Corte di Cassazione, sez. III, 24 Marzo 2015 n.5866 : sulla risarcibilità del danno catastrofale.

21.05.2015

a cura di Lucia Rossi

A seguito della difficoltà di stabilire un contatto con la paziente che non parla la lingua italiana, la difficoltà dei sanitari di entrare in contatto con la stessa, non può considerarsi sufficiente a giustificare un’assenza di lucidità.

Secondo la Suprema Corte è incongruo ritenere che, indicata la paziente come “vigile” e capace di esprimersi, si perviene alla conclusione che la stessa non sia lucida per il solo fatto di non riuscire a stabilire un contatto con i medici a seguito della ripetizione della stessa frase pronunciata nella lingua di origine come risposta alle domande dei sanitari.

La reciproca difficoltà di stabilire un contatto non risulta sufficiente a giustificare una valutazione di assenza di lucidità in quanto tale ripetitività, a detta della Corte, può ben costituire espressione di un drammatico spavento, del tutto compatibile con la condizione di chi sente di trovarsi in pericolo di vita.

Inoltre, la Corte, specifica che non è giuridicamente corretto escludere la risarcibilità del danno catastrofale per il solo fatto di uno status di vigilanza limitato nel tempo: ciò che rileva per affermare il diritto al risarcimento, non è tanto la durata quanto l’effettiva esistenza di un danno catastrofale , ossia dello sconvolgimento psichico patito da chi si trovi a cogliere- anche per un periodo di breve durata- il proprio momento terminale, mentre l’elemento della durata della sofferenza può incidere unicamente sulla quantificazione del risarcimento.

admin


Scarica documento