Corte Costituzionale, 18 luglio 2013, n. 202 – In tema di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno

10.05.2015

di Anna Ditta

Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale dell’art. 5, comma 5, e art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (Disposizioni sull’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato) promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, nel procedimento vertente tra S.B. e il Ministero dell’Interno ed altra.

Norme impugnate e parametri di riferimento

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 5, comma 5, e 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

L’automatismo ostativo alla permanenza sul territorio nazionale dello straniero condannato, anche in via non definitiva, per alcuni reati (fra i quali quelli in materia di stupefacenti) disposto in generale dall’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, è escluso, in via di eccezione, nelle ipotesi previste dai successivi artt. 5, comma 5, e 9, rispettivamente per coloro che hanno esercitato il diritto al ricongiungimento familiare e per coloro che richiedono un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. In tali casi eccezionali, infatti, è prevista una valutazione discrezionale della pericolosità attuale dello straniero da parte della pubblica amministrazione, che deve tenere conto di elementi quali la durata del soggiorno, il grado di inserimento sociale e lavorativo dello straniero e i suoi legami familiari, senza che l’autorità amministrativa possa rifiutare il permesso di soggiorno o il suo rinnovo automaticamente per il solo fatto dell’intervenuta condanna.

Secondo il Tribunale rimettente, da ciò deriverebbe l’illegittimità costituzionale degli artt. 5, comma 5, e 9 del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui essi non estendono le eccezioni ivi stabilite a coloro che si trovano nelle condizioni sostanziali per ottenere il ricongiungimento familiare o il permesso di soggiorno di lungo periodo, ma non hanno richiesto i relativi provvedimenti: tale disciplina, infatti, determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento di situazioni consimili, con una illegittima compromissione della tutela della famiglia e dei minori, quale garantita dalla Costituzione ai sensi degli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost. e dall’art. 8 della CEDU come applicato dalla Corte di Strasburgo, integrante il parametro di cui all’art. 117, primo comma, Cost.

Argomentazioni della Corte

La Corte rileva che la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998 deve dichiararsi inammissibile per difetto di rilevanza nel giudizio a quo, dovendo il TAR decidere sulla legittimità di un provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, disciplinato dall’art. 5 del d.lgs. n. 286 del 1998, e non trovando l’art.9 ( relativo al permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) applicazione nel caso di specie.

La Corte afferma che, nel merito, la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998, è fondata.

In precedenza, la Corte ha affermato che al legislatore è riconosciuta un’ampia discrezionalità nella regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale. Nell’ambito di questa discrezionalità, il legislatore può anche prevedere casi in cui, di fronte alla commissione di reati di una certa gravità, ritenuti particolarmente pericolosi per la sicurezza e l’ordine pubblico, l’amministrazione sia tenuta a revocare o negare il permesso di soggiorno automaticamente e senza ulteriori considerazioni; ma occorre pur sempre che una simile previsione possa considerarsi rispettosa di un bilanciamento, ragionevole e proporzionato ai sensi dell’art. 3 Cost., tra l’esigenza, da un lato, di tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato e di regolare i flussi migratori e, dall’altro, di salvaguardare i diritti dello straniero, riconosciutigli dalla Costituzione.

Nel caso in esame, la disposizione impugnata delimita l’ambito di applicazione della tutela rafforzata, che permette di superare l’automatismo solo nei confronti dei soggetti che hanno fatto ingresso nel territorio in virtù di un formale provvedimento di ricongiungimento familiare, determinando così una irragionevole disparità di trattamento rispetto a chi, pur versando nelle condizioni sostanziali per ottenerlo, non abbia formulato istanza in tal senso. Simile restrizione viola l’art. 3 Cost. e reca un irragionevole pregiudizio ai rapporti familiari, che dovrebbero ricevere una protezione privilegiata ai sensi degli artt. 29, 30 e 31 Cost.

Ad analoghe considerazioni conduce anche l’esame dell’art. 8 della CEDU. La Corte di Strasburgo ha, infatti, sempre affermato (ex plurimis pronuncia 7 aprile 2009, Cherif e altri c. Italia) che gli Stati mantengono il potere di espellere gli stranieri condannati per reati puniti con pena detentiva. Tuttavia, quando nel Paese dove lo straniero intende soggiornare vivono i membri stretti della sua famiglia, occorre bilanciare in modo proporzionato il diritto alla vita familiare del ricorrente e dei suoi congiunti con il bene giuridico della pubblica sicurezza e con l’esigenza di prevenire minacce all’ordine pubblico, valutando una serie di elementi quali, ad esempio, la natura e la gravità del reato commesso dal ricorrente; la durata del soggiorno dell’interessato; il lasso di tempo trascorso dalla commissione del reato e la condotta del ricorrente durante tale periodo; la situazione familiare del ricorrente, la durata del suo matrimonio, il fatto che dal matrimonio siano nati dei figli e la loro età, le difficoltà che il coniuge o i figli rischiano di trovarsi ad affrontare in caso di espulsione.

Conclusioni

La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 5, del decreto legislativo 286 del 1998  nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale si applichi solo allo straniero che “ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare” o al “familiare ricongiunto”, e non anche allo straniero “che abbia legami familiari nel territorio dello Stato”.

Inoltre, dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata con l’ordinanza in epigrafe in relazione all’art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998.

Giurisprudenza richiamata

– Sul bilanciamento di tutti i diritti e gli interessi coinvolti in materia di immigrazione v. sent. n. 172 del 2012, n. 245 del 2011, nn. 299 e 249 del 2010, n. 148 del 2008, n. 206 del 2006, n. 78 del 2005.

– Sulle disposizioni legislative che incidono in modo sproporzionato e irragionevole sui diritti fondamentali degli stranieri v. sent. n. 245 del 2011, n. 299 e n. 249 del 2010.

– Sugli automatismi procedurali in tema di immigrazione, basati su una presunzione assoluta di pericolosità, sent. n. 57 del 2013, n. 172 e n. 110 del 2012, n. 231 del 2011, n. 265, n. 164 e n. 139 del 2010.

– Sulla valutazione «sistemica e non frazionata» dei diritti fondamentali da parte della Corte v. sent. n. 170 e n. 85 del 2013, e n. 264 del 2012.

 

Alessandroa.baroni