La riforma dell’organizzazione amministrativa: le autorità portuali e le forze di polizia

22.07.2016

Lo scorso 20 maggio, nell’ambito dei Seminari concernenti la recente riforma della Pubblica Amministrazione organizzati dalla LUISS –School of Government, si è tenuto presso la LUISS Guido Carli di Viale Romania un incontro vertente la riforma dell’organizzazione amministrativa: le autorità portuali e le forze di polizia.  Apre e coordina i lavori il Capo di Gabinetto del Ministro della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione Cons. Bruno Polverari, che collabora alla fase attuativa delle deleghe contenute nella Legge delega 124/2015.

Sono presenti al tavolo dei relatori il Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero dell’Interno, Prefetto Bruno Frattasi e il Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Difesa, Generale CC. Paolo Romano, che in particolare hanno contribuito alla stesura della delega specifica di cui tratta il seminario.

Iter seguito: Si tratta di un intervento del Governo che ha inteso razionalizzare le forze di polizia del nostro ordinamento, riducendole da 5 a 4. L’iniziativa parte direttamente dal Disegno di legge delega presentato alle Camere nel 2014. L’articolo, nel cui interno era presente la delega, era scritto in forma molto sintetica e partiva dall’esigenza di razionalizzare determinate funzioni di tipo strumentale delle forze di polizia e dall’esigenza di rafforzare le funzioni di polizia legate alla tutela dell’ambiente, prevedendo la possibile confluenza del Corpo Forestale dello Stato all’interno un’altra forza di polizia. Il Disegno di legge originario partiva, quindi, con una scelta non chiaramente individuata da parte del Governo, che proponeva al legislatore l’approvazione di questa delega, ma fissava esclusivamente l’obiettivo di far confluire il Corpo Forestale dello Stato all’intero di una delle altre forze di polizia. Nel corso dell’iter parlamentare, in particolare nel passaggio dal Senato alla Camera, grazie ad una collaborazione fattiva con le strutture dei Ministeri competenti dell’Interno e della Difesa, sia con le stesse forze di polizia, che al loro interno hanno delle strutture specializzate nella parte normativa di specifica competenza, tra cui il Generale dei CC. Roberto Massi e il Generale dei CC. Paolo Romano, presenti al tavolo, che sono esperti del settore. La collaborazione con queste strutture ha consentito di sviluppare nel corso dell’iter parlamentare un maggiore dettaglio della delega, arrivando alla scelta definitiva di far confluire il Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri. Dalla delega completata del Parlamento si è avviato l’iter di stesura del testo. La scelta è stata strutturare un testo del Decreto che attua la delega secondo l’opzione di far confluire il Corpo Forestale dello Stato (CFS) nell’Arma dei Carabinieri e definire con chiarezza gli ambiti di operatività delle diverse forze di polizia. In questo tentativo definitorio, che si trova nei primi articoli del Decreto, c’è una scelta conforme all’assetto che le forze di polizia hanno assunto nel tempo e cioè una presenza capillare a livello territoriale e periferico dell’Arma dei Carabinieri, una presenza più concentrata nei grandi centri urbani da parte della Polizia di Stato. Conseguenza di questo è stata anche la scelta di far confluire il Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri, vista anche la capillarità, la perifericità delle sedi e degli ambiti di intervento del CFS che sembravano meglio attagliati all’organizzazione dell’Arma dei CC. In questa scelta di fondo che ha fatto il Decreto Legislativo, ci sono anche delle sotto-opzioni ovvero la parte del CFS che si occupa degli incendi boschivi è stata trasferita ai Vigili del Fuoco, che, quindi, assumeranno aldilà delle competenze che comunque hanno in materia di antincendio anche quelle delle autonomie territoriali, esercitando, a questo punto, l’intera funzione antincendio. Nel Decreto è stato chiarito anche l’ambito specifico di operatività della Guardia di Finanza, che ha avuto una connotazione specifica per la presenza a mare, legata specificamente alle sue competenze, che sono anche quelle della lotta al contrabbando o verifica dei traffici doganali o anche in generale di natura finanziaria. Si è previsto, inoltre, che piccoli contingenti del CFS, per le loro specifiche propensioni, possano transitare all’interno delle altre forze di polizia. La norma consente, infine, la possibilità per i singoli agenti di optare verso altre amministrazioni, perché si è ritenuto opportuno che all’interno di una scelta fondamentale, ovvero il trasferimento di un corpo di polizia ad ordinamento civile all’interno di un copro che ha un ordinamento militare, ci potesse essere la possibilità da parte del singolo di optare per mantenere un regime di tipo civilistico e, quindi, queste persone potranno chiedere di transitare in altre amministrazioni dello stato, quindi uscire dall’ambito delle forze di polizia. Questo è il quadro generale del Decreto che attua la delega del Governo. L’idea è rafforzare le funzioni di polizia ambientale, concentrandole nell’Arma di destinazione. Il testo ha già ricevuto il parere in sede di conferenza unificata, le autonomie territoriali hanno ratificato in termini positivi il provvedimento, è arrivato anche il parere del Consiglio di Stato, poi va alle Commissioni parlamentari che sono l’ultimo passaggio, prima della definitiva approvazione del provvedimento. Qualora le Commissioni dovessero esprimere un parere fortemente vincolante per il Governo, quest’ultimo ha due opzioni: uno adeguarsi al parere delle commissioni; due non adeguarsi motivando e le commissioni avranno altri 10 giorni per esprimersi sul nuovo testo.

