Procedura negoziata senza bando: presupposti e modalità di ricorso all’istituto, divieto di alterazione sostanziale delle condizioni iniziali del contratto e legittimazione degli operatori economici di settore a contestare giudizialmente l’affidamento diretto dell’appalto (Consiglio di Stato, sez. V, 9 marzo 2015, n. 1159).

15.05.2015

A cura di Daniele Majori

 

Con la sentenza in esame, il Consiglio di Stato si è pronunciato su diversi profili, sostanziali e processuali, connessi all’illegittimo esperimento di una procedura negoziata senza bando.

 

Nella fattispecie, le tre società ricorrenti in primo grado proponevano ricorso al Tar Veneto contro la determina comunale di affidamento, con procedura negoziata senza pubblicazione di bando, dell’appalto del servizio di trasporto scolastico per l’anno 2013/2014 alla controinteressata, impugnando contestualmente anche il bando della precedente gara pubblicato il 18 luglio 2013 e il relativo capitolato speciale.

 

Le ricorrenti esponevano che il servizio di trasporto interessato era stato oggetto, poco prima, di una gara a procedura aperta per gli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015, con facoltà di ulteriore aggiudicazione al medesimo aggiudicatario per ulteriori due anni, per un valore complessivo indicato per il primo biennio in euro 150.075,00.

 

Tale gara era andata deserta.

 

Le tre società suindicate avevano presentato all’Amministrazione altrettante istanze con le quali avevano domandato di essere invitate all’eventuale procedura negoziata che sarebbe stata indetta per l’assegnazione del servizio. Le loro istanze erano però rimaste prive di riscontro.

 

Inoltre, le stesse istanti avevano appreso che il Comune, senza interpellarle, aveva assegnato la commessa a trattativa privata alla controinteressata (che aveva già svolto il servizio negli anni precedenti), aumentando tuttavia il corrispettivo dell’appalto, rispetto al bando finito deserto, ad euro 110.609,90 annue.

 

Pertanto, le società contestavano il suddetto affidamento sia sotto il profilo del loro mancato coinvolgimento nella procedura negoziata, sia perché le condizioni economiche dell’affidamento erano più favorevoli di quelle definite dal bando di gara del 18 luglio 2013.

 

Con la sentenza n. 1212/2014, il Tar Veneto accoglieva il ricorso, annullando l’affidamento impugnato, in quanto la stazione appaltante aveva alterato significativamente il dato economico del contratto, prevedendo un aumento del corrispettivo del servizio (a detta del Tar originariamente previsto in circa 35.000 euro annui).

 

In tal modo, l’Amministrazione aveva violato l’art. 57, co. 2, lett. a), d.lgs. n. 163/2006 (il quale dispone che “nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto”), dal momento che la suindicata alterazione essenziale e significativa del dato economico negoziale aveva modificato radicalmente la natura della richiesta della stazione appaltante, così da impedire la legittima utilizzazione dell’istituto della procedura negoziata.

 

In particolare, sempre ad avviso del Tar, la significativa modifica della parte economica del contratto aveva reso quest’ultimo remunerativo, con conseguente interesse dei diversi imprenditori all’aggiudicazione, come comprovato dal fatto che neppure il precedente aggiudicatario aveva manifestato – alle condizioni originariamente indicate dal bando – interesse all’aggiudicazione del servizio poi assegnato allo stesso a trattativa privata e senza pubblicazione del bando.

 

Avverso tale sentenza proponeva appello il Comune, lamentando innanzitutto la mancata rilevazione, da parte del Tar, di due supposti profili di inammissibilità dell’originario ricorso per asserito difetto di legittimazione delle ricorrenti in primo grado, le quali: da un lato, non avevano partecipato alla gara indetta il 18 luglio 2013; dall’altro lato, non avrebbero avuto interesse a rendersi appaltatrici alle condizioni del contratto concluso con la controinteressata, avendo già dimostrato di ritenerle antieconomiche proprio con la suddetta mancata partecipazione alla precedente gara.

 

Inoltre, il Comune addebitava alla sentenza di primo grado anche un’erronea valutazione dei documenti di causa e un travisamento dei fatti, assumendo in sintesi:

– che non vi sarebbe stato il tempo, data l’urgenza, di organizzare una procedura negoziata ristretta coinvolgendo anche le ricorrenti, ma solo la possibilità di contrattare con la ditta che già svolgeva il servizio;

– che erroneamente il Tar, nel riportare le condizioni economiche dell’affidamento in contestazione, si era riferito all’importo di euro 110.609,90 annue oltre IVA, in quanto tale ammontare sarebbe stato in realtà comprensivo dell’IVA;

– che lo stesso Tar era incorso in errore anche quando aveva indicato la misura del corrispettivo precedentemente previsto in circa 35.000 euro annui, in quanto il bando pubblicato il 18 luglio 2013 recava per il primo biennio l’importo di euro 150.075,00.

 

La Sezione Quinta del Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ha respinto integralmente l’appello del Comune.

 

Preliminarmente, il Consiglio di Stato ha ritenuto le ricorrenti legittimate alla proposizione dell’originario ricorso introduttivo, rilevando: a) che l’Adunanza Plenaria n. 4/2011, nell’enunciare la regola generale per cui la legittimazione al ricorso spetta ai soli soggetti partecipanti alla gara, ha ricordato che questa subisce alcune deroghe (§ 39 della sentenza), tra le quali proprio quella che riconosce la legittimazione dell’operatore economico “di settore” che intenda contestare un affidamento diretto o senza gara; b) che, inoltre, le condizioni del contratto che le società ricorrenti in primo grado hanno realmente dimostrato di reputare insostenibili (con valutazione, peraltro, comune a tutti gli operatori del bacino, atteso che la gara è finita deserta) erano evidentemente quelle poste a base del bando appena menzionato, e non anche le condizioni diverse, e più remunerative, che il Comune ha poi riconosciuto con l’atto di affidamento contestato.

 

Nel merito, la Sezione Quinta ha dapprima disatteso l’apodittico assunto dell’Amministrazione appellante, secondo cui le circostanze di urgenza del caso concreto non avrebbero consentito altra soluzione che una trattativa con l’impresa che aveva assicurato il servizio nella stagione precedente, anche considerando che, a mente del comma 2, lett. c), dell’art. 57 cit., l’Ente avrebbe dovuto dimostrare, in primo luogo, l’imprevedibilità e la non imputabilità ad esso delle circostanze determinative dell’urgenza allegata.

 

Inoltre, lo stesso articolo citato, al comma 6, stabilisce che la stazione appaltante debba comunque selezionare almeno tre operatori economici, invitandoli contemporaneamente a presentare le offerte oggetto della negoziazione.

 

Con riferimento alla sostanziale divergenza delle condizioni economiche assicurate all’affidatario con la determinazione impugnata rispetto a quelle che erano state poste a base della precedente gara, il Consiglio di Stato – pur riscontrando la sussistenza di alcuni dei suindicati errori dedotti dall’appellante – ne ha confermato l’indubbia rilevanza ai fini dell’illegittimità della procedura in contestazione.

 

E ciò tenuto conto che, nella fattispecie, la maggior remunerazione accordata alla controinteressata superava di oltre il 30% le condizioni economiche poste poco prima a gara dalla stessa Amministrazione (tant’è che, come si è detto, la controinteressata, che aveva omesso di partecipare alla gara bandita il 18 luglio 2013, evidentemente ritenendo non remunerative le relative condizioni, era poi pervenuta ad una valutazione opposta in relazione a quelle stabilite dalla determinazione di affidamento oggetto di causa).

Alessandroa.baroni