Corte costituzionale, sentenza n. 164, 20 giugno 2012 – In tema di SCIA

31.05.2012

Corte costituzionale, sentenza n. 164, 20 giugno 2012

Giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 49, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), conv., con mod., dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’art. 5, commi 1, lettera b), e 2, lettere b) e c), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), con., con mod.,  dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, promossi dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/ e dalle Regioni Toscana, Liguria, Emilia-Romagna, Puglia e nuovamente Emilia-Romagna.

Le norme impugnate

Le Regioni – Valle d’Aosta, Toscana, Liguria, Emilia Romagna e Puglia – hanno sollevato, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 49, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), come modificato dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122.

La Regione Emilia-Romagna, poi, con un altro ricorso, ha chiesto che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, lettera b), e del medesimo articolo 5, comma 2, lettere b) e c), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), conv., con mod., dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, «nella parte in cui tale articolo conferma o dispone l’applicabilità della SCIA alla materia edilizia e nella parte in cui – attraverso il nuovo comma 6-bis dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 – introduce un termine breve di trenta giorni per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti della SCIA in materia edilizia», per violazione degli articoli 3, 9, 97, 114, 117 e 118 della Costituzione.

La Corte, nel presente giudizio, prende in esame le questioni di legittimità costituzionale relative al citato art. 49, commi 4-bis e 4-ter, nonché le questioni concernenti l’art. 5, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c), del d.l. n. 70 del 2011, conv., con mod., dalla legge n. 106 del 2011.

I ricorsi in esame censurano la normativa impugnata nella parte in cui, qualificando la disciplina della SCIA (la segnalazione certificata d’inizio attività) contenuta nell’art. 49, comma 4-bis, come attinente alla tutela della concorrenza ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e costituente livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali a norma dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., ha stabilito che la nuova disciplina si sostituisca a quella già esistente in tema di DIA (art. 49, comma 4-ter), modificando non soltanto la previgente disciplina statale ma anche quella regionale. In tal senso, la normativa oggetto d’esame avrebbe interessato ambiti di legislazione regionale, ai sensi dell’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., quali: la tutela della salute, l’ordinamento degli uffici regionali, l’artigianato, il commercio, oltre alle materie riservate dallo statuto di autonomia alla potestà legislativa primaria della Regione autonoma Valle d’Aosta.

Argomentazioni della Corte

La Corte costituzionale valuta le questioni sopra elencate come:“non fondate”. Innanzitutto, la Corte, riprendendo la propria giurisprudenza, ha  affermato che “ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, la qualificazione legislativa non vale ad attribuire alle norme una natura diversa da quelle ad esse propria, quale risulta dalla loro oggettiva sostanza. Per individuare la materia alla quale devono essere ascritte le disposizioni oggetto di censura, non assume rilievo la qualificazione che di esse dà il legislatore, ma occorre fare riferimento all’oggetto e alla disciplina delle medesime, tenendo conto della loro ratio e tralasciando gli effetti marginali e riflessi, in guisa da identificare correttamente anche l’interesse tutelato (sentenze n. 207 del 2010, n. 1 del 2008, n. 169 del 2007, n. 447 del 2006, n. 406 e n. 29 del 1995).

Pertanto, secondo la Corte, il richiamo alla tutela della concorrenza, effettuato dal citato art. 49, comma 4-ter, “oltre ad essere privo di efficacia vincolante, è anche inappropriato”. Infatti, la disciplina della SCIA, con il principio di semplificazione ad essa sotteso, si riferisce ad “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato […]. Detta disciplina, dunque, ha un ambito applicativo diretto alla generalità dei cittadini e perciò va oltre la materia della concorrenza […]”.

Invece, secondo la Corte, a diverse conclusioni deve pervenirsi con riferimento all’altro parametro evocato dall’art. 49, comma 4-ter, del d.l. n. 78 del 2010, poi convertito in legge.

Detta norma stabilisce che la disciplina della SCIA, di cui al precedente comma 4-bis, costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Analogo principio, con riferimento alla DIA, era stato affermato dall’art. 29, comma 2-ter, della legge n. 241 del 1990, come modificato dall’art. 10, comma 1, lettera b), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), poi ancora modificato dall’art. 49, comma 4, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito in legge. Tale autoqualificazione, “benché priva di efficacia vincolante per quanto prima rilevato, si rivela corretta”.

Al riguardo, la Corte sottolinea come “l’affidamento in via esclusiva alla competenza legislativa statale della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni è prevista in relazione ai “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Esso, dunque, si collega al fondamentale principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. La suddetta determinazione è strumento indispensabile per realizzare quella garanzia”.

