Il 18 Marzo 2016, presso la Sala Silvano Toti della LUISS Guido Carli di Viale Romania 32, in Roma, è stato inaugurato il ciclo di seminari, organizzati dalla LUISS – School of Government nell’ambito dei Master in “Management e Politiche delle Pubbliche Amministrazioni” (diretto dai professori Antonio La Spina e Bernardo Giorgio Mattarella ed organizzato congiuntamente con la Scuola Nazionale dell’Amministrazione) e “Parlamento e Politiche Pubbliche” (diretto dal professor Nicola Lupo), concernenti la recente riforma delle Pubbliche Amministrazioni, attuata con la legge n. 124/2015 e con i decreti attuativi un cui primo pacchetto è stato recentemente licenziato dal Consiglio dei Ministri. I Seminari seguono l’iter tematico dei decreti attuativi, e rappresentano una occasione di riflessione, di analisi sul campo e di interfaccia tra tecnici, redattori delle norme e docenti universitari.
Ha introdotto, e moderato, il dibattito la professoressa Paola Severino, prorettore della Luiss Guido Carli. Gli indirizzi di saluto sono stati svolti da Antonio La Spina, professore ordinario di Public Policies della LUISS Guido Carli e co-Direttore Master in Management e Politiche delle Amministrazioni Pubbliche e Nicola Lupo, professore ordinario di Diritto delle Assemblee Elettive della LUISS Guido Carli e Direttore Master in Parlamento e Politiche Pubbliche. Sono intervenuti nel dibattito il Professor Marcello Clarich, professore ordinario di Diritto Amministrativo dell’università LUISS Guido Carli e la stessa Paola Severino. Ha concluso i lavori, infine, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna Madia.
INTERVENTI
Paola Severino, prorettore dell’università LUISS Guido Carli
Come da programma, ad aprire il lavori è la prof.ssa Severino; la prima considerazione svolta si incentra sul fatto che l’argomento oggetto dell’incontro è di estremo interesse ma, allo stesso tempo, presenta anche un certo grado di difficoltà, essendo la legge 7 agosto 2015, n. 124, assai corposa e ricca di spunti. Lo studio della legge cd. Madia però, continua, è stato reso agevole “grazie ad una chiara razionalità sottesa alla legge stessa e ai suoi schemi di decreti attuativi nei quali gli scopi e i contenuti appaiono di chiara lettura”. Gli scopi, infatti, consistono: nel riordino normativo, reso quanto mai necessario in una materia sconfinata nella quale le fonti risultano essere “disperse e dispersive”; nella semplificazione; nello scopo della codificazione, essendo presenti nell’ordinamento italiano una mole sterminata di leggi speciali e i cui titoli spesso non corrispondono ai contenuti; infine, merita di essere segnalato il criterio della delega. Delega che, a detta del prorettore, risulta necessaria per dare unità al progetto riformatore e per evitare che le modalità dell’andamento parlamentare creino delle discontinuità nella normativa, rendendola, nei fatti, poco fluida. Essendo le materie oggetto di riforma tra le più varie, la prof.ssa prova ad elencarne alcune che appaiono tra le più significative: le modifiche riguardanti la disciplina delle società partecipate, la trasparenza, l’amministrazione digitale e i servizi pubblici, tema quest’ultimo che confina con quello degli appalti. Volendo semplicemente coordinare il dibattito, la moderatrice, riservandosi il diritto di intervenire successivamente, ringrazia il Ministro presente per aver inaugurato il ciclo di seminari, essendo la sua presenza utile per una interpretazione autentica della legge in esame.
