Direttiva BRRD: maggiori tutele per depositi e creditori

02.11.2015

È stata definitivamente approvata, il 2 luglio 2015, dalla Camera dei Deputati, la legge di delegazione europea 2014 contenente i criteri per la trasposizione nell’ordinamento nazionale di diverse direttive europee.  Di particolare interesse sono i profili di novità derivanti dalla direttiva 2014/59/UE (cosiddetta BRRD) che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.

Le nuove norme, infatti, pongono in essere un regime armonizzato per la gestione delle crisi delle banche, che prevede:

  1. misure di prevenzione delle crisi e misure di intervento precoce per la gestione di casi di banche in difficoltà;
  2. misure tese ad una rapida risoluzione di casi di crisi che ne contengano i rischi, salvaguardando la stabilità finanziaria del Paese;
  • strumenti di intervento – alternativi alla liquidazione, nei casi di possibili ripercussioni sistemiche – comuni per tutti i Paesi membri;
  1. istituzione del Fondo nazionale di risoluzione.

Rispetto alla attuale legislazione – che prevede la non assoggettabilità delle banche a procedure concorsuali diverse dalla liquidazione coatta amministrativa – le nuove norme che derivano dal recepimento della direttiva BRRD disciplineranno la procedura di risoluzione, di nuova introduzione, in alternativa alla liquidazione coatta amministrativa, fermo restando un deciso limite  alle possibilità di attuare misure di sostegno pubblico, al fine di ridurre il rischio di utilizzo di risorse dei contribuenti per i salvataggi di singole istituzioni bancarie.  

La nuova disciplina, ad ogni modo, si pone l’obiettivo di impedire che i creditori subiscano perdite maggiori di quelle che avrebbero sopportato in caso di liquidazione coatta amministrativa, secondo la normativa oggi in vigore.

Al tempo stesso, la direttiva esclude esplicitamente alcune categorie di crediti non ricomprese nel contributo alla risoluzione della crisi bancaria. In particolare, oltre ai “depositi protetti” (vale a dire, i depositi ammessi al rimborso da parte di un sistema di garanzia, fino a 100.000 euro) sono escluse le passività garantite, le disponibilità detenute dalla banca per conto del cliente, o i crediti da lavoro o dei fornitori, cui si aggiungono altre categorie di crediti che l’autorità di risoluzione può escludere, al ricorrere di determinate condizioni.

Per quanto riguarda il meccanismo di risoluzione, il coinvolgimento delle categorie di crediti, non escluse dalla direttiva, segue un ordine preciso: in primo luogo, è previsto, infatti,  l’azzeramento del capitale e delle riserve (con perdite per gli azionisti) e, solo se necessaria, la successiva svalutazione o conversione degli strumenti aggiuntivi di capitale e delle altre categorie di debito subordinato, da estendere, in ultima istanza, ai crediti non subordinati e non garantiti.
Qualora azionisti e creditori abbiano assorbito le perdite per un ammontare pari almeno all’8% del totale passivo (“bail-in minimo”) – anche in presenza di sostegno finanziario pubblico – la Banca di Italia può utilizzare anche le risorse del Fondo nazionale di risoluzione, lasciando così indenni alcune categorie di creditori.

Infine, tra gli aspetti di maggior rilievo, si richiama l’introduzione, da parte della direttiva BRRD di criteri di privilegio dei crediti (“depositor preference”): attraverso il recepimento della direttiva, infatti, gli Stati membri operano una modifica alla gerarchia dell’insolvenza volta a favorire i crediti dei depositanti rispetto ai crediti chirografari. Le forme di tutela maggiore riguardano tutti i depositi fino a 100.000 euro (depositi protetti) e i depositi, oltre questa soglia, di persone fisiche, microimprese e PMI. In questi casi è sempre escluso il bail-in, mentre in ragione della depositor preference, anche i depositi sopra soglia di persone fisiche e PMI potranno risultare sostanzialmente indenni.

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