Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 settembre 2014 n. 4674 sulla responsabilità precontrattuale della P.A. a fronte di attività provvedimentale legittima nonché del danno da perdita di chance in materia di procedure ad evidenza pubblica

12.05.2014

a cura di Flaminia D’Angelo

 

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ritorna sulla questione dell’individuazione dei presupposti necessari per il riconoscimento della responsabilità precontrattuale in capo alla pubblica amministrazione a fronte di attività provvedimentale legittima nonché del danno da perdita di chance.

La sentenza ha tratto origine da una complicata vicenda che ha contrapposto l’Anas S.p.A. ed la Multiservice Srl, società che è risultata aggiudicataria della procedura di gara per l’affidamento dei servizi di “ordinaria manutenzione per la sistemazione delle opere in verde e pulizia delle pertinenze lungo le strade statali del Molise” per il triennio 2009-1011.

Dopo la conclusione della gara e l’individuazione dell’aggiudicatario, l’amministrazione si era infatti determinata nel senso di esercitare la facoltà di non aggiudicare la gara ex art. 81 co. 3 Dlgs 163/06. La società aggiudicataria, quindi, ritenendo sussistenti i requisiti di cui all’art. 56 co. 1 lettera a), ha proposto all’amministrazione di eseguire i servizi mediante procedura negoziata ma questa ha rigettato la proposta.

La società pertanto ha impugnato il provvedimento di rigetto innanzi al Tar Molise che ha accolto, in sede cautelare, le argomentazioni della ricorrente.

L’Anas, purtuttavia, non ha proceduto all’aggiudicazione della gara alla società ricorrente e contestualmente ha avviato, invece, una procedura di autotutela; la società aggiudicataria ha quindi provveduto a mettere in mora l’amministrazione. Nonostante la suddetta diffida, l’Anas ha disposto l’annullamento/revoca della procedura di gara contestata, con contestuale indizione di una nuova procedura comparativa.

La società ha impugnato quindi il provvedimento di riesame nonché tutti gli altri atti relativi alla nuova procedura di evidenza pubblica innanzi al Tar Molise il quale, tuttavia, ha respinto il ricorso dichiarandolo improcedibile e ha dichiarato infondati i motivi.

Avverso tale sentenza, la Multiservice S.r.l. ha proposto appello innanzi al Consiglio di Stato il quale ha statuito sulla vicenda con la sentenza in oggetto.

Il Consiglio di Stato, in particolare, ha confermato la decisione del Tar Molise sulla non utilità del ricorso, rigettando, di conseguenza, l’istanza risarcitoria volta ad ottenere la reintegrazione in forma specifica o per equivalente del danno subito o, in via subordinata, il risarcimento del danno per equivalente, ma ha riconosciuto in capo all’appellante il diritto al risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale dell’Anas.

In particolare, il Collegio ha colto l’occasione per procedere all’inquadramento sistematico della fattispecie della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione il cui fondamento normativo si rinviene nell’art. 1337 c.c. che sancisce l’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative nella formazione del contratto.

In realtà, ha chiarito il Consiglio di Stato come l’iter evolutivo della responsabilità precontrattuale dell’amministrazione sia stato segnato da una serie di fasi successive.

Fino agli anni 50 si riteneva infatti che tale forma di responsabilità non fosse configurabile in capo alla P.A. per due ragioni: da un lato si riteneva che la P.A. non potesse, nel corso della sua attività, compiere atti illeciti essendo la sua attività preordinata al raggiungimento di un pubblico interesse; dall’altro, un’eventuale indagine del giudice ordinario, volta all’accertamento della responsabilità della pubblica amministrazione, si sarebbe trasformata in un inammissibile sindacato giudiziale sulle modalità di esercizio di poteri discrezionali.

Successivamente con la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 1675/1961 è stata per la prima volta riconosciuta la configurabilità di questa forma di responsabilità in capo alla P.A. in due sole ipotesi: a) ingiustificato recesso da una trattativa privata pura e b) violazione del dovere di correttezza e buona fede nel rapporto instauratosi successivamente all’aggiudicazione della gara; in questi casi, infatti, si riteneva che l’amministrazione si spogliasse dei propri doveri pubblicistici ed operasse come un qualunque altro soggetto. Diversamente, tale forma di responsabilità veniva esclusa nell’ipotesi di pubblico incanto e licitazione privata perché si riteneva che gli interessati non potessero rivestire la qualità di “parte contraente”, e quindi godere della tutela ex articolo 1337 c.c., ma fossero semplicemente “partecipanti alla gara”.