Nicola Lupo, Professore di Diritto delle Assemblee Elettive, LUISS Guido Carli
Il professor Lupo apre il suo intervento sottolineando che la sua presenza al tavolo non è dovuta ad una conoscenza approfondita relativa alla riforma della PA ma ha la sua ragion d’essere in qualità di coordinatore del Master in Parlamento e Politiche Pubbliche. In queste vesti Lupo, dunque, tiene a sottolineare la valenza formativa di questo ciclo di seminari. La possibilità, per gli studenti, di avere l’occasione di ascoltare i protagonisti che hanno contribuito a scrivere, ad applicare e successivamente a commentare questi testi risulta di estremo interesse. È giusto, quindi, che gli studenti svolgano questo ruolo in modo attivo e non meramente passivo. Passando all’oggetto dell’intervento due cose tiene a sottolineare Lupo. In prima battuta il rapporto tra riforma costituzionale in itinere e la riforma amministrativa. In seconda battura, invece, l’uso dello strumento della delega legislativa. In merito al primo punto, il professor Lupo afferma che la scelta di un approfondimento tematico riguardante la riforma della PA, essendo la riforma della Costituzione non ancora completa, risulta più attuale e necessaria. In riferimento allo strumento della delega legislativa, invece, emerge come la delega abbia numerosi pregi, essendo uno strumento flessibile che consente di stabilire dei principi cardine. Una riforma di così ampia portata trova proprio nel decreto legislativo il giusto strumento per arrivare in porto. In più vi sono altri strumenti, come i pareri del Consiglio di Stato (Consiglio che ha deciso di mettere in campo tutte le sue conoscenze e competenze intervenendo organicamente e a garanzia della logicità dei singoli interventi), quelli delle commissioni parlamentari, le relazioni della dottrina e dei gruppi di interesse, che avranno l’occasione di confluire nei decreti legislativi. È un processo circolare e ciò dimostra come sia essenziale la qualità del processo normativo e la qualità del prodotto. Così, conclude Lupo, anche la riforma costituzionale sarà una buona riforma se riuscirà a migliorare i processi di produzione normativa e molto dipende da ciò che verrà fatto per attuare e valorizzare le nuove e possibili norme costituzionali.
Antonio La Spina, Professore Ordinario di Public Policies presso LUISS Guido Carli
Il co-direttore del master in Management e Politiche delle Pubbliche Amministrazioni apre il suo intervento con la breve illustrazione del ciclo di seminari che si dedicheranno ad approfondire più aspetti della legge n. 124/2015. Il professore dichiara di voler concentrare il suo intervento sul tema della trasparenza e del freedom of information act (F.O.I.A.). Prima di passare all’oggetto dell’intervento, però, il relatore tiene a sottolineare che nel momento in cui si passa dalle previsioni legislative al decreto legislativo si è in presenza di un momento assai delicato ma che si presta bene all’applicazione della valutazione ex ante dei provvedimenti normativi. Se della valutazione se ne facesse buon uso, tutto ciò comporterebbe un enorme risparmio per i cittadini, per le imprese ma anche per le stesse amministrazioni. Infatti, tanto migliori saranno i provvedimenti normativi tanto meno vi saranno esigenze di interventi correttivi o addirittura sostitutivi. Venendo all’oggetto specifico dell’intervento, La Spina, dichiara che lo schema del decreto legislativo in materia di trasparenza afferma il principio del cd. F.O.I.A. che si concretizza, ad esempio, nel prevedere un accesso civico. Il decreto legislativo n. 33 del 2013, da un lato, ha avuto un importante ruolo ma, dall’altro, si è prestato all’obiezione di un eccesso di zelo, avendo scaricato pesanti e gravosi oneri in capo alla PA. L’attuale schema del decreto legislativo prova, a detta del relatore, ad alleggerire i suddetti oneri, “semplificando la semplificazione”. Ad esempio, si prevede l’abolizione dell’obbligo della previsione di un piano di trasparenza, essendo quest’ultimo contenuto nel piano relativo all’anticorruzione. Si prevedono, inoltre, un’altra serie di importanti compiti e funzioni in capo all’ANAC in materia di trasparenza. Nello stesso tempo però nel presente schema di decreto legislativo si prevedono nuovi e importanti obblighi rispetto al precedente d.lgs. n. 33 del 2013. Un esempio è testimoniato da alcuni obblighi in capo agli organismi indipendenti di valutazione, prevedendo in capo ad essi l’onere di pubblicazione dell’entità dei premi medi e i criteri per la fissazione dei premi per il personale dirigenziale e non. Quindi il presente schema di decreto risulta essere “un provvedimento molto articolato che tocca in vario modo diversi punti”. Molte sono state le osservazioni che sono nate in seguito alla circolazione dello schema del decreto legislativo. Ad esempio il Public interest group, il F.O.I.A. for Italy, aveva formulato alcune indicazioni puntuali e lo stesso Consiglio di Stato ha toccato alcuni punti importanti che sono in sintonia con il gruppo di interesse pubblico appena citato e che sono state accolte con interesse dallo stesso Ministro Madia. Proprio per questo la consultazione è importante, continua il professore, perché nel momento in cui il policy maker pensa ad una serie di possibili interventi normativi non può essere onnisciente e dunque il confronto risulta indispensabile. Tra le pieghe del testo dello schema vi sono, però, possibili soluzioni per introdurre paletti ad un uso universale dell’accesso civico dei contenuti. Per questa ragione tipizzare tassativamente i paletti all’accesso risulta doveroso e giustificabile. Infine, La Spina sottolinea come sarebbe opportuno alleggerire alcuni obblighi di informazione previsti dal decreto legislativo n. 33/13 e prevedere un obbligo di motivazione per l’opposizione di rifiuto al fine di rendere coerente il rifiuto con la figura del silenzio-diniego.
