Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 5/05/2014 n. 13 sulla possibilità dell’amministrazione regionale di esercitare il potere di annullamento d’ufficio dopo la conclusione del contratto di swaps stipulato con gli istituti bancari.

19.05.2015

 

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 5/05/2014 n. 13 sulla possibilità dell’amministrazione regionale di esercitare il potere di annullamento d’ufficio dopo la conclusione del contratto di swaps stipulato con gli istituti bancari.

a cura di Flaminia D’Angelo

Con la sentenza in commento, l’Adunanza Plenaria affronta la questione circa il rapporto tra il potere di autotutela ex art. 21-nonies L. 241/90 e la fase di esecuzione del contratto.

La questione rimessa alla Adunanza Plenaria ha tratto origine dall’impugnazione, da parte della Dexia Crediop, degli atti amministrativi in autotutela adottati dalla regione Piemonte con cui l’ente territoriale aveva annullato d’ufficio le autorizzazioni alla stipulazione di contratti derivati (cd. swaps) sottoscritti con alcuni istituti bancari.

In particolare, nel 2006, la Regione aveva emesso due prestiti obbligazionari, l’uno del valore nominale di € 1.800 milioni riservato ad investitori istituzionali con scadenza trentennale e tasso di interesse variabile, e l’altro del valore nominale di € 56 milioni, destinata a fondazioni bancarie italiane, con durata di sette anni e tasso d’interesse fisso.

La Regione e gli istituti bancari, selezionati mediante una gara informale per l’organizzazione ed il collocamento sul mercato della prima emissione obbligazionaria, avevano poi concordato di affiancare ai due prestiti la stipula dei contratti di swaps in modo da permettere, da un lato, l’accantonamento periodico delle somme necessarie al rimborso alla scadenza, e dall’altro, di disporre delle risorse necessarie a pagare le cedole ai sensi dell’art. 41, co. 2, L. 28 dicembre 2001 n. 448: in questo modo venivano tutelati sia l’emittente dalle fluttuazioni dei tassi di interesse che gli istituti bancari dal rischio di default dello Stato.

Nel 2011, tuttavia, la Regione aveva proceduto, con delibera della Giunta regionale n. 243305/2012, ad annullare d’ufficio la precedente delibera n. 1353655 del 2006 recante l’autorizzazione alla stipulazione dei contratti di swaps: la regione Piemonte aveva maturato la convinzione che i suddetti contratti derivati fossero illegittimi tanto perché violativi della normativa vigente in materia, quanto perché inidonei a realizzare davvero il contenimento dei costi dell’indebitamento a causa di costi impliciti – e non comunicati dalla banche in violazione degli obblighi di corretta informazione ­– che avevano determinato ulteriori esborsi da parte della Regione così ledendo l’equilibrio finanziario dell’ente territoriale.

La Dexia Crediop, uno degli istituti bancari con cui erano stati stipulati gli swaps, aveva impugnato tali atti di autotutela innanzi al T.A.R. Piemonte.

In primo grado, tuttavia il TAR aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione ritenendo che «con i provvedimenti impugnati nel presente giudizio la regione Piemonte abbia rivestito di forma pubblicistica e autoritativa atti che, nella sostanza, esprimono nulla più che la volontà dall’amministrazione di sciogliersi unilateralmente da un vincolo contrattuale ritenuto invalido e squilibrato fonte di prestazioni reciproche squilibrate. Si tratta, quindi, di un negozio giuridico unilaterale sulla cui validità e sulla cui idoneità ad incidere sulla sorte del contratto stipulato deve necessariamente pronunciarsi il giudice civile (nel caso di specie, il giudice inglese, per espressa pattuizione delle parti)».

La regione Piemonte aveva contestato in appello le statuizioni della sentenza impugnata evidenziando, al contrario, che «l’autotutela sarebbe stata esercitata non sui rapporti contrattuali in essere, ma sull’originaria fase prodromica, in cui, secondo l’assunto, emergevano vizi inerenti il contenimento del costo dell’indebitamento e mancate previsioni sulla struttura dei contratti derivati, elementi che portavano ad oneri finanziari gravosi, non previsti e contrari alla legge».

Valutata la possibilità di contrasti giurisprudenziali, la V Sezione del Consiglio di Stato aveva rimesso la questione all’esame dell’Adunanza Plenaria ex art. art. 99, comma 1, c.p.a.