 

Prefetto Bruno Frattasi, Capo Ufficio Legislativo del Ministero dell’Interno

La legge Madia all’art. 8 “L’organizzazione dell’amministrazione dello Stato” guarda ad un pezzo importante dell’Amministrazione dello Stato ovvero le forze di polizia oltreché le forze armate. In questo contesto però si affronta nello specifico il riordino delle forze di polizia. Una delle cose che vale la pena dire è che il pluralismo istituzionale che è anche presente nel settore della sicurezza, attraverso la presenza di più corpi di polizia, di più istituzioni che si occupano di polizia, come l’Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato che sono forze a competenza generale, questo per chi volesse leggere il parere del Consiglio di Stato del 12 Maggio 2016 ricco anche per la parte ricostruttiva relativa all’evoluzione del quadro normativo in materia di sicurezza che c’è stata nell’arco degli ultimi 35 anni a partire dalla legge 121/’81 per arrivare fino ai nostri giorni si accorgerà che in quel parere le due istituzioni citate sono definite Polizia a competenza generale. Esistono nell’art. 16 della stessa legge altre forze di polizia, la Guardia di Finanza, il Corpo Forestale dello Stato e la Polizia Penitenziaria, che non hanno competenza generale perché hanno compiti specifici, settoriali, che sono definiti a partire dalla loro denominazione. Per quanto riguarda la Guardia di Finanza compiti di polizia economico-finanziaria, per il Corpo Forestale dello Stato la tutela del patrimonio agro-forestale e altri compiti assegnati dalla legge di riforma 36/2004, in quel quadro si ribadisce la sua natura di polizia ad ordinamento civile come anche per la Polizia Penitenziaria che ha compiti di vigilanza dei soggetti detenuti. Tutte queste forze di polizia assicurano nel complesso la sicurezza del paese attraverso l’espletamento di funzioni che hanno a che vedere con il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica. Da questo punto di vista tutte e 5 le forze di polizia indicate dall’articolo 16 integrano il sistema di polizia e di sicurezza, che è quello che regge il nostro paese da 35 anni, da quando lo ha definito nel suo statuto l’articolo 16 della legge già citata che ha riformato l’amministrazione della pubblica sicurezza. La polizia di sicurezza viene a dipendere funzionalmente da un’autorità nazionale di pubblica sicurezza, che è il Ministro dell’Interno.