Marcello Clarich, Professore Ordinario di Diritto Amministrativo dell’università LUISS Guido Carli
Il professor Clarich concentra il suo intervento in merito all’impostazione che viene data alla legge n. 124/2015 e come essa stessa si ricolleghi alle precedenti riforme riguardanti le pubbliche amministrazioni. Infatti, la legge cd. “Madia” ha dei precedenti importanti. Se si guardano le precedenti iniziative di riforma della PA si possono rinvenire, sostanzialmente, due fasi che sono equiparabili per intensità e ampiezza all’attuale progetto di riforma: la prima fase è quella delle riforme cd. “Cassese”, riguardanti il periodo degli inizi anni ’90 e che ha rappresentato una stagione di grandissima progettazione di idee nuove e di tentativi assai alti e ambiziosi. Si ricorda, in proposito, la privatizzazione del pubblico impiego, i primi tentativi di semplificazione e tanti altri aspetti relativi all’organizzazione. La seconda fase riguarda la stagione delle riforme cd. “Bassanini” (97-99), ove vi fu un grande attivismo legislativo perpetuato con l’emanazione di numerosi decreti legislativi. Le riforme Bassanini si collocano lungo il filone aperto dal Ministro Cassese con una maggiore consapevolezza, però, delle difficoltà che si erano manifestate nel portare avanti il progetto riformatore in questa materia. Così, infatti, si avvia la completa privatizzazione del pubblico impiego, una più spiccata semplificazione dei procedimenti amministrativi e il cd. “federalismo amministrativo” a Costituzione invariata, anticipando la riforma costituzionale del 2001. La riforma Madia si colloca, dunque, in questo filone riformatore e vi sono molti elementi di continuità in questo sforzo, con l’obiettivo di modernizzare la pubblica amministrazione. Grazie all’intenso lavoro del Consiglio dei Ministri molti schemi dei decreti attuativi sono stati pubblicati nel rispetto dei termini previsti, avendo così entro il 2016 il pacchetto completo delle nuove disposizioni. A detta di Clarich le novità della cd. legge Madia sono importanti e assai ampie. La stessa legge, infatti, interviene sulle disposizioni riguardanti il procedimento amministrativo ove si assiste ad una rivisitazione e un miglioramento di alcuni istituti; in particolare il relatore si riferisce alla conferenza dei servizi dove l’esigenza di trovare modalità affinché le amministrazioni collaborino a più livelli, in tempi celeri, era una esigenza avvertita da tutti i cittadini. Molto importante, continua, è anche la riforma della dirigenza pubblica; una buona riforma della PA deve, infatti, necessariamente partire dal vertice ed è da lì che si possono successivamente prolungare nel tempo le novità e i nuovi modi di concepire la PA. Fondamentale sarà anche la riforma che riguarderà i servizi pubblici e le società pubbliche; proprio in questa materia la normativa è stata spesso fuori controllo “con una miriade di interventi correttivi animati da diverse e molteplici finalità con la conseguente incapacità delle amministrazioni di esercitare bene il loro ruolo di azionista”. Gli interventi sui servizi pubblici e sulle società partecipate rappresentano anche una operazione di nomenclatura, provando a sciogliere le varie incertezze in materia. La questione dei servizi pubblici locali è poi una questione di sistema, essendo