Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Commissione Speciale – Parere 26/06/2013, n. 03014/2013 sul Regolamento Appalti, –

16.05.2013

Con il Parere in oggetto, l’Adunanza della Commissione Speciale del Consiglio di Stato, ha accolto il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto dall’Associazione AGI, insieme con tutte le proprie associate, per chiedere o l’annullamento in parte qua degli art.li 109, comma 2, 107 comma 2, Allegato A, art. 357 comma 12 e 92 comma 2 del dpr 207/2010 “ Regolamento di attuazione della Regolamento di esecuzione ed attuazione del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»).

Il Consiglio di Stato, ha riconosciuto la legittimazione al ricorso di AGI, in considerazione della sua posizione giuridica differenziata rispetto alla contestazione dell’atto regolamentare, in quanto soggetto portatore degli interessi del gruppo dei soggetti potenzialmente lesi dalla norma regolamentare illegittima a difesa dello specifico modello imprenditoriale dell’impresa generale.

L’associazione ricorrente, in particolare, aveva lamentato che le disposizioni impugnate danno luogo a un sistema di regole che, legando insieme onerose condizioni per l’accesso alle gare e l’esecuzione delle commesse con la riduzione della possibilità di acquisire i titoli necessari a concorrere nel caso di esecuzione tramite terzi, finiscono per marginalizzare l’impresa generale dal mercato a vantaggio delle imprese specializzate.

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso per quanto attiene le censure e per l’effetto dichiarato l’annullamento degli art. 109 comma 2 e 107 comma 2 del Regolamento,  evidenziando che il sistema normativo risultante dai predetti articoli del regolamento  risulta connotato da profili di contraddittorietà ed illogicità rispetto al principio generale sancito dallo stesso regolamento all’art. 109, comma 1 secondo cui l’affidatario dei lavori in possesso della qualificazione nella categoria prevalente può eseguire  tutte le lavorazioni si cui si compone l’opera, anche qualora sia privo delle relative qualificazioni.

E’ stata accolta la  terza censura relativa all’art. 85, comma 1, lett. b), nn. 2 e 3, del regolamento nella parte in cui prevede particolari limiti di qualificazione per le imprese che abbiano subappaltato più del 30 per cento dell’importo di una categoria scorporabile a qualificazione non obbligatoria, ovvero più del 40 per cento nel caso di categoria scorporabile a qualificazione obbligatoria. Il consiglio di Stato riconosce che l’art. 85, comma 1, lett. b) del regolamento ha introdotto una disciplina in parte innovativa rispetto a quella contenuta nel previgente regolamento (art. 24 d.P.R. n. 34 del 2000), consentendo all’impresa affidataria di utilizzare i lavori subappaltati non solo ai fini della qualificazione nella categoria prevalente, ma anche per la qualificazione nella categoria scorporabile. Tuttavia, dopo aver fissato il principio dell’utilizzabilità dei lavori subappaltati anche per la qualificazione della categoria scorporabile, il Regolamento ha poi dettato poi una disciplina irragionevole e destinata a dare luogo a significative disparità di trattamento.

Il Consiglio di Stato ha invece ritenute non fondate le restanti censure, ivi inclusa quella mossa all’art. 79, comma 10, dello stesso d.P.R. 207/2010  che impone alle imprese di dotarsi nel proprio organico degli operai specializzati muniti di patentino certificato.

Tale norma secondo la ricorrente, creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra gli operatori nazionali e comunitari e sarebbe in contrasto con il principio di proporzionalità e ragionevolezza, posto che l’art 79, comma 10, dello stesso d.P.R. 207/2010. Il Consiglio di Stato  ha invece ritenuto legittima la norma censurata, poiché essa, nel richiedere una determinata qualifica professionale degli operati che compongono l’organico, si limita a specificare senza contraddirlo, ma anzi, valorizzandone la ratio, il criterio individuato dalla disposizione comunitaria di cui all’art.48 della Direttiva n. 2004/18.

a cura di Dover Scalera


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