Select Committees: Are They As Effective As They Think They Are?

04.05.2011

(Le Commissioni permanenti della Camera dei comuni: sono efficaci quanto pensano di essere?)

Il funzionamento e il ruolo delle Select Committees del Parlamento britannico sono stati i principali temi di discussione della tavola rotonda, tenutasi il 13 settembre 2011 presso la Portcullis House di Londra e organizzata dall’Hansard Society, associazione indipendente che ha come obiettivo la promozione dello studio e della ricerca sulla democrazia parlamentare.

Fiona Booth, amministratore delegato dell’Hansard Society, nel porgere i saluti di benvenuto ai presenti, ha subito introdotto i relatori.

Ad aprire il dibattito è stato Mark D’Arcy, corrispondente parlamentare per la BBC e membro del Consiglio Consultivo dell’Hansard Society, il quale ha elogiato l’operato del Wright Committee, la Commissione per le Riforme della House of Commons, sottolineando come l’introduzione – alla fine della scorsa legislatura – dell’elezione a scrutinio segreto del Presidente delle commissioni, da parte della House of Commons, e dei vari componenti delle commissioni, da parte dei singoli partiti, abbia rappresentato un importante passo in avanti. Ciò ha senz’altro inciso positivamente sul funzionamento delle commissioni. Inoltre, bisogna aggiungere che, negli ultimi anni, si sono registrati un incremento delle presenze dei membri dei Select Committees durante i lavori parlamentari e un discreto miglioramento della qualità delle interrogazioni poste al Governo.

D’Arcy ha poi rilevato un ulteriore aspetto positivo: il Liaison Committee – in cui sono riuniti tutti i Presidenti di Commissione della House of Commons – a partire dal 2007, si è impegnato nel tentativo, non semplice, di arginare il fenomeno della c.d. “quangocracy”, per assicurare un meccanismo di controllo democratico di quegli organismi – i cosiddetti “quangos” (quasi autonomous, non-governmental organisations) – che perseguono obiettivi pubblicistici, mediante strumenti prevalentemente di diritto privato e finanziati quasi interamente dal governo. Il controllo parlamentare viene a realizzarsi soprattutto nella fase precedente alla nomina dei vertici amministrativi di tali organismi, attraverso lo svolgimento in commissione di periodiche audizioni, al fine instaurare un adeguato livello di democratic accountability (c.d. pre-appointment hearings). In particolare, il Treasury Select Committee esercita da tempo un potere di veto sulla scelta del Presidente dell’Office for Budget Responsibility, organo istituito con lo scopo di controllare le proiezioni economiche e i calcoli di bilancio del Ministero del Tesoro. Ciò garantisce l’esistenza di una figura autorevole in grado di pronunciarsi su un’eventuale attività di falsificazione o di mistificazione dei conti pubblici da parte dei ministri (fondata, per esempio, su convinzioni più ottimistiche del dovuto circa la crescita economica, la tassazione e così via). Fondamentale per la credibilità di tale carica è, quindi, la condizione che il suo titolare non sia visto come una figura di parte. Per questa ragione, il Presidente del Tresury Select Committee, Andrew Tyrie, ha colto l’opportunità per richiedere, in prospettiva, il potere di veto non solo sulla nomina, ma anche sulla revoca dei presidenti dell’Office, in modo da evitare particolari ingerenze dei ministri.

Di particolare importanza è poi la presidenza delle commissioni nello svolgimento delle interrogazioni parlamentari: in un certo senso, il Presidente dovrebbe avere le doti di uno showman, ossia essere in grado di mantenere viva l’attenzione, tanto della commissione quanto dell’interrogato, di saper guidare e moderare l’interrogazione e, soprattutto, di mostrare arti diplomatiche che gli consentano di comportarsi da buon mediatore.

Infine, risulta esagerato il quantitativo di denaro pubblico che viene speso senza un adeguato controllo da parte del Parlamento: e commissioni dovrebbero, pertanto, cercare di esercitare un controllo effettivo sull’allocazione della spesa pubblica fra i vari dipartimenti.

A prendere poi la parola è stata Sarah Wollaston, esponente del partito conservatore al suo primo mandato elettorale e membro del Health Select Committee. Esercitando la professione di medico, la dott.ssa Wollaston ha precisato come la sua attività parlamentare sia influenzata positivamente dalla sua profonda conoscenza del sistema sanitario britannico. Infatti, possedere uno specifico background di conoscenze professionali, attinenti all’ambito di competenza dei diversi Select Committees, rappresenta un importante valore aggiunto per il lavoro che si è chiamati a svolgere in commissione. Per di più, il fatto di essere una c.d. backbencher, ovvero di non avere alcun incarico né nell’esecutivo, né in assemblea, le permette di dedicarsi a tempo pieno allo svolgimento dell’attività parlamentare in seno alla Health Committee.