detta materia rimasta inerte sull’agenda di diversi governi senza mai trovare un assetto coerente ed organico. Il relatore sottolinea, poi, anche le disposizioni riguardanti il tema assai ampio della trasparenza che, in passato, ha generato incertezza sia per le singole amministrazioni ma anche per gli stessi privati cittadini. Il decreto sulla trasparenza, prosegue Clarich, ricondurrà il sistema di regole nella giusta direzione, essendo un valore fondamentale da portare avanti ma con estrema razionalità. Infine, è di estrema importanza la delega riguardante il processo contabile che rappresenta una sorta di lacuna dell’ordinamento. Ormai, infatti, vi è la codificazione di tutti i processi, incluso quello amministrativo, eccezion fatta proprio per il processo contabile che è attualmente regolato da disposizioni che risalgono addirittura al periodo antecedente alla seconda guerra mondiale con testi normativi assai confusi e ora finalmente, con la delega contenuta nella legge Madia, la prospettiva di avere una piena e completa codificazione all’insegna di maggiori garanzie è un passo davvero importante. Il professore conclude il suo intervento con la considerazione che questa è una riforma a tutto campo che si inserisce nel solco delle riforme che da vent’anni si portano avanti e come in tutte le riforme sarà di estrema importanza la parte attuativa della legge. Le norme dovranno essere calate nella realtà, concretizzandosi in prassi e procedimenti amministrativi, in una PA che sia in grado di gestire al meglio questi strumenti di trasparenza, semplificazione ed efficienza.
Paola Severino
Prima di passare la parola al Ministro Madia, la professoressa Severino conclude gli interventi degli ospiti soffermandosi sul tema delle società a partecipazione pubblica. Tema che, a detta della relatrice, non è mai stato regolamentato in maniera unitaria. Le società a partecipazione pubblica, continua, sono delle strane bestie che hanno la testa d’uomo e il corpo di animale e sono il frutto della scelta dell’ente pubblico di adottare modelli di tipo privatistico: lo stato può scegliere di farsi ente pubblico o ente pubblico economico o ancora di partecipare come azionista di maggioranza o totalitario. Tutto ciò, si domanda la professoressa, cambia la struttura della società a partecipazione pubblica? Sul punto, si evidenzia che la dottrina e giurisprudenza sono contrastanti. Si osservano i primi commenti alla strutturazione dell’opera di riordino rispetto alle società a partecipazione pubblica. In questa materia la nuova normativa ha spostato il tema dai processi di accountabilty al tema del diritto comune. La professoressa, al riguardo, esprime le sue perplessità sul tema e concorda con lo spirito sotteso all’opera del riordino presente nella legge Madia perché afferma che la società a partecipazione pubblica deve avere un regime comune salvo che non sia assolutamente indispensabile derogare al codice civile. La regola per queste società è ora, prosegue, un governo di tipo privatistico salvo che non vi siano specifici motivi per derogarvi. Questo, ad avviso di chi parla, è molto importante perché foriero di conseguenze assai notevoli. In conclusione il funzionamento della governance di una società a partecipazione pubblica deve avere delle basi e dei criteri solidi.
