Conferenza ad Amsterdam sullo sviluppo di nuove forme di legittimazione democratica dell’UE

05.05.2013

Postnational Democracy: Beyond Representation in the EU, Amsterdarm Centre for European Law and Governance, 22 Novembre 2013

Da sempre una delle problematiche più discusse nel panorama istituzionale europeo, la questione della legittimazione democratica dell’Unione si impone, oggi, con sempre più forza.

Le previsioni del trattato di Lisbona e, nello specifico, l’introduzione del Titolo II sulle “Disposizioni relative ai principi democratici”, secondo cui la legittimazione dell’Unione si fonda non solo sui principi propri della democrazia rappresentativa (art. 10 TUE), ma anche sulle forme più ampie della democrazia partecipativa (Art. 11 TUE), rappresentano un ulteriore tentativo di accrescere la sua base democratica.

In particolare, l’attuale articolo 11 TUE nel suo primo paragrafo riconosce un generale diritto di pubblicità delle opinioni dei cittadini e delle associazioni rappresentative “in tutti i settori di azione dell’Unione”, nel  secondo rende vincolante per tutte le istituzioni dell’Unione il “dialogo aperto, trasparente e  regolare con le associazioni rappresentative e la società civile” e, infine, nel terzo afferma che la  Commissione “procede ad ampie consultazioni delle parti interessate” per “assicurare coerenza e  trasparenza delle azioni dell’Unione”.

Le nuove disposizioni hanno dato, così, avvio ad un nuovo dibattito circa le conseguenze istituzionali e giuridiche derivanti da questo doppio fondamento democratico. Un dibattito che, partendo dall’analisi delle opportunità e criticità offerte dal nuovo Art. 11 TUE, si è focalizzato sulla possibilità di sviluppo di forme di democrazia nell’ UE che possano trascendere le classiche formule di rappresentanza politica proprie degli stati nazionali.

Ed è proprio a queste problematiche che, il 22 novembre 2013, il centro studi di Diritto Europeo e Governance dell’Università di Amsterdam (ACELG Amsterdam Centre For European Law and Governance) ha dedicato la terza edizione della sua consueta conferenza annuale. La conferenza, dal titolo “Postnational Democracy: Beyond Representation in the EU”, ha adottato un approccio multidisciplinare, permettendo, così, agli importanti giuristi e scienziati politici convenuti ad Amsterdam di confrontarsi sul tema.

La giornata è stata organizzata in tre sezioni.

Nella prima,  focalizzandosi sull’analisi testuale della formulazione dell’art. 11 TUE, si è tentato di approfondire i legami concettuali, le complementarietà e le tensioni esistenti tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa.

Sul punto, il professor Erik Eriksen ha sviluppato un’interessante analisi sull’interrelazione tra partecipazione e razionalizzazione. Il professore le ha definite entrambe fondamentali per assicurare la legittimazione del processo decisionale, ma allo stesso tempo, collidenti in termini procedurali. Infatti, mentre la partecipazione richiede un più ampio coinvolgimento dei cittadini, la razionalizzazione, basandosi sul criterio della competenza, tende, a detrimento del principio di partecipazione, a delegare alcune competenze ad organi depoliticizzati, ma altamente professionalizzati, i quali finiscono col prendere decisioni anche su materie molto controverse, che, invece, richiederebbero, una maggiore valutazione in termini ideologici.

Il prof. Erik, dopo aver cercato di rintracciare attraverso tre specifiche strategie alcuni rimedi alle criticità esistenti nel modello della democrazia rappresentativa (evidenced based strategy, the constitutional strategy, the participatory strategy) e dopo aver discusso l’approccio deliberativo, ha concluso che, nonostante le criticità, la democrazia partecipativa non può essere considerata come un’alternativa a quella rappresentativa. La prima necessita di essere supportata da ben definite previsioni legislative, che non solo definiscano le forme e le modalità della partecipazione, ma assicurino anche la legittimità del processo decisionale. In conclusione,  la possibilità di sviluppo di forme di democrazia che trascendono quelle nazionali non può essere concepite se non attraverso il rispetto del principio di rappresentanza.

Con un approccio più pragmatico, la professoressa Beate Kohler-Koch ha analizzato la formulazione dell’art. 11 TEU e, criticandone l’eccessiva generalità che ne determina un obbligo più di  carattere politico che giuridico, ha poi sottolineato come lo stesso non risolve, ma, al contrario, tende ad acuire la separazione, creatasi in EU, tra politics e policy-making. In questi termini, la professoressa, esaminando gli strumenti esistenti, designati per garantire una maggiore partecipazione dei cittadini nel processo decisionale europeo, ha sottolineato che la complessità delle procedure delineate e le modalità previste per la loro realizzazione finiscono per privilegiare il coinvolgimento degli interessi organizzati e delle organizzazioni di settore a discapito delle iniziative dei singoli cittadini.