In tale contesto, la Corte, in base alla propria giurisprudenza, ricorda che “l’attribuzione allo Stato della competenza esclusiva e trasversale di cui alla citata disposizione costituzionale si riferisce alla determinazione degli standard strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalità, a tutti gli aventi diritto”. (sentenze n. 322 del 2009, n. 168 e 50 del 2008, n. 387 del 2007)

Questo titolo di legittimazione dell’intervento statale è invocabile “in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione” (sentenza n. 322 del 2009 e sentenze n. 328 del 2006, n. 285 e n. 120 del 2005); e con esso è stato attribuito “al legislatore statale un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di una adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto” (sentenze n. 10 del 2010 e n. 134 del 2006). Si tratta, quindi, come sostiene la Corte, non tanto di una “materia” in senso stretto, quanto di una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, in relazione alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle (sentenze n. 322 del 2009 e n. 282 del 2002).

Alla stregua di tali principi, secondo la Corte, la disciplina della SCIA “ben si presta ad essere ricondotta al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Tale parametro permette una restrizione dell’autonomia legislativa delle Regioni, giustificata dallo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla stessa Costituzione. In particolare, “la ratio di tale titolo di competenza e l’esigenza di tutela dei diritti primari che è destinato a soddisfare consentono di ritenere che esso può rappresentare la base giuridica anche della previsione e della diretta erogazione di una determinata provvidenza, oltre che della fissazione del livello strutturale e qualitativo di una data prestazione, al fine di assicurare più compiutamente il soddisfacimento dell’interesse ritenuto meritevole di tutela (sentenze n. 248 del 2006, n. 383 e n. 285 del 2005), quando ciò sia reso imprescindibile, come nella specie, da peculiari circostanze e situazioni, quale una fase di congiuntura economica eccezionalmente negativa” (sentenza n. 10 del 2010).

La Corte, a questo punto, esplica i contenuti della disposizione impugnata. In particolare, la normativa censurata prevede che gli interessati, in condizioni di parità su tutto il territorio nazionale, possano iniziare una determinata attività (rientrante nell’ambito del citato comma 4-bis), previa segnalazione all’amministrazione competente. Con la presentazione di tale segnalazione, il soggetto può dare inizio all’attività, mentre l’amministrazione, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti legittimanti, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione (trenta giorni nel caso di SCIA in materia edilizia), adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salva la possibilità che l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione. Al soggetto interessato, dunque, si riconosce la possibilità di dare immediato inizio all’attività (è questo il principale novum della disciplina in questione), fermo restando l’esercizio dei poteri inibitori da parte della pubblica amministrazione, ricorrendone gli estremi. Inoltre, è fatto salvo il potere della stessa pubblica amministrazione di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990.

Si tratta di una prestazione specifica, circoscritta all’inizio della fase procedimentale strutturata secondo un modello ad efficacia legittimante immediata, che attiene al principio di semplificazione dell’azione amministrativa ed è finalizzata ad agevolare l’iniziativa economica (art. 41, primo comma, Cost.), tutelando il diritto dell’interessato ad un sollecito esame, da parte della pubblica amministrazione competente, dei presupposti di diritto e di fatto che autorizzano l’iniziativa medesima.

Le considerazioni fin qui svolte vanno applicate anche alla SCIA in materia edilizia, come ormai in modo espresso dispone l’art. 5, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c), del d.l. n. 70 del 2011, conv., con mod., dalla legge n. 106 del 2011, entro i limiti e con le esclusioni previsti. Infatti, come ribadisce la Corte:”[…]non può porsi in dubbio che le esigenze di semplificazione e di uniforme trattamento sull’intero territorio nazionale valgano anche per l’edilizia. È ben vero che questa, come l’urbanistica, rientra nel «governo del territorio», materia appartenente alla competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.). Tuttavia, a prescindere dal rilievo che in tale materia spetta comunque allo Stato dettare i principi fondamentali (tra cui la semplificazione amministrativa), è vero del pari che nel caso di specie, sulla base degli argomenti in precedenza esposti, il titolo di legittimazione dell’intervento statale nella specifica disciplina della SCIA si ravvisa nell’esigenza di determinare livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, compreso quello delle Regioni a statuto speciale. In altri termini, si è in presenza di un concorso di competenze che, nella fattispecie, vede prevalere la competenza esclusiva dello Stato, essendo essa l’unica in grado di consentire la realizzazione dell’esigenza suddetta”.

In conclusione, la riconduzione della disciplina in esame all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. comporta la non fondatezza delle questioni, sotto tutti i profili, in quanto la normativa censurata rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

Conclusioni della Corte

La Corte costituzionale dichiara non fondate sia le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 49, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, sia le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.

Luca Di Donato