SUL COTTIMO FIDUCIARIO E SUI LIMITI IN CUI PUO’ APPLICARSI IL PRINCIPIO DELLA ROTAZIONE EX ART. 125 DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI (Consiglio di Stato, sez. III, 12 settembre 2014, n. 4661).

22.05.2014

A cura di Daniele Majori

Con la sentenza in rassegna, il Consiglio di Stato si è pronunciato su un caso peculiare di ricorso alla procedura di cottimo fiduciario e sulla legittimità del mancato invito del gestore uscente alla stessa procedura, deliberato dall’Amministrazione in asserita applicazione del principio della rotazione previsto dall’art. 125 del Codice dei contratti pubblici.

Com’è noto, infatti, il cottimo fiduciario di cui all’art. 125 d.lgs. n. 163/2006 è una procedura negoziata che, pur procedimentalizzata, non richiede tuttavia il necessario rispetto dello specifico assetto disciplinare predisposto dal Codice dei contratti pubblici per le procedure aperte e ristrette, ma la cui disciplina normativa è data dal «rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici» (commi 8 e 11).

Nella fattispecie, alla scadenza del contratto, l’Amministrazione indiceva una procedura di cottimo fiduciario per l’affidamento del servizio, per la durata di 24 mesi e una spesa complessiva presunta non superiore ad euro 205.500 più IVA, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso.

L’invito a presentare offerte veniva rivolto ad oltre 1700 ditte, mentre il gestore uscente del servizio non veniva invitato dall’Amministrazione, in dichiarata applicazione del principio della “rotazione” di cui al suddetto art. 125.

Pertanto, il gestore uscente impugnava la delibera di indizione della procedura, nonché gli atti ad essa connessi e presupposti, dinanzi al Tar Puglia – Lecce. In particolare, la ditta ricorrente deduceva:

(i) che nella specie non si poteva adottare la procedura del cottimo fiduciario (con le regole inerenti, fra cui quella della rotazione) in quanto l’importo di euro 205.500, più IVA – a detta della ricorrente – sarebbe stato superiore alla soglia comunitaria prevista per gli appalti di servizi di cui all’art. 125, co. 9 d.lgs. n. 163/2006, asseritamente fissata in euro 200.000 per effetto del Regolamento (CE) 30 novembre 2011, n. 1251;

(ii) che, oltre a ciò, non sussisteva il requisito dell’urgenza per l’utilizzazione del cottimo fiduciario;

(iii) che, in ogni caso, non si giustificava l’esclusione a priori del gestore uscente del servizio.

Il ricorso veniva respinto con sentenza n. 2087/2014, in quanto il Tar riteneva:

a) che la scelta del cottimo fiduciario fosse legittima, in quanto il Regolamento (CE) n. 1336/2013 della Commissione del 13 dicembre 2013, entrato in vigore il 1° gennaio 2014, ha determinato le nuove soglie di applicazione della disciplina comunitaria in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti, elevando tra l’altro ad euro 207.000 la soglia per gli appalti di servizi del genere in discorso, sicché la base d’asta, indicata in euro 205.500 nella delibera di indizione della gara, risultava inferiore a detta soglia comunitaria;

b) che sussistesse il requisito della “urgenza”, poiché il contratto con il gestore uscente era scaduto e si era in regime di proroga;

c) che il principio della “rotazione”, imposto dal citato art. 125, giustificasse il mancato invito del gestore uscente.

Quindi, il gestore uscente proponeva appello al Consiglio di Stato, in primo luogo riconoscendo che effettivamente la predetta soglia comunitaria è stata elevata ad euro 207.000, ma eccependo altresì che tale cifra si sarebbe raggiunta anche nella fattispecie, in quanto all’importo di euro 205.500 si sarebbero dovuti aggiungere euro 1.500 per oneri relativi alla sicurezza, non soggetti a ribasso, in base alle previsioni del bando e del capitolato speciale. Inoltre, l’appellante riproponeva le altre censure suindicate.