Nel parere citato del Consiglio di Stato, interessante anche per i contenuti ricostruttivi e per l’excursus che propone di più di un trentennio di evoluzione normativa, si pone un problema di carattere amministrativo, ovvero disciplinare, il concorso di più soggetti nel mantenimento dell’ordine della sicurezza pubblica, in altri termini razionalizzarne l’azione al fine di evitare che la presenza necessaria di più soggetti, più corpi, più istituzioni che si occupano di sicurezza possano determinare “un’entropia di sistema”, nel senso che vanno a duplicare attività che potrebbero essere affidate ad un soggetto piuttosto cha a un altro. L’esistenza di un concetto che si chiama competenza generale nella sicurezza, che riguarda in particolare le due forze a competenza generale (Polizia di Stato e Arma dei C.C.) e il fatto stesso che il nostro sistema non conosce, per le funzioni di polizia giudiziaria, una specifica competenza di una forza di polizia piuttosto che di un’altra – basterebbe leggere a tale proposito l’art. 57 del Codice di Procedura Penale che dichiara organi di polizia giudiziaria tutte le forze di polizia dell’articolo 16 della L. 121 e, quindi, non c’è una specializzazione da questo punto di vista – ha portato alla necessità di determinare la concorrente attività di questi soggetti, affrontata sotto due punti di vista: la razionalizzazione della loro presenza sul territorio e attraverso la razionalizzazione della loro attività funzionale, adoperando in entrambi i casi il termine “gravitazione”, che sembra un po’ strano, nel senso che non c’è una attribuzione proprietaria di un settore ad una forza di polizia piuttosto che ad un’altra, ma si chiede a ciascuna di queste forze di polizia di gravitare, ovvero di orientare maggiormente la propria attività in un ambito piuttosto che in un altro. Se parliamo di presidi e di presenza territoriale, questo principio di gravitazione lo chiameremo gravitazione territoriale, se parliamo, invece, di ambiti funzionali ovvero di operatività di questi corpi o di queste istituzioni parleremo di gravitazione operativa o funzionale. Fin al 1992, all’inizio degli anni ’90, perché era già stata adottata 10 anni prima la legge di riforma 121/81, legge da cui partiamo in sostanza, il Ministro dell’Interno dell’epoca Vincenzo Scotti e i successivi, hanno adoperato questo strumento adottando delle direttive per arrivare all’obiettivo pratico di contenere l’entropia di sistema in presenza di più soggetti che si occupano delle stesse materie negli stessi ambiti funzionali in modo da regolarne la sinergica cooperazione e da questo punto di vista le direttive che sono state adottate dai Ministri dell’interno dell’epoca fino ai nostri giorni trovano un puntuale riscontro nella prima parte del provvedimento di cui ci stiamo occupando, perché nel capo secondo, le disposizioni dall’art. 2 in poi guardano proprio a questo problema della razionalizzazione prima delle attività e, quindi, la gravitazione funzionale organizzativa di cui si parlava e poi quella territoriale per la razionalizzazione dei presidi, in quest’ultimo caso limitatamente alle forze a competenza generale che hanno una distribuzione territoriale, Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri più significativa delle altre, con un recepimento pressoché integrale dei principi ripartitori che erano stati già affermati attraverso l’uso della direttiva del Ministro dell’Interno di cui in questo provvedimento si ribadisce la centralità, ricordandone la natura di autorità nazionale per l’ordine della sicurezza pubblica. È un sistema quello della pubblica sicurezza, quello definito dalla legge 121 che ha un’organizzazione centrale e una periferica, al vertice di questa organizzazione centrale c’è il Ministro dell’Interno, al vertice di quella periferica c’è il Prefetto, autorità periferica, provinciale.

La razionalizzazione funzionale e la necessaria specificazione degli ambiti di gravitazione operativa è contenuta in quell’articolo art. 2, dove sono definiti i comparti di specialità, si parla di qualcosa che viene attribuito in quegli ambiti, in cui ciascuna delle forze di polizia indicate avrà una presenza più marcata rispetto all’altra. Non c’è una devoluzione esclusiva e non ci può essere per i vincoli ordina mentali, che evitano un conferimento chiuso di competenze in materia di sicurezza, però c’è un’indicazione precisa degli ambiti nei quali quelle forze di polizia, che sono indicate, devono rafforzarsi e, da questo punto di vista, e lo dice anche il Consiglio di Stato nel parere, c’è una legittimazione, anche storicizzando questo processo, del fatto che poi ha deciso il Governo di vedere l’Arma dei Carabinieri la forza di destinazione e non un altro soggetto dell’art. 16 della Legge 121. Molto si è criticata questa scelta perché sembrava più logico indicare la destinazione del CFS in una forza ad ordinamento civile, come la Polizia di Stato. Da questo punto di vista però il ragionamento non tiene conto di quelle che sono state le stratificazioni normative che negli anni si sono verificate e che hanno visto proprio l’Arma dei Carabinieri e il CFS a venire sempre più a contatto dal punto di vista operativo e funzionale, sicché se c’era un nodo da sciogliere rispetto alla possibilità di semplificare il quadro concorrenziale delle forze di polizia e di favorire una razionalizzazione che portasse a chiarificare il quadro delle competenze e renderlo anche più snello era proprio il fatto di mettere a confronto l’Arma dei CC con il CFS. Basti leggere a questo proposito una direttiva del Ministro dell’Interno Pisanu del 2006, periodo in cui ogni Corpo di aveva scelto autonomamente di rafforzarsi in determinati settori e non in altri, che avevano portato nel tempo ad un accavallamento di attività a solo beneficio dei vari corpi e non dei cittadini.  Nel 2006 il Ministro istituì una commissione di studio con una persona terza, un Consigliere di Stato, il Dott. Sergio Santoro come Presidente, che definì in maniera più chiara i comparti di specialità di ogni forza di polizia. I comparti indicati dalla direttiva sono almeno 3: sicurezza nel campo della sanità, dell’igiene e tutela alimentare; la sicurezza del patrimonio boschivo e agroforestale; la tutela del paesaggio. Vennero individuate una serie di sovrapposizioni che dovevano essere risolte.

