Di fronte all’alt dei Parlamenti Nazionali, la Commissione decide di mantenere la proposta sull’istituzione della procura europea

05.05.2013

In seguito all’invio di ben 14 pareri motivati da parte dei Parlamenti Nazionali che lamentavano una violazione del principio di sussidiarietà, la Commissione, constatando che nell’ ambito della procedura di “Early warning” (“allerta precoce”) era stata raggiunta la soglia per il “cartellino giallo”, il 27 Novembre 2013, ha pubblicato la propria decisione.

La Commissione Europea ha deciso di mantenere la proposta di regolamento del Consiglio sull’istituzione della Procura europea (COM (2013) 534 final) e le motivazioni addotte si sono basate sull’infondatezza delle argomentazioni apportate dagli stessi Parlamenti.

Secondo la Commissione, in conformità alla definizione del principio di sussidiarietà enunciata nell’ Art. 5 (2) TEU e alle previsioni procedurali relative al meccanismo di controllo (Art. 7 (2) Protocollo No. 2), molte delle argomentazioni dei Parlamenti uscivano dallo scopo della stessa procedura, mentre quelle che potevano essere ricondotte al principio di sussidiarietà risultavano infondate.

In effetti, consci che la procedura di allerta precoce possa essere sollevata sulla base di argomentazioni che dichiarino una violazione del solo principio di sussidiarietà, la Commissione, analizzando in dettaglio i pareri motivati e valutandoli sulla base del “subsidiarity test”, ha individuato solo cinque argomentazioni riconducibili al principio: i Parlamenti hanno lamentato una (1) mancanza di adeguate giustificazioni da parte della Commissione che, in particolare, (2) esplicitassero il valore aggiunto della proposta rispetto alle (3) già sufficienti misure esistenti.  Infine, ulteriori dubbi sono stati sollevati in merito (4) alla struttura e all’organizzazione istituzionale e (5) alla natura e scopo delle competenze della Procura europea. La Commissione, dichiarando infondate tali argomentazioni, ha sottolineato che le motivazioni da essa apportate in merito al rispetto del principio di sussidiarietà sono da ritenersi sufficienti e che il sistema attuale, caratterizzato da una forte disorganicità delle azioni penali degli Stati membri e da un limitato ruolo di Eurojust e Europol, non è sufficiente per contrastare il numero elevato di reati. Per questo motivo, la Commissione, dichiarando necessaria un’azione di armonizzazione nel settore, ha affermato che  l’istituzione della Procura europea migliorerà non solo l’uso delle risorse e dello scambio di informazioni tra i Paesi Membri ma, allo stesso tempo, permetterà di combattere più efficacemente i reati che ledono gli interessi dell’Unione accrescendone l’effetto preventivo.

Infine, in merito alla struttura organizzativa e alle competenze, la Commissione ha ulteriormente giustificato le proprie scelte, opponendosi alle argomentazioni sollevate dai Parlamenti.

Per la seconda volta (la prima con il regolamento “Monti II”) la Commissione ha dichiarato la mancanza di violazioni del principio di sussidiarietà, ma, a differenza del caso precedente, questa volta ha deciso di mantenere la proposta, forte anche del sostegno di alcuni Parlamenti.

Le conseguenze di una tale decisione devono essere lette alla luce della sua base giuridica: secondo la procedura speciale prevista dall’art. 86 TFEU, l’istituzione della Procura Europea  richiede l’unanimità del Consiglio previa approvazione del Parlamento e qualora in Consiglio non ottenga l’unanimità sulla proposta iniziale della Commissione, è possibile instaurare una “cooperazione rafforzata”[1].

Ad oggi, quest’ultima è la soluzione più probabile,  il governo Inglese ha già dichiarato la propria opposizione all’istituzione della Procura europea ed ovviamente altri rappresentanti nel Consiglio dovranno tener conto delle posizioni già espresse dai propri Parlamenti nazionali, in sede della procedura di allerta precoce.

La Commissione ha, quindi, deciso di mantenere la proposta, nonostante sia ben consapevole che la stessa troverà una forte opposizione in sede di Consiglio, nell’ottica di poter procedere comunque con una cooperazione rafforzata.


[1] Un gruppo di almeno nove Stati membri potrà sottoporre la proposta al Consiglio europeo perché raggiunga un consenso sul testo; in caso di disaccordo, dopo quattro mesi si considererà concessa l’autorizzazione al gruppo di nove Stati membri di instaurare una cooperazione rafforzata

a cura di Maria Romaniello