Consiglio di Stato, sez. IV, 21 agosto 2013 n. 4231, in materia d'inserimento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici nel conto di Tesoreria Unica.

03.05.2014

La sentenza in oggetto si occupa della vicenda relativa all’impugnazione da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito, AGCOM) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2011, recante “aggiornamento delle Tabelle A e B allegate alla legge 29 ottobre 1984 n. 720 (Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici)”, pubblicato in G.U. n. 284 del 6 dicembre 2011, con il quale erano stati inseriti, nella Tabella A di cui alla legge 720/1984, una serie di enti pubblici, fra i quali l’Autorità ricorrente.

In primo grado, l’AGCOM ha affidato il ricorso ad una serie di motivi che – a fini di mera comodità espositiva – saranno raggruppati in due “macroproblematiche”: i vizi attinenti alla carenza di potere in astratto e quelli attinenti alla carenza di potere in concreto.

La prima categoria di vizi è volta a censurare la carenza in astratto del potere del Presidente del Consiglio dei Ministri di ricomprendere un’autorità amministrativa indipendente nel novero delle amministrazioni inserite nella Tabella A di cui alla legge 720/1984: un tale potere, secondo l’AGCOM, è incostituzionale nonché  violativo del diritto dell’Unione Europea in quanto incide sulle prerogative di indipendenza che l’ordinamento giuridico – sia nazionale che comunitario – riserva e garantisce alle Authorities.

In particolare, l’inserimento nella tesoreria unica, imporrebbe alla ricorrente l’obbligo di versare al bilancio dello Stato una parte delle risorse provenienti dal settore privato, destinate a coprire i costi amministrativi necessari all’espletamento delle funzioni all’Autorità stessa rimesse nei confronti degli operatori: un tale meccanismo si porrebbe in conflitto con il principio di necessaria corrispondenza fra oneri imposti ai soggetti autorizzati e costi amministrativi sostenuti per il servizio di vigilanza, che aveva trovato conferma anche nella giurisprudenza comunitaria, la quale aveva escluso la legittimità dell’imposizione alle imprese titolari di autorizzazione di oneri finanziari ulteriori, finalizzati al sostegno dello Stato membro, non previsti dalla normativa dell’Unione Europea.

Con la seconda categoria di vizi l’AGCOM ha evidenziato che, anche superando le perplessità sull’an dell’adozione del detto decreto, quest’ultimo sarebbe comunque viziato in concreto per difetto di istruttoria e di motivazione, oltre che per avere previsto una modalità esecutiva che si traduceva in concreto in un depauperamento finanziario.

Il T.A.R. non ha accolto le doglianze dell’AGCOM.

L’Autorità ha proposto quindi appello innanzi al Consiglio di Stato.

Con un’articolata argomentazione, il Supremo collegio giunge a confermare la sentenza del T.A.R.

Il Supremo collegio in primo luogo rammenta che le Autorità amministrative indipendenti sono considerate tali dal legislatore per «la “piena indipendenza di giudizio e di valutazione”, la quale:

– non va intesa, contrariamente a quanto ha affermato il TAR, come ragione di esonero dalla applicazione della disciplina di carattere generale riguardanti le pubbliche amministrazioni;

– più limitatamente, comporta che, tranne i casi espressamente previsti dalla legge, il Governo non può esercitare la tipica funzione di indirizzo e di coordinamento, nel senso che non può influire sull’esercizio dei poteri tecnico-discrezionali, spettanti alle Autorità

Partendo da questa premessa e alla luce di una complessa motivazione, il Collegio giunge ad affermare che:

« la includibilità dell’ Autorità appellante tra le Amministrazioni soggette ad essere ricomprese nel conto consolidato, già ricavabile dal sistema, è prescritta da una norma di legge la cui compatibilità comunitaria o costituzionale non è stata revocata in dubbio da alcuno;

– la tesi secondo la quale detta evenienza possa riguardare unicamente enti od organismi attributari di trasferimenti statali in misura preponderante rispetto alle altre entrate “proprie” di cui godono non si rinviene in alcuna norma di legge ed appare essere più un futuro auspicio che un principio pure implicitamente ricavabile dalle norme di riferimento, anche tenendo in considerazione che le entrate “proprie” hanno in realtà natura tributaria;

– i pericoli paventati (compressione dell’indipendenza attraverso il controllo del Governo sulla spesa, storno delle risorse “proprie” dalla mission cui sono destinati e in ultimo ma non da ultimo, larvata espropriazione delle risorse) collidono con la effettiva situazione delle dette somme, delle quali all’appellante è garantita in ogni momento la disponibilità.»

In sintesi, il Consiglio di Stato giunge ad affermare che le Autorità indipendenti, nonostante si caratterizzino per una disciplina peculiare a livello strutturale e funzionale – che si giustifica per la natura degli interessi che esse sono chiamate a tutelare – rimangono amministrazioni pubbliche e come tali possono essere ricomprese nel conto di tesoreria unico.

a cura di Flaminia D'angelo


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