Nella direttiva del 2006 (Ministero dell’Interno, Decreto 28 aprile 2006) si parlava di sicurezza ambientale e per stabilire dove finiva quella dell’Arma dei Carabinieri e dove cominciava quella del Corpo Forestale dello Stato, in particolare in relazione alla prevenzione degli illeciti nel ciclo e smaltimento dei rifiuti, settore di predilezione per l’Arma, perché ci sono forti ingerenze della criminalità organizzata e, quindi, molto più vicino alla mission dei Carabinieri e alle funzioni statutarie di questo corpo. Invece, al CFS residuavano altre funzioni con un legame abbastanza tenue rispetto a quelle dell’Arma e, quindi, un confine talmente sottile che si sarebbe potuto perdere. Il primo pregiudizio da fugare è che questo assorbimento sia contro natura, ritenendo che l’Arma nulla aveva a che vedere con i compiti del CFS, mentre invece la storia degli ultimi anni ci dice il contrario. Poi c’è il problema dello statuto e dell’appartenenza all’ordinamento civile e non a quello militare, ma i forestali originariamente erano un corpo militare e non civile, lo sono diventati dopo e, come afferma il Consiglio di Stato, il CFS è inquadrato in un sistema di sicurezza e sono un corpo armato dello Stato. Già questo distingue gli agenti del Corpo Forestale dello Stato da qualunque altro dipendente civile della PA. Questa appartenenza al sistema di sicurezza e l’essere già inclusi da 35 anni in questo sistema attraverso l’espressa indicazione dell’art 16 della legge 121/1981 fornisce una chiara risposta al problema. Nel parere del Consiglio di Stato si legge una “piccola critica” a quanti hanno provveduto a stendere il provvedimento,  perché è sembrato un po’ troppo restrittivo per i tempi “lunghi” utilizzati nel favorire il trasferimento del CFS nell’Arma dei CC. Altra disposizione riguarda la gravitazione territoriale e la razionalizzazione dei presidi di polizia, evitando duplicazioni, entropie e sovrapposizioni e, anche qui il testo normativo mette in norma,  una linea già decisa da 35 anni, quella di fare in modo che l’Arma dei CC e la Polizia di Stato rispettivamente si rafforzassero sulla restante parte del territorio: per l’Arma dei Carabinieri la periferia e per la Polizia di Stato i capoluoghi di provincia e città metropolitane. Questa distinzione per rispettare le antiche vocazioni delle due forze di polizia che si citano. La Polizia di Stato discende, infatti, dalle vecchie guardie di Città e aveva già nella sua denominazione di origine la vocazione ad essere una forza di polizia urbana con forte connotazione e legame con il territorio delle città. La razionalizzazione dei presidi di polizia trova accoglimento nell’art. 3 e porta in norma l’intero contenuto della direttiva 91/92 fatta dall’allora Ministro dell’Interno Vincenzo Scotti. In realtà nel testo si legge che se c’è una esigenza particolare quel principio generale di assegnazione può essere derogato.