Marianna Madia, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione
Il Ministro apre il suo intervento inscrivendosi in quella generazione cresciuta con il mito delle grandi riforme per il nostro paese. A crisi conclamata, le politiche di austerità e la conseguente visione di separazione tra lo Stato e il benessere dei popoli (come se il primo potesse perseguire obiettivi del tutto slegati dalla vita dei cittadini) sono state le cause di avvitamento della stessa crisi. Il Governo Renzi ha voluto dare risposta alla crisi provando ad intraprendere e riprendere la via delle grandi riforme. Il primo grande obiettivo che deve avere una buona riforma della PA è quello di non fermarsi alla Gazzetta Ufficiale ma diventare una riforma concreta nella vita delle persone. Questo è il primo auspicio rispetto alla riforma delle amministrazioni pubbliche; soltanto, infatti, non facendo fermare le riforme alla Gazzetta Ufficiale ma calandola all’interno della vita delle persone si può generare una nuova stagione di crescita e occupazione. Come si può, si domanda il Ministro, cambiare la vita delle persone? La risposta è in una buona dose di umiltà, partendo dalla percezione che oggi hanno i cittadini. Percezione che si concretizza, in Italia, in un eccesso di complicazione per svolgere ogni tipo di attività. Per questo attraverso le riforme si deve fare in modo che sia più semplice vivere ma anche lavorare e fare impresa e il tema della complicazione, tema non solo italiano in un mondo sempre più complesso, proprio nel nostro Paese è esasperato dalla miriade di leggi non sempre scritte con la cura che il legislatore dovrebbe avere; troppe leggi in un Paese con troppi livelli di governo con competenze spesso confuse. È opinione dell’On. Madia che sia fondamentale unire la riforma della PA al buon esito della riforma costituzionale che supera definitivamente le Province, già in parte superate con la legge Delrio; in più con la riforma costituzionale si ambisce a chiarire le competenze tra Stato e Regioni. In un contesto dove sia la giurisprudenza che una miriade di atti amministrativi hanno alimentato il grado di complessità del sistema, cosa prova a fare la riforma della PA in questo contesto? Prova, risponde il Ministro, a semplificare prima di tutto per dare velocità e certezze a tutte le altre riforme. Questo è un punto fondamentale anche per capirne la portata. Ad esempio se il Governo decide di fare una buona riforma della sanità o una riforma sugli ammortizzatori sociali ma tra la sanità riformata o i nuovi armonizzatori introdotti e il cittadino che vuole esercitare quel nuovo diritto si frappone una amministrazione che fa ostacolo, ecco che qualsiasi riforma non riesce a raggiungere il cittadino. Per questo la riforma della PA può essere definita “la riforma delle riforme” perché è tramite l’efficacia di questi interventi che si può assicurare velocità e certezza agli altri importanti cambiamenti che il Governo sta portando avanti per il Paese. La legge n. 124/2015, prosegue, è una legge che non introduce nuovi istituti giuridici, ed è un punto qualificante per il Ministro, poiché non va ad alimentare la confusione e la complessità dell’ordinamento giuridico ma interviene nelle distorsioni degli istituti già esistenti, per andare a sanare tutto ciò che non ha funzionato o ha funzionato solo parzialmente. Altro punto da sottolineare, a detta del Ministro, è che la legge delega e i conseguenti decreti legislativi rivestono la stessa importanza; lo stesso strumento della delega non è stato adoperato per rimandarne l’attuazione ad un momento successivo. Molte legislature hanno, infatti, usato lo strumento della delega legislativa per rimandare la risoluzione di uno o più problemi. I punti qualificanti di questa legge sono molteplici. Il primo è certamente la cittadinanza digitale. Nella cittadinanza digitale il Governo sa che una buona riforma della PA non può partire dagli stessi presupposti di venti anni fa. Le accelerazioni tecnologiche devono essere tenute in considerazione, bisogna fare i conti con le innovazioni tecnologiche riconoscendo che esse non solo consentono di fare enormi passi in avanti tecnici ma che sono anche mezzo per consentire di fare passi in avanti socialmente utili. Per questa ragione nella riforma si parla di cittadinanza digitale, volendo coniugare la parola innovazione con la parola diritti e uscendo dalla stagione in cui la parola digitalizzazione della PA era sempre intesa come una serie di obblighi per una nicchia di addetti ai lavori di ogni singola amministrazione che in solitudine cercavano di far rispettare i diversi adempimenti normativi. La legge, sfruttando la possibilità della tecnologia, mira ad introdurre una nuova modalità della cittadinanza digitale; il progetto si chiama Italia login proprio perché deve, in questo percorso attuativo, giungere a fornire al