Sulla possibilità (o meno) di disporre l’esclusione del concorrente che ometta di rendere la dichiarazione di cui all’art. 38, co. 1, lett. c) del Codice dei contratti pubblici, pur avendo i requisiti morali prescritti dalla stessa norma (Consiglio di Stato, sez. III, 7 gennaio 2015, n. 25).

21.05.2015

A cura di Daniele Majori

 

Con la sentenza in esame, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulle conseguenze giuridiche che discendono dalla mera omissione della dichiarazione di cui all’art. 38, co. 1, lett. c) del Codice dei contratti pubblici, qualora la lex specialis non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione.

 

Nella fattispecie, l’odierna appellante partecipava a una procedura negoziata per l’affidamento dei servizi di gestione delle attività dello sportello unico integrato indetta da una ASL e, dopo essersi classificatasi al secondo posto in graduatoria, impugnava gli atti di gara dinanzi al Tar Lazio, sede di Roma.

 

Tra i motivi di ricorso, la ricorrente in primo grado eccepiva l’illegittimità della mancata esclusione dell’A.T.I. aggiudicataria per non aver la mandante presentato la dichiarazione ex art. 38, co. 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 riguardante il socio di maggioranza della società medesima.

 

Con la sentenza n. 3548/2014, il Tar Lazio, sez. Terza Quater, in parte respingeva e in parte dichiarava improcedibile il ricorso proposto.

 

Con particolare riferimento al motivo concernente la mancata esclusione del raggruppamento aggiudicatario, il Tar – considerato, in punto di fatto, che era indiscussa la mancanza di tale dichiarazione, così come era incontestabile l’assenza di precedenti penali e di condanne a carico del succitato socio di maggioranza – riteneva di dover conseguentemente valutare le specifiche conseguenze giuridiche della censurata omissione.

 

Ad avviso del Tar, nella fattispecie, dall’omissione in discorso non poteva farsi discendere l’esclusione dell’A.T.I. aggiudicataria dalla gara.

 

E ciò per il testo letterale del disciplinare di gara, il cui art. 2, punto 4 – nell’indicare dettagliatamente i soggetti che dovevano presentare la dichiarazione di mancanza di precedenti penali e di condanne – mancava di annoverare i soci di maggioranza delle società a responsabilità limitata, con conseguente possibile induzione in errore della società interessata, che aveva prodotto soltanto la dichiarazione del legale rappresentante.

 

Ciò posto, il Tar riteneva espressamente applicabile il principio elaborato dall’Adunanza Plenaria 16 ottobre 2013, n. 23 (sebbene in relazione ad una fattispecie diversa), secondo cui – a fronte della non univocità della norma circa l’onere dichiarativo dell’impresa nell’ipotesi prevista dall’art. 38, co. 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 – qualora la lex specialis non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione, quest’ultima può essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione ex art. 38 cit., ma soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione.

 

Inoltre – aggiungeva il Tar – assumeva comunque carattere assorbente la circostanza che il soggetto che aveva omesso di rendere la dichiarazione era sì socio di maggioranza della mandante, ma senza poteri rappresentativi, con la conseguenza che alcuna dichiarazione, in ogni caso, avrebbe dovuto essere resa.

 

La seconda classificata proponeva appello al Consiglio di Stato, dolendosi, tra l’altro, del rigetto di detta censura.

 

Il Consiglio di Stato ha però confermato la sentenza appellata, e, nel dettaglio, ha ritenuto infondata la doglianza in discorso con una motivazione, per certi versi, ancor più netta di quella del Tar (dal momento che la Sezione Terza non risulta aver espressamente preso in esame la suindicata assenza di poteri rappresentativi in capo al socio di maggioranza, come invece aveva fatto il Tar, che l’aveva considerata altresì una circostanza assorbente).

 

Il Collegio ha infatti rilevato che – sebbene, in generale, ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163/2006, per le società a responsabilità limitata, siano tenuti a rendere la dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di carattere generale gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza, il direttore tecnico, il socio unico persona fisica ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci – tuttavia, nella fattispecie, la lex specialis non risulta in alcun modo intelligibile in tal senso, atteso il suindicato contenuto del disciplinare di gara.

 

Pertanto – continua il Consiglio di Stato – si verte in tema di omissione di un onere dichiarativo non sancito dalla legge di gara, in relazione al quale vale la regola secondo cui la P.A. è rigidamente vincolata dalla lex specialis e non può disporre l’esclusione dalla gara per cause diverse da quelle ivi espressamente previste, in virtù del principio dell’autovincolo e dell’affidamento, corollari dell’art. 97 Cost.

 

La Sezione Terza ha così concluso nel senso che «deve dunque in tal caso prevalere una visione sostanzialistica (cfr Cons. Stato, Ad. Plenaria, n. 10/2012), che ammette l’esclusione solo laddove, in concreto, il soggetto di cui si tratti sia privo dei requisiti morali previsti dall’art. 38 del D. lgs n. 163 del 2006; il che, nella fattispecie, come correttamente rilevato dal T.A.R., non è contestato».

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