La parte del capo secondo contiene un’altro importante elemento di riforma che riguarda la razionalizzazione dei servizi navali, per i quali è stata fatta una scelta, ovvero provocare un chiarimento necessario e atteso su cosa si potesse tagliare per ottimizzare la sinergia delle forze di polizia evitando la cattiva emulazione, quella che ha portato all’acquisizione di mezzi navali, al punto che quasi tutte le forze di polizia si erano dotate di assetti navali, compreso la polizia penitenziaria che aveva mezzi per la vigilanza delle carceri nelle isole. La norma affida alla Guardia di Finanza il soccorso a mare. Il Consiglio di Stato, a questo proposito valuta la contemporanea presenza a mare delle Capitanerie di porto e della GF considerando due ambiti diversi. La presenza a mare della Guardia di Finanza a mare, valutando la proiezione a mare di un’attività di ordine e sicurezza pubblica. La presenza a mare della Capitaneria di porto, invece, per svolgere un’attività che va a guardare un altro bene della vita ovvero la salvaguardia della vita a mare e, quindi, il soccorso a mare, suo specifico ambito di attività.

Il provvedimento tratta poi aspetti di core-business, cioè tutto quello che riguarda la gestione dei servizi comuni. Esistono tra questi servizi trasversali assolutamente comuni alle varie forze che riguardano l’approvvigionamento di mezzi, carburante, mense in cui si posso fare azioni sinergiche per fare economia significative di scala. Questo è un principio molto semplice da attuare attraverso l’ufficio di coordinamento delle forze di polizia, ovvero un ufficio che ha una cabina di regia nell’ambito del dipartimento e che sovrintende a tutte le attività delle forze di polizia. Il pezzo forte del provvedimento resta l’assorbimento del CFS e i meccanismi sull’assorbimento.

È stato fondamentale salvaguardare il meccanismo dell’opting-out, come è stato chiamato, ovvero la facoltà di chiamarsi fuori, da chi appunto non avesse alcuna intenzione di transitare nel corpo ad ordinamento militare, mantenendo lo statuto civile.

 

Generale CC. Paolo Romano, Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Difesa

Il Gen. Romano apre il suo intervento cercando di spiegare come questo decreto legislativo sia l’equivalente del d. lgs 165/01 per la Pubblica Amministrazione.

Il Generale CC Romano spiega quello che l’Arma dei Carabinieri ha dovuto fare con questo Decreto Legislativo, in particolar modo analizza il Secondo Capo (Razionalizzazione delle Funzioni di Polizia e dei servizi strumentali) precisando che tale d.lgs è meno ricco dal punto di vista delle questioni di fondo dottrinali perché tratta la questione da un punto di vista prevalentemente tecnico.

Si evince, da tale riforma, come l’Arma dei Carabinieri ha preso i circa 8000 dipendenti del Corpo Forestale dello Stato e gli ha ridistribuiti, quanto allo stato giuridico da applicare, agli avanzamenti di carriera, alla collocazione sul territori, in poche parole a tutto ciò che è ordinario amministrazione.

Si vede come dall’ art. 7 all’ art. 20 sono norme ordinamentali e organizzatorie, nello specifico in questi articoli, dice sempre il Generale, si afferma come una parte abbastanza consistente di queste 8.000 unità dovrà confluire nell’ Arma dei Carabinieri stabilendo una serie di regole per cui in linea di massima chi stava sul territorio  e che si occupava di particolari specializzazioni continuerà a restare sul territorio e si vedrà confermata la sede e quindi anche i riferimenti di carattere economico, in virtù del fatto che è stato aggiunto nel decreto  il divieto della clausola del “reformatio in pejus” per quanto fossero così stretti gli ambiti di applicazione delle stesse regole, a conferma di quanto già detto dal Prefetto Frattasi all’ interno del suo intervento. In effetti, da oltre 35 anni, dichiara il Gen. Romano, sia l’Arma dei Carabinieri che il Corpo Forestale dello Stato fanno parte dello stesso comparto Sicurezza e Difesa presentando già un sufficientemente grado di omogeneità nelle norme di carattere retributivo all’impiego del personale. Eccezion fatta per il trattamento Accessorio.

In virtù di tale omogeneità tale norma non è stata difficile da scrivere.

Lo stesso iter bisognerà utilizzare per coloro che approderanno nei Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza (ad oggi parliamo di circa un centinaio di unità su un totale di circa 8.000 unità).

Tale divisione è stata effettuata, precisa il Generale, secondo un principio segnalato dalla legge delega “Principio della salvaguardia delle funzioni”.

