Corte costituzionale, 12 dicembre 2011, n. 329 – In tema di indennità di frequenza mensile per lo straniero

30.05.2012

Corte costituzionale, 12 dicembre 2011, n. 329

Giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Corte d’appello di Genova del “coordinato disposto” degli articoli 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289 e 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388,  nel procedimento vertente tra M.A.S.M., nella qualità di genitore del minore L.M.A.O. e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) con ordinanza del 3 dicembre 2010.

Norme impugnate

La Corte d’appello di Genova solleva, in riferimento agli articoli 2, 3, 32, 34, 38 e 117 Cost., questione di legittimità costituzionale del “coordinato disposto” degli articoli 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289 (Modifiche alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla legge 21 novembre 1988, n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e istituzione di un’indennità di frequenza per i minori invalidi) e 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (“legge finanziaria 2001”), nella parte in cui subordina l’erogazione dell’indennità di frequenza per il cittadino minore extracomunitario alla titolarità della carta di soggiorno.

La Corte rileva che il solo parametro legislativo da censurare sia l’art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, in quanto esso, per l’identificazione della specifica provvidenza economica in esame, implicha il rinvio all’art. 1 della legge n. 289 del 1990.

Argomentazioni della Corte

Il rimettente, innanzitutto, ripercorre la giurisprudenza costituzionale in materia: la sentenza n. 306 del 2008, la sentenza n. 11 del 2009 e, in particolare, la sentenza n. 187 del 2010, con la quale venne dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, qui nuovamente denunciato, nella parte in cui subordinava al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’assegno mensile di invalidità, di cui all’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 e successive modificazioni.

La Corte, al fine di argomentare la propria decisione circa il qui presente giudizio di costituzionalità, ricorda i principi espressi, in particolare, dalla sentenza n. 187 del 2010. La Corte aveva osservato che il provvedimento economico disposto a favore di categorie di cittadini in condizione di necessità, oggetto di valutazione della sentenza n. 187, era rivolto “a fornire alla persona un minimo di sostentamento: in linea  con i principi di inderogabile solidarietà sociale, assunti quale valore fondante degli stessi diritti inalienabili dell’individuo, che non ammettono distinzioni di sorta in dipendenza di qualsiasi tipo di qualità o posizione soggettiva e, dunque, anche in ragione del diverso status di cittadino o di straniero”. La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte sottolineato che “qualsiasi distinzione di regime che venga introdotta fra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato finirebbe per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 CEDU. Pertanto, la normativa allora oggetto di censura, nell’intervenire direttamente e restrittivamente sui presupposti di legittimazione al conseguimento di quel provvedimento economico, fu ritenuta contrastante con i limiti derivanti dal rispetto degli obblighi internazionali, imposto dall’art. 117, primo comma, Cost., proprio perché introduttiva di un regime irragionevolmente discriminatorio nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, per quanto attiene al godimento di diritti da riconoscere ed assicurare a tutti ed in egual misura”. Secondo la Corte, l’esempio citato può essere utilmente associato a quello del presente caso, ricadente anch’esso nell’alveo della materia “tutela della persona”.

La Corte, quindi, passa ad analizzare il quadro normativo. L’art. 1, della legge 11 ottobre 1990, n. 289, prevede il riconoscimento di un’indennità di frequenza, di importo pari all’assegno mensile riconosciuto agli invalidi civili dall’art. 13 della legge n. 118 del 1971. Tale provvidenza viene riconosciuta ai mutilati ed invalidi civili minorenni, che presentino “difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età […]”. Dalla lettura dell’art. 1, della legge n. 289, “traspare, soprattutto, una finalità direttamente riconducibile alla salvaguardia delle esigenze di cura e di assistenza di persone minorenni portatrici di patologie significative ed invalidanti e, come tali, direttamente inquadrabili nell’ambito di quegli interventi di natura solidaristica che l’ordinamento è chiamato ad approntare; […] con l’attenzione rivolta a fornire il necessario ausilio, anche economico, per le relative famiglie, specie nei casi in cui – come i limiti di reddito cui è subordinato il beneficio ineluttabilmente attestano – versino in condizioni disagiate”.

La Corte, poi, richiama le finalità della “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. Quest’ultima, nel prevedere la tutela salute psico-fisica della persona disabile, postula “anche l’adozione di interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie, il cui ruolo resta fondamentale (sentenza n. 233 del 2005).

Secondo la Corte, accertati i valori costituzionali fondamentali sottesi alla legittimazione della provvidenza, “il condizionamento che viene imposto ai fini del riconoscimento del beneficio in questione per i minori stranieri, pur regolarmente presenti nel territorio dello Stato, rappresentato dalla titolarità della carta di soggiorno, finisce per determinare […] una sostanziale vanificazione, incompatibile non soltanto con le esigenze di “effettività” e di soddisfacimento che i diritti fondamentali naturalmente presuppongono, ma anche con la stessa specifica funzione della indennità di frequenza […]”.

Dunque, la normativa impugnata risulta essere in contrasto sia con l’art. 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 14 della CEDU, per come interpretato dalla Corte di Strasburgo, sia con gli altri parametri costituzionali – artt. 2 e 32, 34, 38 Cost. – posto che il trattamento irragionevolmente differenziato che essa impone – basato sulla semplice condizione di straniero regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato, ma non ancora in possesso dei requisiti di permanenza utili per conseguire la carta di soggiorno – vìola, ad un tempo, il principio di uguaglianza e i diritti alla istruzione, alla salute ed al lavoro, tanto più gravemente in quanto essi si riferiscano a minori in condizione di disabilità.

Conclusioni della Corte

La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (“legge finanziaria 2001”), nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione ai minori extracomunitari legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della indennità di frequenza di cui all’art. 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289.

Luca Di Donato