Ebbene, con la sentenza in esame, la Sezione Terza – dopo aver dichiarato inammissibile il primo motivo di appello (relativo al preteso superamento della soglia comunitaria), poiché le precisazioni succitate costituiscono un mutamento sostanziale del primo motivo del ricorso introduttivo, giustamente rigettato dal Tar nella formulazione in cui era stato proposto – ha ritenuto fondato ed assorbente il terzo motivo del ricorso di primo grado, relativo all’illegittimità della decisione di escludere dalla gara il gestore uscente.

Nello specifico, tale esclusione risultava espressamente motivata sul presupposto che il gestore uscente, qualora fosse stato invitato, avrebbe avuto un indubbio vantaggio rispetto agli altri operatori economici nel formulare offerta, compromettendo perciò la par condicio dell’intera procedura di gara.

Detta motivazione – che era stata interpretata dal Tar come una legittima espressione del principio della rotazione ex art. 125 d.lgs. n. 163/2006 – è stata ritenuta dal Consiglio di Stato irragionevole ed incongrua rispetto alle peculiarità della fattispecie concreta.

Osserva infatti la Sezione Terza, che «nel contesto dell’art. 125 del codice dei contratti pubblici il principio della “rotazione”, imposto con riferimento alla procedura di “cottimo fiduciario”, appare concepito dal legislatore come una contropartita, o un bilanciamento, del carattere sommario e “fiduciario” della scelta del contraente».

Ed invero, il “cottimo fiduciario” è definito dallo stesso art. 125 come «una procedura negoziata… previa consultazione di almeno cinque operatori economici» ed è, perciò, non una vera e propria gara, ma una trattativa privata (si veda anche l’art. 3, co. 40, dello stesso Codice, che contiene la definizione del termine “procedura negoziata”), quindi una scelta «ampiamente discrezionale».

Tale discrezionalità – rileva il Consiglio di Stato – «si esercita in (almeno) due momenti: primo, l’individuazione delle cinque ditte da “consultare”; secondo, la scelta del contraente fra le ditte consultate. La discrezionalità è temperata, ma non eliminata, da alcuni principi, quali la “trasparenza” (che implica il dovere di una previa formulazione e comunicazione dei criteri della scelta, etc.) e, appunto, la “rotazione” (per evitare che il carattere discrezionale della scelta si traduca in uno strumento di favoritismo)».

Su queste premesse, la Sezione Terza ha ritenuto che, nel caso di specie, il riferimento al principio della “rotazione” – inteso come esclusione dall’invito di un operatore già interessato ad un rapporto contrattuale con la stessa Amministrazione – sia non pertinente e privo di ogni ragion d’essere. In proposito, basti considerare che l’ente appaltante, pur avendo fatto richiamo all’art. 125 del Codice dei contratti pubblici, ha impostato la procedura come una gara vera e propria – da aggiudicare con il criterio del prezzo più basso, ai sensi dell’art. 82, co. 2, lett. b) dello stesso Codice, invitando ben 1771 ditte – vale a dire senza alcuna discrezionalità né alcuna negoziazione. Pertanto, «in una gara siffatta – caratterizzata da un’amplissima apertura e dall’assenza di ogni discrezionalità ovvero fiduciarietà – non vi sono margini per supposti favoritismi».

Inoltre, la pretesa condizione di vantaggio del gestore uscente – in forza del rapporto contrattuale in corso con l’Amministrazione – nella formulazione dell’offerta, non può costituire una ragione sufficiente per escludere un candidato da una gara che si svolge con la piena trasparenza che è assicurata dalla formula del maggior ribasso.

Sulla base di tali motivazioni, quindi, il Consiglio di Stato ha annullato gli atti impugnati nella parte in cui prevedevano l’esclusione dalla procedura del gestore uscente, con conseguente ammissione tardiva dello stesso alla presentazione dell’offerta ovvero, qualora ciò non fosse possibile, con l’obbligo dell’Amministrazione di bandire nuovamente l’intera procedura.

Alessandroa.baroni