Conclusosi il dibattito teorico, nella seconda sezione, sono state, invece, discusse le implicazioni istituzionali derivanti dell’art. 11 TUE e, facendo soprattutto riferimento alle istituzioni non rappresentative (Consiglio Europeo, La Corte europea, Banca Centrale Europea), sono state esaminate le azioni che queste ultime hanno intrapreso per conformarsi alle disposizioni dettate dall’art. 11 TEU.

L’intervento del prof. Kenneth A. Armstrong ha affrontato il ruolo svolto dal Consiglio Europeo in questo periodo di crisi economica. Il prof. Armstrong sottolineando come la crisi abbia accentuato il ruolo preponderante delle istituzioni non rappresentative, ha messo in rilievo la necessità di definire forme di controllo democratiche più effettive, che abbandonino la logica della protezione degli interessi nazionali e mirino, attraverso una maggiore politicizzazione delle tematiche europee (deliberation) e un consolidamento dei dibattiti a livello nazionale (contestation), a sensibilizzare il livello statale e a renderlo più europeo.

Sempre sulle istituzioni non-rappresentative, la Dott.ssa Chiara Zilioli, ha descritto, invece, il ruolo svolto della Banca Centrale Europea (BCE). La Banca, diventata l’emblema e l’istituzione guida durante tutto il periodo di crisi, è da sempre caratterizzata, a causa della sua tecnicità, da una grande difficoltà di comunicazione con i cittadini. Tuttavia, come ha sottolineato la dott.ssa Zilioli, molti tentativi sono stati fatti in termini di una maggiore apertura e oggi l’interlocutore diretto della BCE è il Parlamento Europeo, il cui ruolo di controllo e supervisione è stato fortemente rafforzato anche grazie alla conclusione di accordi interistituzionali[1].

Nell’ultima sezione del dibattito l’attenzione si è spostata dalle istituzioni non rappresentative alle procedure decisionali “non legislative”, in cui il coinvolgimento del Parlamento risulta molto debole mentre quello degli esecutivi preponderante. In entrambi gli interventi, il focus è stato la nuova tipologia degli atti emersa con il trattato di Lisbona e, nello specifico, gli atti delegati (at. 290 TFEU) e gli atti esecutivi (art. 291 TFEU) .

La professoressa Carol Harlow ha messo in evidenzia come entrambe le procedure non rispettino le previsioni dell’art. 11 TEU e come dall’analisi del processo decisionale europeo, sia emersa una tendenza a privilegiare i criteri di efficienza, economicità e competenza (output democracy) a discapito di un maggior coinvolgimento dei cittadini (input democracy). Inoltre, la stessa inclusione della società civile è valutata più in termini di capacità di contribuire ad una maggiore  effettività del processo decisionale, che per ragioni rappresentative.

Sulla stessa linea di pensiero si pone il professor Jurgen Bast, il quale ha ulteriormente fatto notare come questi stessi atti possano accrescere il ruolo svolto dalle istituzioni non rappresentative e soprattutto come quelli delegati, possano favorire la Commissione europea, definita come l’istituzione non-rappresentativa per eccellenza. A questa constatazione, il professor Paul Craig ha ribattuto con dati empirici: in effetti, dal punto di vista teorico, la Commissione Europea ne avrebbe potuto trarre dei vantaggi se solo il numero degli atti delegati emanati non fosse stato così esiguo (un semplice 15%) .

La giornata si è conclusa, così, con la condivisione unanime che la formulazione adottata nell’Art. 11 TEU risulta ancora molto generale, con un carattere più politico che giuridico; del resto la stessa collocazione riservatagli nel trattato di Lisbona ne rispecchia la strutturazione propria dei testi Costituzionali. Allo stesso tempo, come ha sottolineato il prof. Craig, non bisogna sottovalutare il ruolo che ora la Corte di Giustizia Europea può svolgere in termini di rafforzamento ed estensione della portata delle disposizioni previste dall’art. 11 TEU.

Alla luce del dibattito ci si è chiesti se non fosse più opportuno riformulare il titolo della conferenza. A tal proposito la professoressa Deirdre Curtin ha suggeritol’aggiunta di un punto interrogativo finale: “Postnational Democracy: Beyond Representation in the EU?”. Alla domanda così ottenuta i partecipanti hanno risposto affermando che la democrazia partecipativa non è altro che un approccio complementare, ma mai alternativo, a quella rappresentativa.


[1] 2013/C 11/03 Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema “Principi, procedure e azioni per l’applicazione dell’articolo 11, paragrafi 1 e 2 del Trattato di Lisbona” (parere di iniziativa)

Resoconto a cura di Maria Romaniello