Trasporti: adottato il decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 di Attuazione della direttiva Recast 2012/34/UE che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico

10.05.2016

Al fine di rendere maggiormente chiara ed efficace la disciplina del settore ferroviario e di spronare il processo di liberalizzazione, la direttiva europea 2012/34/UE, del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012 ha operato una rifusione e riunione in un unico testo normativo delle disposizioni contenute nelle diverse direttive europee di liberalizzazione del settore ferroviario stratificatesi nel tempo.

In particolare, la direttiva ha introdotto norme volte ad aumentare gli investimenti nel settore e renderne più efficiente la gestione, a rafforzare gli elementi di trasparenza e di imparzialità nella gestione dell’infrastruttura, intesa in senso ampio, ad aumentare l’indipendenza degli organismi di regolazione e delle imprese operanti nel settore dai pubblici poteri che, in molti Stati, continuano a detenere un forte controllo sull’industria.

Il recepimento della direttiva è avvenuto in Italia il 25 luglio 2015 con l’entrata in vigore del d.lgs. 15 luglio 2015, n. 112. Sebbene tale decreto abbia in gran parte riaffermato i principi europei, esso ha introdotto alcune modifiche fortemente criticate nel processo di approvazione da parte dei soggetti coinvolti, con particolare riferimento al sistema delle licenze, alle limitazioni alla liberalizzazione del trasporto di passeggeri, alla tariffazione dei canoni di accesso alla rete e al potere sanzionatorio dell’autorità di regolazione.

Il decreto ha abrogato il d.lgs. 8 luglio 2003, n. 188, di attuazione delle direttive del primo pacchetto ferroviario che costituiva il testo unico in materia ferroviaria precedentemente in vigore, confermando i principi di autonomia e indipendenza gestionale, amministrativa e contabile delle imprese ferroviarie, di indipendenza delle funzioni essenziali del gestore dell’infrastruttura, di libertà di accesso al mercato dei trasporti di merci e passeggeri per ferrovia a condizioni eque, non discriminatorie e trasparenti.

L’art. 3 del decreto ha fornito le definizioni utili alla comprensione del testo normativo. Questo terzo articolo contiene una delle disposizioni maggiormente controverse del decreto. Il legislatore ha ritenuto necessario inserire la definizione di “licenza nazionale passeggeri”, già prevista dall’art. 58 della legge 23 luglio 2009, n. 99. Il decreto di recepimento della direttiva recast prevede, quindi, un doppio sistema di licenze: una licenza valida su tutto il territorio dell’Unione europea e una licenza valida esclusivamente sul territorio italiano. La licenza nazionale passeggeri consiste in un’autorizzazione «valida esclusivamente sul territorio nazionale, rilasciata nelle more della liberalizzazione del trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia in ambito UE» alle imprese aventi sede legale in Italia, per lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri con origine e destinazione esclusivamente nel territorio italiano. I requisiti per ottenere la licenza sono i medesimi previsti per il rilascio della licenza europea. Tale assetto è stato ritenuto da alcune imprese in concorrenza con l’incumbent nazionale contrario ai dettami dell’Unione Europea in tema di licenze ferroviarie, atteso che la direttiva recast disciplina un’unica licenza valida in tutto il territorio dell’Unione.

Il Capo II disciplina le imprese ferroviarie, che devono essere indipendenti nella gestione, nell’amministrazione e nel controllo interno in materia amministrativa, economica e contabile. Si stabilisce che il loro patrimonio, il bilancio e la contabilità devono essere distinti da quelli dello Stato, delle regioni, delle province autonome e degli enti locali e che esse devono essere gestite secondo i principi validi per le società commerciali, indipendentemente dalla loro proprietà pubblica o privata, anche per quanto riguarda gli obblighi di servizio pubblico imposti dallo Stato all’impresa e i contratti di servizio pubblico eventualmente conclusi. Per quanto attiene alla contabilità e al bilancio sono confermati i principi di trasparenza e di separazione tra le attività connesse alla prestazione di servizi di trasporto e alla gestione dell’infrastruttura per evitare sussidi incrociati tra i due settori di attività.

Il Capo III riguarda il gestore dell’infrastruttura, soggetto del quale si ribadiscono l’autonomia e l’indipendenza sul piano giuridico, organizzativo o decisionale e contabile dalle imprese operanti nel settore dei trasporti.

Nel Capo IV, relativo ai canoni, l’articolo 17 conferma la competenza dell’Autorità di regolazione dei trasporti nella definizione dei criteri per la determinazione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e dei corrispettivi dei servizi da parte del gestore della rete. La soluzione di compromesso adottata dal legislatore è stata quella di prevedere che «fermo restando il generale potere di indirizzo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ai fini dell’accesso e dell’utilizzo equo e non discriminatorio dell’infrastruttura ferroviaria da parte delle imprese ferroviarie», l’Autorità di regolazione dei trasporti definisce i criteri per la determinazione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria da parte del gestore e dei corrispettivi dei servizi complementari e ausiliari, «fatta salva l’indipendenza del gestore dell’infrastruttura e tenendo conto dell’esigenza di assicurare l’equilibrio economico dello stesso».

Il Capo V concerne l’assegnazione della capacità dell’infrastruttura. L’art. 22 definisce i diritti connessi alla capacità e chiarisce i compiti del gestore il quale deve garantire la ripartizione equa e non discriminatoria e consentire un utilizzo efficace e ottimale dell’infrastruttura, nel rispetto della riservatezza delle informazioni ricevute.

L’art. 37 disciplina l’organismo di regolazione di settore. Il decreto connota l’Autorità di regolazione dei trasporti in modo più specifico rispetto alla direttiva, qualificandola come l’istituzione preposta al governo tecnico del settore ferroviario. Ad essa sono affidate, oltre alle funzioni sopra menzionate di partecipazione alla formazione delle decisioni in materia di gestione imparziale della rete, penetranti funzioni paragiurisdizionali e di controllo. L’Autorità può intervenire per correggere distorsioni della concorrenza ed evitare discriminazioni, mediante l’esercizio di poteri decisionali in tema di vertenze relative all’assegnazione della capacità di infrastruttura, al prospetto informativo della rete, al sistema di imposizione dei canoni, all’accesso ai servizi e corrispettivi imposti per il loro utilizzo e così via. All’Autorità è, inoltre, affidato il potere di monitorare la situazione concorrenziale sui mercati dei servizi ferroviari per evitare discriminazioni nei confronti dei richiedenti, salvi i poteri dell’Autorità antitrust.

Una delle previsioni maggiormente dibattute del decreto è contenuta nell’art. 37, comma 14, in materia di sanzioni comminabili dall’Autorità di regolazione dei trasporti. Nel settore ferroviario il limite massimo dell’importo delle sanzioni che l’organismo di regolazione può irrogare ammonta a un milione di euro. Tale somma è stata ritenuta eccessivamente bassa rispetto a quello che rimarrebbe applicabile in altre industrie a rete (autostrade, aeroporti, porti, trasporto pubblico locale ecc.). Peraltro, il testo della direttiva imponeva agli Stati di attribuire all’organismo di regolazione il potere di irrogare sanzioni adeguate.

Il testo del decreto è reperibile al seguente link:

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/07/24/15G00126/sg

Livia Lorenzoni