LIMITI DEL SINDACATO GIURISDIZIONALE IN MATERIA DI ACCERTAMENTO INCIDENTALE EX ART. 38, CO. 1, LETT. F), DEL D.LGS. 12 APRILE 2006, N. 163. (Cassazione, SS.UU. civ., 17 febbraio 2012, n. 2312)

30.05.2012

Cass. SS.UU, n. 2312 del 2012

La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione in commento offre interessanti spunti di riflessione sul tema dei limiti di cognizione consentiti al Giudice Amministrativo nell’ambito dell’accertamento incidentale sul grave inadempimento contrattuale in conseguenza del quale una stazione appaltante escluda ai sensi dell’art. 38, co. 1, lett. f) del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, un operatore economico ritenuto inaffidabile.

Con il ricorso originario, la società esclusa aveva impugnato il provvedimento assunto dalla stazione appaltante contestando a vario titolo tale atto, fra cui l’insussistenza di un giudicato sulla controversia civile relativa al contratto risolto, poi assunto a presupposto per il successivo giudizio di inaffidabilità e conseguente esclusione. Il TAR aveva respinto il ricorso affermando che ai fini dell’applicazione dell’art. 38, co. 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006 non occorre che si formi il giudicato nell’eventuale giudizio civile promosso a seguito della risoluzione, essendo sufficiente per converso l’autonoma valutazione negativa in termini di inaffidabilità operata dalla stessa stazione appaltante.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, aveva accolto l’appello interposto dall’operatore economico dopo avere peraltro disposto una consulenza tecnica avente ad oggetto gli inadempimenti occorsi nel contratto risolto. Secondo la Sezione Sesta, ferma restando la giurisdizione del Giudice Ordinario sulle vicende relative alla fase di esecuzione del contratto, il Giudice Amministrativo, nei limiti dello scrutinio di legittimità sul provvedimento di esclusione, può comunque accertare la sussistenza (o meno) dei presupposti assunti dalla stazione appaltante ai fini della formulazione del giudizio di inaffidabilità dell’operatore economico, in quanto tale giudizio potrebbe rivelarsi inficiato da eccesso di potere. In questo senso, il Consiglio di Stato, sulla base della consulenza tecnica, ha ritenuto viziata l’esclusione in quanto era stata rilevata una contraddizione tra gravi inadempienze contrattuali e rinnovi / proroghe dei contratti ed erano stati sollevate perplessità sugli accertamenti tecnici espletati. Da qui, la convinzione della Sezione Sesta che esclusione non fosse dipesa dal venir meno del giudizio di affidabilità per vicende legate al contratto risolto.

La stazione appaltante ha promosso ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 362, co. 1,  lamentando che il Consiglio di Stato si sarebbe sostanzialmente spinto oltre il limite della cognizione consentita, formulando quesiti tendenti ad esaminare un profilo – quello della “attendibilità” delle valutazioni formulate dalla stazione appaltante – che esulerebbe dal sindacato del Giudice Amministrativo. La ricorrente in cassazione, inoltre, contestava la sentenza del Consiglio di Stato sotto il profilo della violazione della sfera di discrezionalità propria dell’Amministrazione, in quanto la Sezione non avrebbe rilevato la sussistenza di un vizio di eccesso di potere, ma avrebbe introdotto un proprio apprezzamento discrezionale sostitutivo di quello espresso dalla stazione appaltante operato attraverso il giudizio di “inattendibilità” dei motivi posti a base della risoluzione contrattuale.

Nell’accogliere il ricorso, le Sezioni Unite hanno ritenuto infondato il primo motivo e parzialmente fondato il secondo, cassando con rinvio la sentenza del Consiglio di Stato. In particolare, viene respinta la censura riferita alla pretesa “invasione ai danni della sfera cognitiva propria del G.O., giudice del rapporto e degli inadempimenti”, dal momento che deve certamente ritenersi in astratto rientrante nella giurisdizione di legittimità la valutazione, sia pure incidentale, dei fatti che la stessa Amministrazione ha assunto a fondamento dell’esercizio del potere.