Tale salvaguardia può avere una radice di carattere costituzionale e cioè preservare quelle funzioni costituzionalmente rilevanti in quanto incidenti su beni che godono di tutela primaria sotto il profilo costituzionali, come per esempio il bene alla salute.

Nel caso in cui le funzioni non fossero state esplicitamente trasferite ed assicurate avrebbero potuto generare il dubbio di un vizio di legittimità. Fortunatamente così non è stato, anche alla luce delle osservazioni pronunciate dal Consiglio di Stato.

Il generale Romano continua il suo intervento dichiarando di essere felicissimo di aver trattato tale aspetto insieme alla parte avversa, proprio perché questa collaborazione rassicura i cittadini che spesso sentono parlare di una rivalità storica tra l’amministrazione dell’Interno e l’Arma dei Carabinieri.

L’ alto Ufficiale evidenzia, inoltre, un altro aspetto rassicurante che emerge da questo decreto legge 124/2015, e cioè il fatto che si stia parlando di militarizzazione diversamente da quanto eravamo abituati negli ultimi 20-30 anni dove l’unica parola utilizzata era “dismilitarizzazione”.

Non manca, nel suo intervento, un’analisi di ciò che è stato il periodo che va dal ’75 (anno in cui l’alto ufficiale si è arruolato) al 2015. Si è passati dal lancio delle monetine a scelte governative dove si affida al modulo organizzativo, culturale e di vita militare i beni della vita più preziosi che le Forze di Polizia sono chiamati a proteggere.

Questo è potuto accadere perché dal ’75 ad oggi si sono creati i presupposti(fiducia) per far si che tali responsabilità fossero affidate ad un’Arma dei carabinieri che ancora 30 anni fa veniva denunciata come un assurdo in virtù del fatto che ci fosse un corpo di polizia ad ordinamento militare.

Non manca un’analisi sull’ art. 14 del D.lgs. evidenziando come proprio in questo articolo – molto lungo proprio per dare ogni informazione utile ad eliminare dubbi o incertezze legittime – agli appartenenti al corpo Forestale in merito al loro futuro.

Il Gen. Romano, nella parte conclusiva del suo intervento focalizza il suo ragionamento su quelle che sono le economie di scala che tale riforma può apportare. Va da se che un corpo di polizia di circa 8000 persone può realizzare determinate attività ma, se tali professionalità vengono inserite all’ interno di un contenitore che vanta circa 100.000 unità va da se il fatto che sicuramente si possono avere miglioramenti in termini di efficacia ed efficienza.

E’ importante ricordare, inoltre, come il Consiglio di Stato ha riposto la sua attenzione sull’ AIR (Analisi d’impatto della Regolamentazione), sviluppata a margine di questo provvedimento ma soprattutto sulla VIR (Verifica d’ Impatto della Regolamentazione).

Si attende con molto interesse una verifica di come questo provvedimento trova attuazione concreta cosi da capire nei prossimi 2-3 anni se i risultati/obiettivi iniziali analizzati in fase AIR sono stati raggiunti e in che percentuali.

 

Nel corso del dibattito che è seguito alle relazioni del Prefetto Bruno Frattasi e Gen. B. Paolo Romano sono emerse richieste di delucidazioni in merito alla gestione dell’eventuale surplus di domande di trasferimento del personale CFS (Corpo forestale dello Stato) verso altre amministrazioni (criticità legata all’eccessiva flessibilità della delega).

Il Prefetto Frattasi ribadisce di non essere d’accordo a riguardo circa un eccesso di delega che il decreto in discussione conterrebbe. Il decreto delegato parla, infatti, del passaggio di funzioni e del relativo personale, per ottemperare al svolgimento dei compiti istituzionali assegnati, ammettendo l’eventuale transito di un contingente limitato di personale verso altre amministrazioni, pur non essendo specificatamente predeterminato a monte. È il Governo a dover individuare meccanismi per poter limitare tale numero di passaggi, affinché la delega mantenga il suo disegno di organicità.

A tal proposito interviene anche il Gen. B. Massi ribadendo che, una delle principali difficoltà, è stata proprio quello di definire il contingente di personale in transito verso altre amministrazioni oltre che, aspetto non secondario, la militarizzazione del personale nell’ambito della “fusione per incorporazione” all’interno dell’Arma dei carabinieri.

