Invito alla lettura. – Estratto dalla Prefazione al Libro di L. Monti , Ladri di Futuro . La rivoluzione dei giovani contro i modelli economici ingiusti, LUISS Press, Roma 2014.

14.05.2014

Il furto del futuro operato ai danni delle nuove generazioni è inquadrato da Luciano Monti in un contesto complesso ed articolato, una vera e propria ricostruzione della scena o del luogo del crimine. L’indagine, però, non si limita a considerare fatti ormai noti quali il ciclo economico recessivo, l’accelerato tasso di disoccupazione giovanile o il generale calo di fiducia.

L’obiettivo, infatti, non è trovare il capro espiatorio, ma una soluzione al generation divide, il ritardo delle giovani generazioni agli appuntamenti essenziali della loro vita: professionale, personale e sociale.

L’analisi esce dal contesto emergenziale e ripercorre la storia del successo e del declino di un modello economico, quello “sviluppista”, che ancorché prevalente, non è mai stato l’unico riferimento culturale. Le riflessioni condotte da numerosi studiosi dimostrano che la crisi attuale era annunciata e, secondo l’autore, necessaria per il superamento di modelli e stili di vita anacronistici.

Il percorso di “scoperta” si allarga anche all’ascolto di autorevoli voci che provengono dal coro di scienziati di tutte le discipline, dalla fisica e dalla bioeconomia, alla psichiatria, alla neuro economia e alla psicologia, passando per l’elaborazione del concetto di giustizia globale e di equità intergenerazionale prodotto dal pensiero filosofico e dell’effimera esistenza nella storia dell’homo oeconomicus, denunciata dagli antropologi.

Lo scenario, in una trama quasi narrativa, si espande ben oltre la luce proiettata dall’ipotetico lampione della ragione – per parafrasare Jean Paul Fitoussi – e, attraverso strade sino ad ora non sufficientemente illuminate, scopre che la prima ad essere stata derubata è la Natura, gravata da una pesante impronta ecologica. Natura che presenta il conto alle generazioni che devono e dovranno convivere con il processo di adattamento ai mutamenti climatici e con gli oneri di mitigazione imposti dai limiti delle risorse.

Si tratta di una realtà capolinea della storia, di un paradigma dominante e punto di partenza per un futuro non ancora ben definito, ma certamente differente da quello previsto.

Luciano Monti non si limita ad esporre le correnti di pensiero sostenitrici di nuovi modelli, quali la decrescita, la crescita sostenibile e la net devolution. Egli riscopre i sentieri indicati da coloro che sostengono, come Ivan Illich, che la prima rivoluzione, l’andare oltre il paradigma dominante consiste nel superamento dell’attuale immaginario collettivo di ciò che è il benessere, la vita sociale e le tappe della propria esistenza; e da coloro che, come il fisico Ilya Prigogine, colgono, nelle prospettive di un mondo e di una economia in continua dissipazione, i germi di un sistema più complesso ma foriero di nuovi scenari, che, in quanto ignoti oggi, non saranno deterministicamente peggiori degli attuali.

I richiami e le analogie con gli anni della Grande Depressione, e le luci accese da economisti quali Keynes, fisici quali Einstein e letterati quali Hesse, sono costanti e, ora come allora, ne scaturisce uno quadro che si colora di speranza.

Il futuro, quel nuovo futuro che le giovani generazioni ragionevolmente vorranno e potranno cogliere, non è stato rubato, ma nascosto da coloro che non hanno nessun interesse a farlo trasparire, perché timorosi di perdere i loro privilegi.

In questa ottica Monti traccia i contorni di una politica economica in grado di ridurre il generation divide, non tanto per riprendere una crescita economica quanto per riaffermare la consapevolezza delle proprie forze, della propria volontà e delle opportunità che si presentano.

Vengono alla luce tre pilastri, quello educativo, quello di sostegno agli investimenti pubblici, nei settori energetico e ambientale, e quello fiscale. Pilastri innervati non da una politica nazionale ma in chiave europea, consapevole che la sfida è troppo grande per essere giocata su un piano locale. La strada tracciata non è artatamente vaga, tale da non destare preoccupazioni nei portatori dei variegati, numerosi e sedimentati interessi precostituiti; non è una proposta contro la Casta ma oltre la Casta, che non prevede la fuga dai mondi prefigurati da Huxley e Orwell o l’approdo in universi olistici o postmoderni, né la supina accettazione di un processo di integrazione europea che ha violato gli originari intendimenti.

Quello prefigurato è un percorso in salita, faticoso, che impone sacrifici a tutti, a partire dai giovani, che devono superare i condizionamenti ricevuti dai loro padri e reinventarsi il futuro; sino ai più maturi, che devono fornire un contributo di solidarietà per assicurare le risorse economiche per ridurre le grandi diseguaglianze e saldare il conto con il Pianeta.  La sostenibilità integrata, in conclusione, consiste nel coniugare le esigenze di riequilibrio della ricchezza con l’adattamento al nuovo contesto ambientale. E’ questa la peculiarità del lavoro, certamente da sviluppare in tutte le sue declinazioni economiche, ma che, come lo stesso autore dichiara, non vuole e non deve essere ridotta negli schemi di un modello previsivo. Se, infatti, la proposta formulata è nuova, l’approccio scelto, cioè la rinuncia a qualsiasi pianificazione preventiva e ipoteca sui risultati, è la vera rivoluzione annunciata.

A questo punto, l’identificazione dei ladri non è più l’obiettivo, perché altre sono le sfide che attendono le giovani generazioni.

di Giuseppe Di Taranto