Corte Costituzionale, sentenza n. 147, 4 giugno 2012 – In materia di istruzione

31.05.2012

Corte Costituzionale, sentenza n. 147, 4 giugno 2012

Giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 19, commi 4 e 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promossi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, dalla Regione siciliana, e dalle Regioni Puglia e Basilicata.

 

Norme impugnate

Le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Puglia, Basilicata e Sicilia hanno proposto, con separati ricorsi, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), conv. con mod., dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; nei ricorsi delle Regioni Toscana, Umbria, Puglia e Basilicata le questioni sono state sollevate anche con riguardo al comma 5 del medesimo articolo.

Ad avviso delle regioni, le norme impugnate sarebbero in contrasto con i seguenti parametri costituzionali:“l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto conterrebbero una normativa di dettaglio in una materia (l’istruzione) oggetto di competenza concorrente, posto che tali disposizioni non rientrano nella competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost. (norme generali sull’istruzione); l’art. 117, sesto comma, Cost., secondo cui la potestà regolamentare spetta alle Regioni in tutte le materie che non rientrano in quelle di competenza esclusiva dello Stato; l’art. 118 Cost., in quanto, anche invocando il principio di sussidiarietà in senso ascendente, si sarebbe dovuta comunque garantire un’adeguata concertazione con le Regioni; l’art. 119 Cost., per lesione dell’autonomia finanziaria delle Regioni; l’art. 120 Cost., per lesione del principio di leale collaborazione […]”.

Argomentazioni della Corte

Innanzitutto, la Corte Costituzionale esamina i ricorsi relativi all’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, le cui disposizioni ricadono nella materia “istruzione”. La Corte, sulla base della propria giurisprudenza (sentenze nn. 200 del 2009 e n. 92 del 2011) ha individuato: da un lato, l’ambito generale dell’istruzione –  riservato alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost.; dall’altro,  i principi fondamentali della materia istruzione, che l’art. 117, terzo comma, Cost. devolve alla competenza legislativa concorrente.

In tal senso, nelle norme generali in materia di istruzione rientrano “quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali”. Invece, i principi fondamentali della materia dell’istruzione sono rappresentati da “quelle norme che […] da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione, dall’altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell’intervento del legislatore regionale”.

Dopo aver chiarito i profili della materia “istruzione”, la Corte chiarisce i contenuti della norma oggetto di censura. L’art. 19, comma 4, disciplina il dimensionamento e l’organizzazione della rete scolastica prevedendo: “l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado,con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente,  e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole […]”.

Dunque, secondo la Corte, sulla scorta della propria giurisprudenza, ritiene che: “è indubbio che la disposizione in esame incide direttamente sulla rete scolastica e sul dimensionamento degli istituti, materia che, secondo la giurisprudenza di questa Corte non può ricondursi nell’ambito delle norme generali sull’istruzione e va, invece, ricompresa nella competenza concorrente relativa all’istruzione (sentenze n. 200 del 2009, n. 235 del 2010 e n. 92 del 2011)”. In particolare, la sentenza n. 200 del 2009 rileva che “il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche è ambito che deve ritenersi di spettanza regionale”.

La Corte rileva che la disposizione in esame si pone la finalità di concorrere alla riduzione della spesa pubblica attraverso il ridimensionamento della rete scolastica. Tuttavia, tale obiettivo – razionalizzazione e contenimento della spesa – specificato anche dal titolo della legge, interviene con strumenti normativi “di dettaglio”, invadendo, quindi, la competenza regionale. Infatti, la stessa individuazione rigida della relativa alla soglia minima di alunni (1.000 e 500) che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia, impedisce qualsiasi intervento da parte delle Regioni.

L’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, pertanto, è dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., essendo una norma di dettaglio rivolta in un ambito di competenza concorrente.

In secondo luogo, la Corte, esamina la questione relativa al comma 5, dell’art. 19, valutandola: “non fondata”. Il comma 5 dispone che:“le istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 500 (600) unità, ridotto fino a 300 (400) per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome”.

Secondo la Corte, pur rilevando che “la previsione incide in modo significativo sulla condizione della rete scolastica, va rilevato che la norma in questione non sopprime i posti di dirigente, limitandosi a stabilirne un diverso modo di copertura e, tenendo presente che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali e non regionali […] – è chiaro che il titolo di competenza esclusiva statale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., assume un peso decisamente prevalente rispetto al titolo di competenza concorrente previsto in materia di istruzione dal medesimo art. 117, terzo comma. La disposizione in esame persegue l’evidente finalità di riduzione del numero dei dirigenti scolastici – al fine di contenimento della spesa pubblica – attraverso nuovi criteri per la loro assegnazione nella copertura dei posti di dirigenza e questa materia rientra nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato”.  Pertanto, la questione relativa al censurato art. 19, comma 5, è dichiarata non fondata.

Conclusioni della Corte

La Corte costituzionale dichiara: da un lato, l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011; dall’altro non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 5, del medesimo d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011.

Luca Di Donato