In particolare, la questione rimessa all’Adunanza Plenaria riguardava la necessità di verificare se, una volta concluso il contratto a seguito di una procedura ad evidenza pubblica e versandosi ormai nella fase di esecuzione del rapporto contrattuale, la P.A. conservasse comunque la possibilità di agire in autotutela sugli atti della procedura concorsuale, annullandoli (così determinando la caducazione o invalidità del contratto sottoscritto) ovvero se lo scioglimento del rapporto dovesse essere esclusivamente gestito mediante gli istituti tipici del diritto comune quali recesso e risoluzione.

Pur condividendo i principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 10 del 2011 secondo cui gli “atti prodromici vanno, sul piano logico, cronologico e giuridico, tenuti nettamente distinti dai successivi atti negoziali, sempre imputabili all’ente pubblico, con cui l’ente, spendendo la sua capacità di diritto privato, pone in essere un contratto societario. Gli atti prodromici attengono al processo decisionale, che da ultimo si esterna nel compimento di un negozio giuridico societario. Mentre per un soggetto privato il processo decisionale resta ordinariamente relegato nella sfera interna del soggetto, e ciò che rileva è solo il negozio giuridico finale, per un ente pubblico esso assume la veste del procedimento amministrativo”, il Collegio non li ha ritenuti applicabili al caso di specie.

«Affinché un determinazione amministrativa possa assumere la natura dell’atto prodromico, nel senso tecnico considerato dalla giurisprudenza – ha ritenuto infatti l’Adunanza Plenaria – occorre che sia individuabile nell’atto stesso il compimento di un processo decisionale ossia la formazione della volontà di compiere un atto di diritto privato, di cui l’ente abbia valutato ed approvato il contenuto, e che ciò risulti verificabile in base al procedimento seguito. In tal caso l’atto assume dignità provvedimentale e può essere autonomamente valutato sul piano della legittimità, e formare oggetto di impugnazione in sede giurisdizionale ovvero di autotutela. In tal senso la Corte di Cassazione a SS.UU. 27 luglio 2013, n. 17780, che ha affermato la giurisdizione (ndr. amministrativa) su un atto perché da considerarsi prodromico in quanto assunto a conclusione di un procedimento amministrativo e indirizzato a sintetizzare le valutazioni discrezionali dell’amministrazione».

Il Collegio non ha ravvisato tuttavia nelle determinazioni della Giunta Regionale, né la natura di atti prodromici, né la loro veste procedimentale né la precisa volontà di procedere alla stipula di contratti derivati, salva la generica possibilità di farvi ricorso ove se ne fosse ravvisata l’opportunità, e salvo il rinvio a future negoziazioni che ne stabilissero i concreti contenuti.

Queste circostanze hanno portato la Plenaria a ritenere che «lo scopo dell’annullamento dei contratti in questione, a carico dei quali la Regione aveva ravvisato, secondo gli esiti di apposita consulenza, molteplici cause di illegittimità, doveva essere perseguito tenendo conto della natura privatistica degli atti di cui assume l’invalidità e della conseguente posizione paritaria rivestita dall’ente pubblico che si sia vincolato contrattualmente al soggetto privato (art. 1, comma 1-bis l. n. 241 del 1990)» e quindi mediante strumenti di diritto comune quali il recesso o la risoluzione e non mediante l’annullamento d’ufficio della delibera n. 1353655 del 2006 con conseguente effetto caducante (o viziante) del contratto: tale via sarebbe stata infatti praticabile solo se l’atto presupposto avesse assunto realmente carattere di atto prodromico rispetto alla successiva contrattazione.

Nella fattispecie in esame, la Plenaria ha evidenziato invece come «l’atto di annullamento impugnato reca, bensì, l’imputazione dei vizi dei contratti alla deliberazione del 2006, ma si tratta di un mero artificio che non impedisce di riconoscere che la materia del contendere nella presente controversia è costituita, non dal sindacato sulla legittimità di un atto di imperio, ma dal giudizio sulla fondatezza dei vizi addebitati ai contratti, che, secondo il fondamentale principio affermato dalla Corte costituzionale con la sent. n. 204 del 2004, esula dalla giurisdizione amministrativa».

Nonostante l’Adunanza Plenaria concluda riconoscendo che la questione esuli dalla giurisdizione amministrativa, la sentenza in commento acquista un particolare rilievo laddove si considera che il Collegio sembra aderire all’impostazione prevalente in giurisprudenza secondo cui, anche a seguito della conclusione di un contratto, la P.A. conserva comunque il potere di incidere in autotutela ex art. 21-nonies L. 241/90 (cd. annullamento d’ufficio) sugli atti prodromici alla sua stipula, determinando come conseguenza l’effetto caducante o viziante sul contratto per effetto dell’annullamento dell’atto presupposto.

 

 

 

f.dangelo


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