Ciò non significa, tuttavia, che l’accertamento operato non incontri i limiti propri del sindacato ab externo esercitato dal Giudice Amministrativo e, ciò, in quanto il giudizio sulla inaffidabilità di un operatore economico è espressione di una valutazione discrezionale. Conseguentemente, il Giudice Amministrativo dovrebbe verificare se sussistano o meno indici rivelatori di un comportamento dell’Amministrazione diretto a dissimulare attraverso la risoluzione “una odiosa esclusione”, non potendo per converso formulare un giudizio “sostitutivo” sulla  gravità dell’inadempimento o sull’attendibilità delle ragioni esposte. Proprio per tali ragioni, dunque, le Sezioni Unite della Cassazione ritengono di condividere l’orientamento del Consiglio di Stato con riferimento all’estensione del sindacato agli “elementi fondanti la valutazione di deficit di fiducia” i quali possono essere desunti “da dati esterni al rapporto contrattuale quali la mala fede, la grave colpa o la grave carenza di professionalità”. Un tale ordine di valutazioni, del resto, appare coerente con la finalità dell’art. 38, co. 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, che è quella di evitare alla stazione appaltante di ammettere alle procedure di gara (ed all’eventuale stipula del contratto) soggetti nei confronti dei quali si può ragionevolmente escludere ab origine la sussistenza di quel vincolo fiduciario costitutivo del rapporto che s’instaura nell’appalto. Il giudizio della stazione appaltante, vertendo su di un criterio eminentemente discrezionale – quale quello della affidabilità – deve esplicitarsi in una congrua motivazione circa le ragioni del venir meno dell’elemento fiduciario, così da sottrarre “detta valutazione … dall’area dell’arbitrio” e, correlativamente “portare ad emersione eventuali utilizzazioni strumentali del predicato deficit di fiducia, dissimulanti l’uso della clausola de qua per finalità diverse da quelle perseguite con il ridetto art. 38 co. 1, lett. f), del d.lgs. 163 del 2006″.

Nello specifico, le Sezioni Unite hanno avuto modo di rilevare come il Consiglio di Stato si fosse avvalso di un criterio (quello della inattendibilità) sicuramente applicabile nel caso in cui si tratti di valutare profili tecnici, anche mediante l’ausilio della C.T.U., ma che, viceversa “appare non poco inappropriato ove utilizzato nello scrutinio di legittimità di scelte ad alto tasso di «soggettività» quale quella dalla legge consentita alla stazione appaltante”. Ed invero, la scelta di risolvere un contratto per grave inadempimento tendenzialmente presuppone scelte discrezionali, ossia opinabili, perché sfuggono dall’applicazione di “regole tecniche” scientifiche e, ciò, soprattutto quando vengono in rilievo concetti giuridici indeterminati come la buona fede o l’affidabilità di un soggetto. Secondo le Sezioni Unite, laddove la norma, come nella fattispecie controversa, affida alla stazione appaltante il giudizio sull’inaffidabilità di un soggetto, desumibile “esemplificativamente in ipotesi di mala fede o colpa grave emerse nella esecuzione del pregresso rapporto o di serie carenze di professionalità emergenti dal passato aziendale”, la cognizione del Giudice Amministrativo deve intendersi circoscritta al “sindacato sulla motivazione” dell’eventuale esclusione “e specularmente, essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante come ragioni del rifiuto”, senza, per converso estendersi sino a considerare integrato il vizio di eccesso di potere in conseguenza della “non condivisibilità della valutazione stessa” e, ciò anche quando “si recepiscano, come ha fatto il Giudice Amministrativo, le considerazioni esposte dal consulente”.

In altri termini, l’adozione di un criterio come quello della inattendibilità della motivazione finisce per determinare un’indebita sostituzione del Giudice “nel momento valutativo riservato all’appaltante”, concretizzando “non già un mero errore di giudizio (insindacabile in questa sede) ma uno sconfinamento nell’area ex lege riservata all’appaltante”.

Nel ripercorrere l’iter della motivazione della sentenza del Consiglio di Stato, le Sezioni Unite, pertanto, non ritengono in contrasto con i limiti di cognizione consentiti il giudizio sulla contraddittorietà nel comportamento della stazione appaltante nella gestione del rapporto con l’operatore economico rispetto alla successiva valutazione di inaffidabilità, né il fatto che la Sezione abbia ritenuto di per sé insufficiente tale profilo a radicare il vizio della motivazione, tanto da affidare ad un C.T.U. il compito di approfondire gli aspetti tecnici connessi all’esecuzione del contratto. L’espletamento della C.T.U., tuttavia, non ha consentito di giungere in punto di fatto ad un accertamento obiettivo, tanto che il Consiglio di Stato ha finito per ritenere insufficienti rilievi operati dalla stazione “a far considerare plausibile la caduta soggettiva della fiducia“.

L’espressione di un giudizio di “insufficienza oggettiva” della motivazione, però non si concilia con il sindacato consentito in materia di valutazioni discrezionali in cui, al contrario, il Giudice Amministrativo dovrebbe limitarsi ad accertare la “pretestuosità” dell’esclusione qualora non vi sia “alcuna ragione giustificante”, ovvero ravvisi “la esistenza indiscutibile di ragioni dissimulate”.

Come si vede, secondo le Sezioni Unite, il giudizio sulla plausibilità della soluzione coincide con la valutazione sul superamento di quel punto di rottura” nell’elemento fiduciario con l’appaltante che la legge stesse affida in via esclusiva all’Amministrazione, sottraendolo al contempo al sindacato del Giudice Amministrativo.

A cura di Filippo Degni


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