Un ulteriore passo in avanti è stato compiuto quando la giurisprudenza ha riconosciuto la responsabilità precontrattuale della P.A. anche nell’ipotesi di svolgimento di attività amministrativa legittima, qualora tale attività avesse comunque leso il principio di affidamento e buona fede (Adunanza Plenaria 6/2005).

Attualmente quindi la giurisprudenza, con riferimento alle procedure di evidenza pubblica, ritiene configurabile la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione “sia in presenza del preventivo annullamento per illegittimità di atti della sequenza procedimentale sia nell’assodato presupposto della loro validità ed efficacia: a) nel caso di revoca dell’indizione della gara e dell’aggiudicazione per esigenze di una ampia revisione del progetto, disposta vari anni dopo l’espletamento della gara; b) per impossibilità di realizzare l’opera prevista per essere mutate le condizioni dell’intervento; c) nel caso di annullamento d’ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall’amministrazione solo successivamente all’aggiudicazione definitiva e che avrebbe potuto rilevare già all’inizio della procedura; d) nel caso di revoca dell’aggiudicazione, o rifiuto a stipulare il contratto top dopo l’aggiudicazione per mancanza dei fondi”(così, Cons. Stato N. 5245/2009).

Ad un tale approdo la giurisprudenza è pervenuta valorizzando la distinzione tra regole di validità (la cui violazione determina l’annullabilità o la nullità del provvedimento illegittimo con eventuale risarcimento del danno per lesione dell’interesse legittimo o del diritto soggettivo) e regole di condotta (la cui violazione nella fase delle trattative dà luogo a responsabilità precontrattuale) le quali operano su piani distinti,  tanto che il Collegio ha chiarito che “non è necessaria la violazione delle regole di validità per aversi responsabilità precontrattuale, così come la non osservanza delle regole di condotta può non determinare l’invalidità della procedura di affidamento”.

Nel caso specifico, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’Anas fosse incorsa in responsabilità precontrattuale in quanto con il suo comportamento aveva violato le regole di correttezza e buona fede: da un lato, perché aveva richiesto requisiti non necessari all’espletamento del servizio nell’ambito della prima gara indetta, dall’altro, perché aveva impiegato quasi un anno per ravvisare l’irrazionalità dei requisiti tecnici prescritti a pena di esclusione.

Così riconosciuta la responsabilità precontrattuale in capo all’Anas, il Collegio si è poi soffermato sul problema della quantificazione del danno che, come noto, deve essere parametrato all’interesse negativo (a non intraprendere una trattativa inutile) comprensivo del danno emergente – e cioè delle spese sostenute dall’impresa per partecipare alla gara – e del lucro cessante – e cioè della perdita di ulteriori occasioni di stipulazione di altri contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (cd. “perdita di chances”).

In particolare il Consiglio di Stato ha chiarto la natura della danno da perdita di chance evidenziando come esso non corrisponda ad un danno futuro – che riguarda un pregiudizio non attuale ma soggetto a ristoro purché certo o altamente probabile – ma, al contrario, costituisca un danno attuale che si identifica proprio con l’impossibilità di conseguire un risultato utile e che “postula, a tal fine, la sussistenza di una situazione presupposta, concreta ed idonea a consentire la realizzazione del vantaggio sperato, da valutarsi sulla base di un giudizio prognostico e statistico fondato sugli elementi di fatto allegati dal danneggiato”.

Tale esame della sussistenza del danno da perdita di chance, secondo la giurisprudenza prevalente, deve intervenire: “a) attraverso la constatazione in concreto della sua esistenza, ottenuta attraverso elementi probatori; b) attraverso una articolazione di argomentazioni logiche, che, sulla base di un processo deduttivo rigorosamente sorvegliato, inducono a concludere per la sua sussistenza; c) attraverso un processo deduttivo secondo il criterio elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione del c.d. “È più probabile che non”, e cioè alla luce di una regola di giudizio che ben può essere integrata dai dati della comune esperienza da, invincibili del dall’osservazione dei fenomeni sociali”.

Proprio in applicazione di quest’ultimo criterio, il Collegio ha ritenuto comprovata, nel caso di specie, la sussistenza anche della voce del lucro cessante demandando  all’amministrazione di formulare, entro 60 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, una proposta di risarcimento che tenga conto delle voci sopra evidenziate.

Alessandroa.baroni


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