“Regolamentazione bancaria e antitrust: appunti per un utilizzo strategico” – Tar Lazio – Roma 26 novembre 2015

16.12.2015

Il Convegno, organizzato da Intesa Sanpaolo, in collaborazione con Cosmec, ha offerto una panoramica sulle più recenti evoluzioni relative al settore bancario, analizzandone gli impatti sul mercato sotto il profilo antitrust

I lavori si sono aperti con il saluto del neo presidente del Tar Lazio, Carmine Volpe, al quale sono seguite le relazioni di Carmelo Barbagallo (Banca d’Italia), Francesco Sciaudone (Studio Grimaldi) e Vito Meli (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato).

Nella sessione pomeridiana, si sono svolti gli interventi di Jacques Moscianese (Intesa Sanpaolo), Antonio Catricalà (LUISS Guido Carli), Giuseppe Caruso (Tar Basilicata), Giovanni Calabrò (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) e Teresa Broggiato (ABI). 

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Lo scorso 26 novembre si è svolto, presso la Sala Conferenze del Tar Lazio, il Convegno su “Regolamentazione bancaria e antitrust: appunti per un utilizzo strategico”.

Dopo il saluto iniziale del neo presidente del Tar Lazio, Carmine Volpe, e l’introduzione di Jacques Moscianese (Intesa Sanpaolo), il Direttore Centrale per la Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, ha incentrato la propria relazione sul rapporto tra stabilità, tutela della clientela e concorrenza, alla luce, in particolare, dei processi (passati e presenti) di concentrazione nel settore bancario. Più precisamente, sono state esposte argomentazioni sia a sostegno di una dinamica di tipo concentrativo (maggiori economie di scala, contenimento dei costi medi nella produzione), sia contrarie a tale processo, in quanto ostative ad un pieno sviluppo del mercato (esternalità negative, applicazione di condizioni contrattuali meno vantaggiose dovute al maggiore potere di mercato dei gruppi di grandi dimensioni), in un contesto, quale quello italiano, caratterizzato da un livello di concentrazione tra i più bassi della zona euro.

Com’è noto, il sistema bancario italiano è attualmente sottoposto a varî cambiamenti: così, ad esempio, il salvataggio di alcuni istituti di credito e il recepimento nel nostro ordinamento della Bank Recovery and Resolution Directive. Barbagallo ha sottolineato che qualsiasi mutamento riguardante il comparto bancario non deve in alcun modo pregiudicarne la stabilità, e deve, in ogni caso, mirare a meglio soddisfare le esigenze della clientela.

A tal riguardo, vale notare che, anche a seguito di una comunicazione più trasparente da parte delle imprese bancarie, il cliente ha acquisito una maggiore consapevolezza in ordine al contenuto – e relative clausole – del contratto da sottoscrivere.

La tutela del consumatore deve essere garantita anche grazie all’utilizzo di altri strumenti, tra cui le azioni di public e private enforcement. Con riferimento all’esercizio dei poteri attribuiti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, “AGCM”), va segnalato il definitivo superamento della sovrapposizione di competenze tra Banca d’Italia e AGCM, suggellato ancora recentemente dal Protocollo del 14 ottobre 2014, rispetto al quale lo stesso Barbagallo, a conclusione del proprio intervento, ha espresso piena soddisfazione.

La seconda relazione è stata quella di Francesco Sciaudone (Studio Grimaldi) che ha preso in esame i casi più significativi, dal punto di vista antitrust, che hanno interessato il comparto bancario a livello nazionale e comunitario, compresa l’autorizzazione di alcune intese – quindi, potenzialmente, lesive della dinamica concorrenziale – volte al soddisfacimento di obiettivi di natura regolatoria e, per questo, avallate dall’AGCM.

Com’è emerso da una serie di precedenti ricordati dallo stesso Sciaudone, l’interrogativo da porsi, nell’ottica di mantenere un giusto equilibrio tra regole ed esigenze di mercato, è quello relativo all’identificazione degli strumenti di cooperazione tra le imprese da adoperare legittimamente senza determinare rapporti di tipo collusivo; d’altro canto, il solo fatto di operare in un mercato regolato potrebbe facilmente comportare uno scambio (ancorché minimo) di informazioni tra i players.

Il relatore ha, poi, affrontato un altro tema di rilievo, ossia l’approccio valutativo adottato dall’AGCM nell’analisi delle principali concentrazioni tra istituti di credito realizzate in Italia nell’ultimo decennio. In particolare, l’AGCM all’epoca si era incentrata soprattutto sul numero di sportelli detenuti da ciascuna banca (con l’eventuale obbligo di cessione parziale, in caso di autorizzazione condizionata, per evitare un’eccessiva concentrazione del mercato locale), in parte trascurando altre possibili problematiche come, ad esempio, la sovrapposizione tra prodotti offerti. Ad oggi, lo scenario competitivo risulta essere notevolmente mutato; pertanto, anche le tradizionali definizioni del mercato rilevante dovrebbero essere riviste ed aggiornate (si pensi, ad esempio, all’impatto sul mercato delle innovazioni tecnologiche che hanno permeato il settore bancario, al punto da sollevare diversi interrogativi, tra i quali, in particolare, se le banche, nell’offerta di servizi di pagamento mobile/online, si trovino a competere solamente tra loro o anche con società che, pur operando su mercati differenti, offrono lo stesso tipo di servizi o servizi pienamente sostituibili).

