, Sindaco di Grugliasco e Presidente di Avviso Pubblico

Come si è mirato più volte a sottolineare durante l’incontro e come, d’altronde, suggerisce anche il tema dell’evento, una politica efficace e che investe sulla sicurezza parte dalla consapevolezza che la lotta alla criminalità si fonda sulla costante promozione della legalità. Si tratta di un approccio culturale, di un modus operandi che deve essere diffuso sia tra gli amministratori che tra i cittadini. Si sostiene la cultura della legalità assicurando la trasparenza e la terzietà della pubblica amministrazione e incoraggiando la conoscenza e la formazione degli operatori in merito ai fenomeni criminosi, in particolare quelli associati alle mafie; in assenza di tali componenti la redazione di manuali e relazioni anticorruzione e lo svolgimento di controlli divengono meri adempimenti burocratici che, non essendo espressione di reali convincimenti, non contribuiscono allo scopo per cui sono stati progettati. La Carta di Avviso Pubblico, redatta nel 2014 da un gruppo di esperti, giuristi e funzionari pubblici, propone un codice etico contenente buone pratiche dell’agire amministrativo: tra queste vi sono regole volte a contrastare il clientelismo e la corruttela e garantire la meritocrazia e l’imparzialità, fino all’obbligo di dimissioni in caso di rinvio a giudizio per fattispecie presenti nel codice antimafia.

Infine, costruire e organizzare la legalità significa educare gli individui ad una partecipazione attiva alla vita nella città, rafforzando l’integrazione e l’inclusione sociale contro ogni forma emarginazione e discriminazione. Tale senso di appartenenza alla comunità dovrebbe esplicarsi nell’esercizio dei propri diritti e doveri democratici, in particolare l’elettorato attivo; difatti, soprattutto nei piccoli centri la crescita dell’astensionismo è un fenomeno criminogeno perché riduce i voti espressi ad un numero facilmente controllabile e manipolabile.

 

Intervento di Antonio Ragonesi, Responsabile ANCI per la sicurezza urbana

E’ in ragione della consapevolezza del costante tentativo di infiltrazione mafiosa che gli amministratori locali sono oggi chiamati ad adeguare le proprie politiche di sicurezza. Antonio Ragonesi ritiene che uno degli strumenti di contrasto alla criminalità più efficaci per i Sindaci sia di tessere un continuo dialogo con le forze dell’ordine, con gli altri livelli di governo e con i Prefetti, nell’ambito del principio di leale collaborazione tra le istituzioni. Un adeguato coordinamento tra i soggetti che concorrono a soddisfare la domanda di sicurezza dei cittadini è essenziale anche perché le misure per la lotta alla criminalità e, in generale, per garantire la sicurezza non possono essere circoscritte ad un ambito settoriale, ma richiedono azioni trasversali (si pensi ai legami tra il settore dell’urbanistica e la sicurezza).

 

Conclusioni di Filippo Bubbico, Viceministro dell’Interno

A concludere l’incontro è stato l’intervento del Viceministro Bubbico, critico rispetto all’ampia autonomia amministrativa assegnata agli enti locali dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Infatti, la nuova disciplina, poiché attribuisce vaste competenze al di fuori di un quadro di regole certo e di qualsiasi controllo sull’attività degli enti, sia di legittimità che di merito (aboliti dalla normativa vigente), ha finito per produrre effetti negativi, affidando la qualità dell’azione amministrativa alla qualità dei soggetti che ne sono responsabili. A ciò si aggiungano gli effetti derivanti dall’introduzione dell’elezione diretta: forti della legittimazione popolare, i Sindaci hanno richiesto il trasferimento di ulteriori funzioni, pur non essendo in grado (in molti casi) di adempiere a quelle di cui già possiedono la titolarità.

Il Viceministro ha chiuso il suo intervento con un riferimento alle riforme che negli ultimi anni, introducendo nella gestione delle pubbliche amministrazioni metodi e strategie tipiche delle aziende private, hanno riservato maggiore attenzione all’efficienza piuttosto che alla correttezza dei procedimenti, sottovalutando gli effetti di una compressione delle garanzie procedurali sulla qualità dell’agire amministrativo. La discussione e il dibattito, soprattutto se hanno luogo negli organi elettivi, consentono di realizzare una continua azione correttiva e di manutenzione, garantendo una maggiore qualità delle decisioni assunte: in altre parole, seguire un procedimento significa operare scelte più lente ma migliori.

a cura di Simona Sannino