Tale commissione è chiamata a esaminare, insieme con il Department of Health e altri corpi ad esso associati, come il National Institute for Clinical Excellence, la gestione del servizio sanitario britannico e a occuparsi di questioni concernenti, più in generale, la salute pubblica. Nel corso degli anni i suoi compiti sono rimasti pressoché invariati e si è distinta per una buona percentuale di inchieste (inquiries) e di indirizzi (recommendations) adottati, molti dei quali anche di minoranza, presi poi in considerazione dall’esecutivo.

Un ruolo cruciale per le commissioni può essere ravvisato proprio nell’adozione dei pareri e, in particolare, nello svolgimento di un accurato esame preliminare dei progetti di atti legislativi (c.d. pre-legislative scrutiny). Non vanno poi sottovalutate le audizioni, soprattutto in un contesto come quello attuale, che vede il sistema sanitario britannico oggetto di importanti riforme: l’Health and Social Care Bill, presentato in Parlamento lo scorso gennaio e volto a liberalizzare il servizio sanitario nazionale, ha previsto l’istituzione di un organismo indipendente, il National Health Service Commissioning Board, al cui vertice va nominato qualcuno in grado di assicurare una gestione trasparente, efficace e responsabile dell’ente. L’Health Committee è chiamato, dunque, a contribuire alla scelta del Presidente di tale organo, mediante lo svolgimento di adeguate e approfondite audizioni dei candidati a tale ruolo.

E’ quindi intervenuta Meghan Benton, ricercatrice presso la “Constitution Unit”, dell’University College of London, e co-autrice, insieme a Meg Russel, del dossier Selective Influence: The Policy Impact of House of Commons Select Committees, pubblicato nel luglio 2011 (http://www.ucl.ac.uk/constitution-unit/publications/tabs/unit-publications/153.pdf).

Nel presentare in estrema sintesi i risultati dell’analisi condotta, la ricercatrice ha espresso un’opinione abbastanza positiva sull’operato delle commissioni, le quali agiscono molto più efficacemente di quanto si pensi. Alcuni ritengono che le relazioni e i documenti prodotti annualmente dalle diverse commissioni siano sistematicamente ignorati dal governo, ma lo studio condotto ha dimostrato che, sovente, molti degli indirizzi adottati in commissione vengono poi presi in considerazione nell’implementazione delle politiche pubbliche.

Lo ricerca, nello specifico, ha preso in esame il lavoro svolto da sette Select Committees (Health, Home Affairs, Foreign Affairs, Defence, Treasury, Business, Innovation and Skills, Public Administration), in un periodo temporale che va dal 1997 al 2010. Nel corso di tale periodo, le commissioni considerate hanno prodotto circa 505 indagini conoscitive e più di 13.000 documenti, fra conclusioni e indirizzi, molti dei quali (il 45%) rivolti direttamente al governo centrale. Sulla base di questi dati è stato possibile desumere che in totale le inchieste prodotte da tutti i Select Committees della House of Commons sono state quasi 1.500, mentre gli indirizzi adottati poco meno di 40.000, di cui 19.000 rivolti al governo, che ne ha accolto favorevolmente circa il 40%. Tali indirizzi riportavano essenzialmente indicazioni dirette all’esecutivo, più o meno ampie, volte a migliorarne le scelte politiche.

Esistono, comunque, altri modi mediante cui le commissioni possono influire sull’operato del governo e i cui esiti non possono, però, essere numericamente quantificati: contribuendo al dibattito politico sullo sviluppo e sull’attuazione di determinate politiche pubbliche; raccogliendo informazioni specifiche; mettendo in evidenza temi importanti e presentando istanze; analizzando sistematicamente gli insuccessi delle politiche governative; esercitando una sorta di “potere intimidatorio”, finalizzato a suscitare risposte concrete, tempestive e il più aderenti possibile all’indirizzo parlamentare.

