Servizi pubblici locali: la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale di una norma regionale che prevede l’affidamento diretto dei servizi pubblici locali ad organismi a partecipazione mista pubblico/privata.

01.05.2014

La Corte costituzionale, con sentenza n. 199 del 16 luglio 2014, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, c. 1, della l. r. Sardegna n. 25 del 2012, che dispone che gli enti locali affidano lo svolgimento dei servizi di interesse generale non soltanto a società “a totale partecipazione pubblica”, ma anche a società “a partecipazione mista pubblica privata”. La norma era stata impugnata per asserita violazione degli artt. 97, 117, primo comma, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione, e 3 e 4, lettere a) ed e), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

La sentenza premette che la suddetta norma, riferendosi ai servizi pubblici locali a rilevanza economica (nozione corrispondente a quella di «servizio di interesse economico generale» (SIEG), di cui agli artt. 14 e 106 del TFUE) è riconducibile alla materia della tutela della concorrenza.

La Corte precisa che a causa delle vicende legislative e referendarie che hanno inciso sulla disciplina dei servizi pubblici locali, ad essi si applica unicamente la normativa e la giurisprudenza comunitarie, senza alcun riferimento a leggi interne. Il diritto dell’Unione europea consente, purché ne ricorrano le condizioni, l’affidamento diretto del servizio di rilevanza economica anche a società cosiddette miste, ed esprime un vero e proprio favor per il partenariato pubblico/privato e gli organismi misti. La giurisprudenza comunitaria non esclude peraltro che il legislatore possa disporre l’affidamento diretto del servizio pubblico a società miste, purché sia rispettata la condizione della gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio, con contestuale affidamento del servizio.

La norma censurata della suddetta legge regionale prevede come regola generale l’affidamento dei servizi pubblici di interesse generale dell’ente locale mediante procedure ad evidenza pubblica. In alternativa, consente l’affidamento diretto del servizio ad organismi “a partecipazione mista pubblica privata” o “a totale partecipazione pubblica”, nel “rispetto della normativa comunitaria”. La norma prevede inoltre che gli enti locali motivino sulle ragioni della scelta della forma di affidamento adottata e sulla sussistenza al riguardo dei requisiti previsti dall’ordinamento comunitario.

La Corte costituzionale afferma quindi che la norma censurata impone madiante il rinvio al diritto dell’Unione europea che la concessione dei servizi venga affidata ad una società mista, il cui socio privato sia individuato attraverso una gara “a doppio oggetto”. La norma impugnata, correttamente interpretata nel senso suindicato, nella parte in cui prevede l’affidamento diretto dei servizi pubblici locali ad organismi a partecipazione mista pubblico/privata, presupponendo che il socio privato della società mista venga scelto con procedura ad evidenza pubblica e con gara cosiddetta “a doppio oggetto”, nella quale siano contestualmente definite le caratteristiche del servizio, esaurisce, in tal modo, la fase concorrenziale e ottempera a tutti i requisiti richiesti dal diritto dell’Ue.

Il testo della sentenza è reperibile al seguente link: http://www.cortecostituzionale.it/actionPronuncia.do

a cura di Livia Lorenzoni