Il faro dell’azione nella stesura dello schema del decreto legislativo in discussione è stato dunque dettato dall’esigenza di tutelare il mantenimento delle funzioni e degli attuali livelli di presidio sul territorio, oltre che salvaguardare l’unitarietà e la professionalità del personale, non imponendo, nel rispetto di determinati vincoli e limiti, lo status militare.

Il passaggio all’interno dell’Arma dei Carabinieri delle circa 8.000 unità di personale attualmente in servizio, deve dunque avvenire, a partire dal 01/01/2017, senza nessuna soluzione di continuità tra le attività svolte il giorno precedente e le funzioni erogate il giorno successivo, il tutto traducendosi nella formula “nessun danno per i cittadini”.

Le facoltà assunzionali attualmente a disposizione del CFS, quantificabili in circa 1.000 unità, saranno successivamente ripartite tra le diverse Forze di polizia in cui il personale transiterà (Arma dei carabinieri in primis ma anche Polizia di Stato, Guardia di finanza e Vigili del fuoco) e rappresentano un primo cuscinetto per consentire e agevolare l’eventuale passaggio verso altre amministrazioni ad ordinamento civile (Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, Ministero della Difesa o tra quelle individuate dal decreto dal Presidente del Consiglio dei ministri).

L’art. 12 del decreto legislativo in discussione, come previsto dalla legge delega, prevede che il meccanismo di uscita del personale avvenga dietro presentazione di apposita domanda, nel rispetto dei contingenti specificatamente individuati e compatibilmente con le esigenze di funzionalità, oltre che perseguendo la finalità del contenimento dei costi e dell’efficienza.

Con riferimento alla possibilità di opzione per il transito verso altre amministrazioni pubbliche, il parere del Consiglio di Stato ha segnalato al Governo la necessità di ridurre, nelle relative disposizioni, gli spazi di flessibilità, in modo che siano osservati i limiti e gli obiettivi fissati dal legislatore delegante, primo fra tutti l’unitarietà e la continuità delle funzioni di tutela nei settori ambientale e agroalimentare sin qui assolte dal Corpo forestale  e si possa nel contempo prevenire l’eventuale contenzioso.

Una volta incorporato il CFS all’interno dell’Arma dei carabinieri, verrà appositamente creato un ruolo specifico di assoluta eccellenza dedicato proprio alla tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, nella prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare.

L’art. 8 tratta proprio della riorganizzazione e rimodulazione dell’Arma dei carabinieri, considerando che tale incorporazione rappresenta un passaggio epocale che va adeguatamente gestito e amministrato. Dall’01/01/2017 verrà quindi creato un nuovo comparto che si occuperà della tutela ambientale e forestale e si andrà ad aggiungere alle strutture storiche e consolidate dell’Arma relative alla:

  • addestramento;
  • operatività (centrale e territoriale)
  • organizzazione mobile e speciale.

Tale passaggio rappresenta un indubbio riconoscimento delle professionalità e della specificità del CFS, ma rappresenta anche una grande opportunità funzionale per generare sinergie, nell’ambito dello svolgimento delle indagini, tra gli stessi uomini del CFS e gli attuali reparti presenti all’interno dell’Arma (si pensi al Nucleo tutela ambiente, al Nucleo agroalimentare), evitando sovrapposizioni di competenze.

Il processo di riorganizzazione non intende creare comunque un corpo “spurio” all’interno dell’Arma, ma realizzare una piena e completa integrazione, gestendo nel tempo eventuali difficoltà che fisiologicamente in ogni revisione e sviluppo della struttura organizzativa naturalmente emergono e che bisogna mettere in conto.

È un matrimonio destinato ad arricchire entrambe le Forze di polizia chiamate ad accorparsi e incorporarsi, dice il Gen. B. Romano.

È prevista inoltre la specializzazione del personale all’interno del settore oggetto di riforma, tutelando chi ve ne farà parte. Al vertice dell’istituenda organizzazione forestale verrà posto un generale di corpo d’armata, assistito da un vicecomandante con il grado di generale di divisione proveniente proprio dal ruolo forestale.

Circa la gestione del passaggio nell’Arma e della relativa assunzione dello status ordinamentale militare, non secondaria è la programmata attività di formazione per agevolare al meglio l’integrazione tra le amministrazioni in questione. A supporto di quanto affermato, va inoltre rimarcata la conservazione delle Scuole di formazione del CFS, al fine di non disperdere la matrice che corrobora queste specifiche professionalità.