Sebbene, sulla base dei dati quantitativi raccolti ai fini della ricerca, le commissioni abbiano ottenuto un numero piuttosto cospicuo di successi – grazie all’effettivo recepimento da parte del governo degli indirizzi adottati –, molti degli intervistati, tra funzionari parlamentari, presidenti di commissione, esponenti della maggioranza e della minoranza, hanno espresso l’opinione che queste altre forme di influenza non debbano essere trascurate o sottovalutate, in quanto maggiormente rilevanti e più incisive in termini pratici.

Le commissioni, poi, sono più influenti quando agiscono strategicamente, per tempo e con costanza. Senz’altro, comunque, esse dovrebbero intensificare le loro attività di follow–up sulle indagini e sui rapporti resi, oltre a monitorare attentamente i progressi degli indirizzi adottati e accolti favorevolmente dal governo, per verificare in che misura quest’ultimo ne abbia effettivamente tenuto conto.

Un ulteriore aspetto di cui bisogna tener conto, per garantire una maggiore efficienza, concerne il profilo contenutistico degli indirizzi. Sovente le commissioni adottano documenti in cui si affrontano questioni relative a materie differenti, quando sarebbe più opportuno concentrare l’attenzione su una sola materia, e rendere così più agevole l’individuazione degli aspetti essenziali.

Infine, bisogna far sì che le interrogazioni non risentano di alcune problematiche strettamente connesse all’ordine in aula. Il continuo allontanarsi dei membri, durante il questioning, comporta una ripetizione delle domande poste, da cui deriva inevitabilmente una perdita di tempo.

A concludere il dibattito è stato Sir Alan Beith, esponente di spicco del partito liberal-democratico e attuale Presidente della Liaison Committee, il quale si è trovato d’accordo con Mark D’Arcy sull’opportunità dell’introduzione dell’elezione a scrutinio segreto dei Presidenti di commissione e dei vari membri. Allo stesso modo, Sir Beith ha espresso un’opinione favorevole circa lo svolgimento periodico delle udienze “pre-nomina”, importanti non solo per comprendere a fondo l’idoneità di un candidato a ricoprire un determinato e delicato incarico, ma anche per valutare la congruità del settore che ha espresso la sua candidatura. 

Per quanto riguarda le interrogazioni, vanno poi presi in considerazione i metodi attraverso cui si svolge il questioning e i soggetti coinvolti. Nella maggior parte dei casi, i soggetti interrogati sono individui che hanno una solida conoscenza della materia. L’interrogazione, pertanto, deve essere condotta tenendo a mente che questi soggetti non stanno cercando di nascondere alla commissione elementi utili, ma hanno invece tutto l’interesse a condividere le loro conoscenze: è opportuno, quindi, cercare di metterli a proprio agio e fare in modo che essi possano parlare senza alcuna remora. In altri casi, invece, gli interrogati possono essere meno solidi e avere una conoscenza soltanto incidentale della materia, per la quale sono chiamati a rispondere. In queste circostanze è consigliato l’utilizzo di tecniche di interrogazione a carattere più strettamente forense.

Tenendo ben presente che le commissioni permanenti possono influenzare positivamente le scelte governative nello sviluppo di determinate politiche pubbliche, fornendo ad esempio informazioni tecniche preziose, esse dovrebbero avvalersi non solo di tutti i dati disponibili, ma soprattutto di figure professionali specializzate, in modo da poter garantire anche un controllo effettivo sull’operato del governo. Ogni commissione dovrebbe, quindi, poter sviluppare procedure specifiche volte a esaminare dati statistici e a esercitare un controllo preventivo sulla spesa pubblica dei dipartimenti.

I Select Committees dovrebbero, inoltre, incrementare l’attività di scrutiny post-legislativo, cercando di migliorare quello pre-legislativo. Su questo punto è intervenuto nuovamente anche Mark D’Arcy, sottolineando come sovente le commissioni facciano poco ricorso all’analisi ex-post della legislazione.

In conclusione, Sir Beith, riprendendo un concetto già espresso, ha dichiarato di essere decisamente d’accordo con l’osservazione di Sarah Wollaston, sull’opportunità che le Select Committees includano figure professionali con un specifico background di conoscenze professionali. Ciò risulta cruciale, ad esempio, quando si interroga il Primo Ministro, dal momento che la commissione deve essere in grado di formulare le domande più idonee a comprendere le posizioni del governo sulla materia oggetto del questioning, e di valutarne correttamente la risposta. In questo modo, ci si può accorgere più agevolmente di eventuali azioni di sviamento nelle motivazioni delle scelte politiche compiute dall’esecutivo (c.d. azioni di cover-up).

 

a cura di Antonio Bruno