cittadino, con un unico sistema di autenticazione, i servizi pubblici dell’amministrazione e a scambiare dati e informazioni con la PA. Altra parola che lega la parola innovazione con quella dei diritti è il decreto sulla trasparenza. L’obiettivo prosegue, l’On. Madia, che si è provato a raggiungere nel d.lgs. sulla trasparenza è stato quello di chiarire, superando alcuni aspetti del decreto legislativo n. 33 del 2013, che la trasparenza non è un adempimento burocratico ma è una grande politica trasversale che ha dei grandi obiettivi proprio come politica pubblica in sé. La trasparenza consente ai cittadini di aggredire quella cd. zona grigia che va dallo spreco all’illecito. Sul punto il Ministro crede che sia la miglior politica di spending review, essendo essa non lineare ma qualitativa. Sessanta milioni di cittadini sono più attenti e vicini al taglio qualitativo e non a quello lineare. In questo senso la trasparenza diventa strumento potente per evitare lo spreco delle risorse della collettività e diventa anche strumento, secondo grande obiettivo, per una politica pubblica che può riavvicinare il cittadino alle istituzioni nel senso proprio di recuperare una collaborazione virtuosa tra chi amministra e chi viene amministrato. Proprio attraverso la collaborazione virtuosa, continua, si possono mettere in moto dei meccanismi che migliorano anche l’amministrazione. Punto importante dello schema di d.lgs. sulla trasparenza, oltre ad aver tolto eccessivi adempimenti burocratici rispetto al decreto del 2013, è quello dell’introduzione di una legislazione cd. F.O.I.A. per la quale è già presente un parere del Consiglio di Stato e saranno utili i pareri delle commissioni parlamentari. Vi è dunque spazio per migliorare e specificare numerosi aspetti del decreto; vi è però un punto dell’impianto molto innovativo, ossia appunto l’introduzione del F.O.I.A., che si invera nella possibilità di un accesso civico e generalizzato ai documenti delle pubbliche amministrazioni. Questo è un cambiamento sostanziale che porterà l’Italia a stare tra i paesi più avanzati. In più nel decreto si rafforza la legislazione relativa all’obbligo per le amministrazioni di far capire con chiarezza la gestione delle risorse pubbliche.
Altro obiettivo generale della riforma, continua il Ministro, è la certezza delle regole e dei tempi. Non entrando nel dettaglio dei singoli provvedimenti, la relatrice segnala la riforma della conferenza dei servizi e della scia unica, ove si chiariscono le regole, si dispone una accelerazione dei procedimenti e delle norme autoapplicative riguardanti il silenzio-assenso tra le amministrazioni e l’intervento sull’autotutela; tutti interventi che perseguono lo stesso obiettivo, fornendo certezza dei tempi e dei diritti. Aggredire il cd. nodo dell’incertezza è il vero punto da combattere perché l’incertezza di regole e di tempi ha creato problemi sia alle grandi imprese ma anche ai singoli cittadini. Il filo rosso della riforma è, dunque, quello di chiarire e specificare le regole, uscendo così dal libro dell’incertezza amministrativa.
Terzo filone importante è quello relativo ai dipendenti della PA. Afferma il Ministro che “chi lavora nella PA è il motore stesso per la PA ed è un valore che deve essere rilanciato.”
Nel decreto sui licenziamenti, spiega poi, si afferma un principio etico secondo cui chi ruba nella PA è fuori dalla PA. Bisogna uscire però dall’idea che le sanzioni siano lo strumento per la riforma della PA. Le sanzioni servono ma una volta chiuso il discorso relativo ai licenziamenti disciplinari, ci si dovrà occupare del tema relativo alla formazione dei dipendenti della PA, facendo della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) non un concorsificio ma un luogo ove si sviluppi una cultura pubblica. Tutte queste misure devono essere volte alla valorizzazione del principio secondo cui per un giovane, capace e meritevole, entrare nella PA sia un obiettivo ambizioso e possibile.
Non volendo avere la pretesa dell’esaustività, il Ministro conclude il suo intervento con un accenno al tema riguardante le società a partecipazione pubblica. La legge n. 124/2015 rappresenta un intervento parziale che riguarda solo le società e non altri enti. L’esigenza sottesa a questo intervento è stata quella di chiarire che cosa si applica alle società a partecipazione pubblica e cosa no. Vi è un punto, sottolinea la relatrice, che è importante rimarcare ossia che deve rimanere la valenza pubblicistica laddove vi è l’uso di risorse pubbliche. In linea generale l’ambizione del decreto è la omogeneizzazione, se si pensa che addirittura le banche dati di MEF e Corte dei Conti in tema delle partecipate non sono coincidenti
Con la speranza che i prossimi seminari siano utili e auspicio che la riforma diventi viva e concreta, il Ministro chiude il suo intervento ringraziando tutti i presenti.