A riguardo della “riserva selezionata” (disciplinato dal combinato disposto dell’articolo 674 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n.66 e dell’articolo 987 del medesimo decreto legislativo), esso rappresenta un obiettivo che ha voluto mantenere il Comandante generale dell’Arma nel perseguire e soddisfare eventuali esigenze operative, addestrative e logistiche con particolari professionalità d’interesse non rivenienti nei ruoli dell’Arma.

Sempre nell’ambito del mantenimento del medesimo livello di presidio, il decreto in discussione prevede inoltre anche il passaggio graduale del relativo patrimonio di beni e strumentazione a disposizione del CFS (immobili, mezzi automobilistici e speciali, attrezzature) tra le Forze di polizia citate, al fine di ottemperare al meglio ai compiti affidati dal legislatore e sempre nello spirito di realizzare le migliori economie dal processo di razionalizzazione che andranno adeguatamente misurate e valutate.

Nello spirito di migliorare la qualità della regolazione, tra i rilievi sollevati nel parere del Consiglio di Stato, specifico riferimento viene dato allo scarso approfondimento nell’AIR con riguardo al ruolo che andranno a ricoprire le Capitanerie di porto (tecnicamente non appartenenti alle Forze di polizia e rimaste fuori dalla disciplina). Infatti, pur non essendo annoverate fra le Forze di polizia dall’art. 16, l. n. 121 del 1981, le Capitanerie di porto (Guardia costiera) svolgono indubbiamente delle oggettive funzioni di polizia in materia di sicurezza pubblica ed il rischio che si creino sovrapposizioni e duplicazioni organizzative è concreto. Stesso dicasi per la revisione organica di tutta la materia attinente il comparto sicurezza, la cui materia nel tempo si è stratificata in innumerevoli norme che rischiano di far perdere univocità al generale quadro di riforma in discussione. D’altro canto è lo stesso Consiglio di Stato a riconoscere che i tempi ristretti di esercizio della delega non hanno consentito di ottemperare alla finalità citata con una rivisitazione delle disposizioni legislative in materia, mancando la delegazione del Parlamento.

La successiva VIR valuterà il raggiungimento dei risultati auspicati attraverso il monitoraggio di idonei indicatori da individuare, avvalendosi anche del ruolo della Cabina di regia per le riforme della PA, di cui il Consiglio stesso auspica la costituzione.

Altra questione affrontata è stata quella della centralizzazione degli acquisti attraverso l’adozione di specifici protocolli. Nell’ambito delle forniture di beni, il Prefetto Frattasi ricorda che già con la legge n. 217/1992 erano previste attività di coordinamento tra le Forze di polizia, specie con riguardo ai criteri omogenei di selezione e alla definizione dei programmi d’intervento, pur operando in piena autonomia da un punto di vista amministrativo. Si tratta ora di fare un ulteriore passo in avanti, cercando di dare organicità e sistematicità alla gestione dei servizi associati attraverso la centralizzazione degli acquisti.

Per quanto attiene la riorganizzazione dell’ambito territoriale ottimale di riferimento per il settore sicurezza potrebbe, esso potrebbe non corrispondere con il perimetro dell’area vasta delle soppresse province o della città metropolitana, fermo restando il presupposto di privilegiare l’impiego della polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell’Arma dei carabinieri nel restante territorio.

In ultimo viene ribadito che per il futuro, il reclutamento e l’arruolamento dei nuovi militari dell’Arma dei Carabinieri seguirà esattamente lo stesso iter di selezione all’ingresso, a prescindere dal comporto al quale poi si verrà assegnati, prevedendo e salvaguardando una quota parte da destinare alla relativa specialità.

Diverso il discorso per quanto riguarda gli ufficiali da destinare al comparto ex CFS che verrà a costituirsi, considerando che l’ingresso potrà avvenire previo possesso di una laurea specialistica e non seguendo il percorso ordinario che prevede la frequentazione dell’Accademia Militare. I vincitori della procedura concorsuale saranno nominati tenenti, immessi nel costituendo ruolo ex forestale e ammessi a frequentare un corso di formazione, con una progressione di carriera che può svilupparsi sino al grado di generale di divisione.

a cura di Arcangelo Canitano, Alessandro Esposito e Mariano Nuzzo