Il caleidoscopio del sistema nazionale della sicurezza

09.05.2014

Roma, 10 aprile 2014, Università Luiss “Guido Carli

 

Il 10 aprile 2014, presso l’Università Luiss “Guido Carli”, si è svolta una tavola rotonda avente ad oggetto “Il caleidoscopio del sistema nazionale della sicurezza”, nel corso della quale è stato presentato il libro del Cons. Carlo Mosca “La sicurezza come diritto di libertà. Teoria generale delle politiche della sicurezza”.

Dopo un saluto introduttivo del Prof. Gian Candido De Martin, nel quale ha rimarcato come nel sistema di sicurezza delle comunità locali sussista un intreccio di competenze tra i vari livelli di governo della Repubblica di cui bisogna tenere conto per una compiuta disamina della problematica, il Dott. Vincenzo Antonelli ha presentato le linee guida del volume di Mosca, evidenziandone l’approccio interdisciplinare e la lettura complessiva della sicurezza nei suoi molteplici aspetti (cioè come sicurezza “costituzionale”, “partecipata”, “sussidiaria”, “negoziata”, “locale/federale”, “europea”).

In particolare, tre sono le linee interpretative seguite da Mosca: le radici costituzionali della sicurezza (intesa anche in una accezione più ampia di garanzia), l’interpretazione della sicurezza secondo un’ottica libertaria e, soprattutto, un approccio pluralistico, sia nei rapporti tra i vari livelli di governo della Repubblica, sia tra soggetti pubblici e privati.

Nel suo intervento, il Cons. Carlo Mosca ha evidenziato come l’Amministrazione dell’Interno risalga ormai a 210 anni fa, essendo sorta dall’idea dell’accentramento napoleonico dei primi dell’800 che comunque privilegiava, già dall’origine, il rapporto con i territori mediante la rete delle Prefetture, fino a quel momento soffocati dal notabilato locale. Nel tempo, il Dicastero dell’Interno, da Ministero di Polizia, ha recuperato progressivamente una visione garantista dei diritti civili e sociali, tanto da poter oggi sostenere una dimensione plurale della sicurezza superando quella contrapposizione tra sicurezza e libertà (foriera di ingiustificate violazioni dei diritti individuali) a favore di una visione compiutamente democratica derivante dall’affermazione dei valori proclamati in Costituzione.

In tal senso, la legge n. 121 del 1981 fa riferimento, tout court, all’ “ordine” senza alcuna aggettivazione, in modo da ricollegarla ai diritti costituzionali che, a loro volta, proprio secondo l’immagine del “caleidoscopio” richiamata nel titolo della tavola rotonda, forniscono utili chiavi di lettura per inquadrare la sicurezza in una dimensione generale, non limitata al mero versante repressivo, con una partecipazione e condivisione attiva da parte dei cittadini. Peraltro, se la sicurezza è un diritto di libertà, non può la stessa contrapporvisi, dovendo piuttosto bilanciarsi con gli altri diritti riconosciuti in Costituzione e, soprattutto, deve avere un fondamento legale.

Di questa mutazione sono espressione le stesse forze di polizia che ormai non possono più essere considerati dei corpi separati rispetto alla società, anche per effetto della legge n. 121 del 1981 che ha trasformato la Pubblica Sicurezza da amministrazione di polizia ad amministrazione di garanzia e, per tale via, lo stesso rapporto tra amministrazioni e cittadini, avvicinando le une agli altri. Non a caso, la popolarità delle forze di polizia tra la popolazione è seconda solo al Presidente della Repubblica: si tratta della conferma di una compiuta rivoluzione culturale avviata negli anni ’60 quando ci si accorse, come fece Pasolini all’epoca degli scontri a Valle Giulia, che i poliziotti erano “figli del popolo”.

Il punto di arrivo di tale processo è la concezione “paritaria” dell’Amministrazione dell’Interno rispetto alla società ed alle altre istituzioni, operando ormai essa stessa sullo sfondo di una radicata cultura democratica.

