Corte costituzionale, sentenza n. 27 del 2014 (illegittimità di una legge finanziaria regionale, con riguardo al mancato rispetto del limite alle nuove assunzioni e alla decadenza automatica dei direttori generali delle Asl)

30.05.2014

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 1, e 34, comma 1, della legge della Regione Molise 17 gennaio 2013, n. 4 (Legge finanziaria regionale 2013), in riferimento agli artt. 97, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione.

Secondo la parte ricorrente l’art. 12, comma 1, della legge reg. n. 4 del 2013 nella parte in cui prevede che «gli Enti inseriti nella Sezione II della Tabella A1, allegata alla medesima legge regionale n. 2/2012, sono transitoriamente autorizzati a procedere alla copertura della dotazione organica e del relativo fabbisogno triennale di personale con le modalità indicate dalle leggi istitutive» contrasterebbe con l’art. 117, terzo comma, Cost. perché, prevedendo la possibilità di nuove assunzioni, violerebbe il principio fondamentale in materia di «coordinamento della finanza pubblica» stabilito dall’art. 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2007), come modificato dall’art. 14, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, secondo il quale gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale.

 

La Corte costituzionale ha dichiarato fondata la questione, dal momento che l’interpretazione data alla disposizione da parte del ricorrente è corretta, ovvero che l’art. 12, comma 1, della legge reg. n. 4 del 2013 consente agli enti di cui alla Sezione II della Tabella A1 allegata alla legge della Regione Molise 26 gennaio 2012, n. 2 (Legge finanziaria regionale 2012), di procedere a nuove assunzioni senza alcun riferimento ai limiti di spesa per esse previsti, contenuti nella normativa nazionale in materia di personale delle pubbliche amministrazioni.

 

La Corte costituzionale ricorda i commi 557 e 557-ter dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 (come risultanti a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 14, comma 7, del d.l. n. 78 del 2010) sono già stati qualificati dalla stessa Corte come principi generali di «coordinamento della finanza pubblica» che le Regioni devono rispettare. Si richiamano, in particolare, le sentenze n. 69 e 108 del 2011 e la sentenza n. 169 del 2007; e ancora la sentenza n. 148 del 2012.

La norma impugnata, dunque,  – si legge nella decisione – consente agli enti di cui alla Sezione II della Tabella A1 allegata alla legge reg. n. 2 del 2012 di procedere a nuove assunzioni in assenza, tuttavia, di un piano per il raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 1, comma 557, della legge n. 296 del 2006, in particolare con riferimento alla riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti ed alla razionalizzazione ed allo snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici.

Risulta, quindi, palese la violazione dei principi di «coordinamento della finanza pubblica» e di conseguenza dell’art. 117, terzo comma, Cost.

 

La seconda questione ha ad oggetto l’art. 34 della legge reg. n. 4 del 2013, rispetto al quale il ricorrente lamenta che la norma impugnata, nella parte in cui prevede, al comma 1, che «al termine della legislatura decadono tutte le figure nominate a vario titolo, ragione o causa dal Presidente della Giunta, dalla Giunta regionale e dal Consiglio regionale», applicandosi anche alle nomine dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, violerebbe il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost. Inoltre, risulterebbe violato anche l’art. 117, terzo comma, Cost. perché la norma si porrebbe in contrasto con la normativa statale in materia di incarichi dei direttori generali. E, ancora, si lamenta la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. perché l’art. 34, comma 1, impugnato inciderebbe su rapporti contrattuali vigenti, determinandone la decadenza, con invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile».

Anche con riguardo a questa seconda questione la Corte costituzionale dichiara la fondatezza. Ricorda il Giudice costituzionale di aver più volte dichiarato l’illegittimità costituzionale di norme regionali che prevedevano la decadenza automatica dei direttori generali delle aziende sanitarie locali (sentenze n. 152 del 2013; n. 228 del 2011; n. 304, n. 224 e n. 34 del 2010; n. 104 del 2007). Evidenzia, poi, la Corte che la disposizione impugnata, trovando applicazione nei confronti della tipologia di figure dirigenziali delle aziende sanitarie locali – le quali esercitano funzioni di carattere gestionale e non sono legata all’organo politico da un rapporto diretto –, viola l’art. 97 Cost. sotto più profili: innanzitutto, essa è in contrasto con il principio di buon andamento, perché il meccanismo di decadenza automatica incide sulla continuità dell’azione amministrativa (sentenze n. 228 del 2011, n. 304 e n. 224 del 2010); in secondo luogo, il carattere automatico della decadenza dall’incarico del direttore, previsto dalla disposizione impugnata, viola i principi di efficienza e di efficacia dell’azione amministrativa, perché esclude una valutazione oggettiva dell’operato del funzionario (sentenze n. 224 e n. 34 del 2010); in terzo luogo, la disposizione impugnata viola il principio di imparzialità dell’azione amministrativa, perché introduce un’ipotesi di cessazione anticipata e automatica dall’incarico del direttore generale dipendente da un atto dell’organo politico (sentenze n. 228 del 2011 e n. 224 del 2010); infine, la disposizione impugnata viola il principio del giusto procedimento, perché non prevede «il diritto del funzionario di intervenire nel corso del procedimento che conduce alla sua rimozione e di conoscere la motivazione di tale decisione» (sentenze n. 34 del 2010 e n. 390 del 2008).

La Corte costituzionale dichiara, dunque, l’illegittimità dell’art. 12, comma 1, della legge della Regione Molise 17 gennaio 2013, n. 4 (Legge finanziaria regionale 2013); e dell’art. 34, comma 1, della legge della Regione Molise n. 4 del 2013, nella parte in cui non esclude gli incarichi di funzione dirigenziale di cui all’art. 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

A cura di Giovanna Perniciaro

 

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