Il mantenimento di un adeguato regime concorrenziale è attribuibile, in tempi più recenti, soprattutto alla stretta connessione tra la normativa antitrust e quella posta a tutela del consumatore. Non è casuale, infatti, che alcune delle istruttorie più rilevanti in materia di intese o abusi nell’ambito creditizio siano state avviate partendo dalla valutazione circa la presunta scorrettezza delle condotte di alcuni operatori a danni dei propri clienti e consumatori finali, la cui capacitazione è andata via via accrescendosi nel corso del tempo.

A sua volta, Vito Meli (AGCM), ha focalizzato la propria attenzione sugli ultimi sviluppi (nazionali e comunitari) di quelle che sembrano essere le tematiche più attuali attinenti al comparto bancario, quali la moneta elettronica, le commissioni interbancarie (Multilateral Interchange Fees), ecc..

Alla relazione di Meli (il quale, inter alia, ha mostrato segnali di apertura verso un nuovo ciclo di operazioni concentrative, se del caso condizionate, affinché non siano lesive della concorrenza), è seguito un dibattito, nel corso del quale Barbagallo ha sottolineato come risulti spesso particolarmente complesso ponderare i diversi interessi in gioco nell’ambito di una merger sottoposta al vaglio delle autorità competenti.

Nella sessione pomeridiana del Convegno, i lavori sono stati aperti dalla relazione di Jacques Moscianese (Intesa Sanpaolo), che ha evidenziato l’importanza strategica per le aziende dell’adozione di un efficiente programma di compliance antitrust, dotato di regole e procedure disincentivanti la commissione di un illecito anticoncorrenziale. Intesa Sanpaolo ha implementato un programma di compliance, valido per l’intera sua struttura presente su tutti i continenti, basato su un manuale di policy antitrust, un team dedicato a tale funzione e un’intensa attività di formazione ex ante (in aula, e-learning, webinars, workshop) per mitigare il rischio di violazione della normativa posta a tutela della concorrenza e del consumatore.

La predisposizione di un programma di compliance antitrust, risultando in taluni casi particolarmente onerosa, può rappresentare un investimento se, dall’adozione di esso, se ne ottiene “un ritorno”, in termini di assenza di illeciti anticoncorrenziali commessi (e, di conseguenza, assenza di sanzioni). Il buon funzionamento di un programma di compliance antitrust rappresenta, quindi, un asset che incide sulla valutazione di un’azienda; rispetto ai modelli di programma di compliance ad oggi più conosciuti (su tutti, il “Toolkit” elaborato, tra gli altri, dai legali antitrust delle imprese facenti parte della Camera di Commercio Internazionale), Moscianese ha suggerito l’inclusione di un parte relativa al rispetto della normativa vigente in materia di aiuti di stato.

Gli altri interventi della giornata hanno affrontato argomenti più specifici; in particolare:

– L’ex presidente AGCM Antonio Catricalà ha ripercorso le tappe più significative del proprio mandato alla guida della stessa con riferimento al settore bancario, definendo alcuni di questi passaggi come tasselli di una vera e propria ‘rivoluzione culturale’.

– Giuseppe Caruso, presidente del Tar Basilicata, ha incentrato la propria analisi sullo strumento di advocacy, a disposizione dell’AGCM, previsto dall’art. 21-bis della legge n. 287/1990.

– Giovanni Calabrò (AGCM) ha passato in rassegna i principali interventi dell’Autorità nel settore bancario, dal divieto di interlocking, alla piena attribuzione delle competenze all’AGCM, all’attività di enforcement per le violazioni alle norme contenute nel codice del consumo.

– La relazione di Teresa Broggiato (ABI) ha sottolineato gli aspetti di maggiore interesse per gli operatori nel comparto bancario: tra questi, il riconoscimento di adeguati programmi di compliance tra le circostanze attenuanti che l’AGCM può applicare in sede di quantificazione dell’importo di una propria sanzione (Punto 23 delle “Linee Guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in applicazione dell’articolo 15, comma 1, della legge n. 287/90” – Delibera AGCM 22 ottobre 2014, n.25152), con l’auspicio che i suddetti programmi possano essere realizzati ad hoc, mediante un’interazione costante con la stessa AGCM. Alcune perplessità sono state sollevate in merito alla previsione del divieto di compensazione per l’estinzione anticipata del mutuo (ancora presente in molti ordinamenti europei), mentre, con riferimento al divieto di interlocking, è stata suggerita un’applicazione “ragionata” della norma, sul modello statunitense.

– Il Consigliere di Stato Roberto Giovagnoli si è soffermato sugli impatti della giurisprudenza “Grande Stevens”, la natura penale delle sanzioni antitrust, secondo i tre criteri fissati nella sentenza Engel risalente agli inizi degli anni ’70, e sul sindacato debole o forte che il giudice amministrativo è legittimato ad esercitare.

a cura di Filippo Alberti