Successivamente, Marco Granelli, Assessore alla Sicurezza e coesione sociale, Polizia locale, Protezione civile, Volontariato del Comune di Milano, ha illustrato come la sicurezza sia ormai un bene comune, importante per rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona. In tale contesto, la sicurezza non può essere intesa in senso limitativo in una accezione repressiva (visione, questa, che ha portato all’abuso delle ordinanze sindacali) ma deve essere perseguita, specie a livello locale, di concerto con le altre istituzioni sul territorio, principalmente i Prefetti ma anche i rappresentanti delle varie comunità, le associazioni, i comitati di quartiere. Il Comune di Milano si sta impegnando in tal senso, valorizzando, tra l’altro, le polizie locali come operatori di sicurezza nelle strade cittadine.

A sua volta, il Pref. Ignazio Portelli si è concentrato sull’articolazione del sistema nazionale di sicurezza, richiamando il problema della sovrabbondanza di forze di polizia che era stato già evidenziato nei primi anni ’60 da Gino Bellavita nel libro “Il Paese delle cinque Polizie”.

Secondo Portelli, perdura il rischio di una separatezza del comparto sicurezza rispetto alla società ed alle altre istituzioni, tale da conferire allo stesso un ruolo extra-istituzionale. Al riguardo, una valutazione circa il grado di integrazione  può essere valutata mediante indici quali il grado di condizionamento della maggioranza politica nelle singole scelte operative, la tipologia di materie oggetto dell’attività delle forze di polizia, il fondamento legale dei loro poteri, il grado di effettività delle tutele per i cittadini, nonché gli attori che intervengono nella sicurezza pubblica.

Sullo sfondo, si può considerare definitivamente superata l’idea di supremazia dei corpi di polizia rispetto ai cittadini, alla luce dell’affermazione della logica di prossimità e della centralità riconosciuta dal diritto europeo alla dimensione territoriale, a partire dal “Forum europeo sulla sicurezza urbana” fondato nel 1987 quale luogo di dialogo, di riflessione e di cooperazione sulle politiche e pratiche di sicurezza urbana, cui ha fatto seguito la “Carta urbana europea” di Strasburgo del 1992.

Portelli evidenzia, altresì, gli effetti di sistema derivanti dalla crescente riduzione delle risorse finanziarie a seguito della recente crisi economico-finanziaria la quale, combinata con la legittimazione popolare dei Sindaci che ne ha rafforzato il ruolo quali referenti diretti delle istanze dei cittadini, ha reso inevitabile una maggiore vicinanza dell’attività di sicurezza alle comunità locali. Ciò si è concretizzato sia nella diffusa adozione di Protocolli e Patti per la sicurezza – che, coinvolgendo vari soggetti pubblici e privati, rafforzano il controllo sociale nel settore della sicurezza- sia nella previsione di forme di compartecipazione delle relative spese tra i livelli di governo, nel quadro del Titolo V della Costituzione come novellato nel 2001.

Inoltre, non si può sottacere il fatto che in varie zone d’Italia le politiche della sicurezza si legano alla libertà d’impresa, in quanto esistono territori dove lo sviluppo territoriale viene frenato dall’assenza di condizioni minime di legalità e sicurezza.

In sintesi, secondo Portelli, al concetto tradizionale di sicurezza si sta sempre più affiancando quello di sicurezza urbana e di sicurezza delle imprese e del territorio, secondo una logica di prossimità che costituisce, di fatto, una sorta di trasposizione nel campo delle politiche della sicurezza del principio di sussidiarietà. Pertanto, la tutela della sicurezza non è più ascrivibile, sic et simpliciter, a meri interventi giuridici, ma coinvolge aspetti sociali, storici, culturali, politici, sullo sfondo di una crescente partecipazione democratica della società italiana, quale condizione strumentale per un migliore esercizio dei diritti di libertà costituzionalmente protetti.

A conclusione degli interventi, il Dott. Vincenzo Antonelli ha ripreso le considerazioni formulate a suo tempo da Vittorio Bachelet per evidenziare come la democraticità delle forze di sicurezza non possa essere mai intesa come un dato acquisito, risultando strettamente connessa all’attuazione dei principi costituzionali.

Sullo sfondo rimangono pendenti le questioni concernenti l’attuazione del terzo comma dell’art. 118 della Costituzione – che prevede, come noto, la legge statale di coordinamento tra Stato e regioni in materia di sicurezza che non è stata ancora adottata – i compiti da demandare alle polizie locali, nonché, da ultimo, il ruolo dell’Ufficio Territoriale di Governo, alla luce del superamento delle Province che il Governo intende ora realizzare.

a cura di Massimo Nardini