Corte costituzionale, sentenza del 22 luglio 2011, n. 228 – A proposito di una disposizione regionale in materia di decadenza automatica del direttore amministrativo e del direttore sanitario di Asl

27.05.2012

La Corte d’appello di L’Aquila, sezione lavoro e previdenza, con ordinanza del 6 maggio 2010, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 23 giugno 2006, n. 20 (Misure per il settore sanità relative al funzionamento delle strutture sanitarie ed all’utilizzo appropriato dei regimi assistenziali del macrolivello ospedaliero e territoriale e per la loro regolazione), in riferimento agli artt. 97, primo comma, e 98, primo comma, della Costituzione,

La disposizione regionale censurata statuisce che il direttore amministrativo e il direttore sanitario cessano dall’incarico se questo non è confermato entro tre mesi dalla data di insediamento del nuovo direttore generale. Inoltre, la disposizione regionale impugnata prevede anche, in caso di mancata conferma dell’incarico, che nessun compenso e indennizzo é corrisposto ai suddetti dirigenti.

Secondo il Collegio rimettente, la disposizione legislativa violerebbe gli artt. 97, primo comma, e 98, primo comma, Cost., in quanto – prevedendo il potere «discrezionale, incondizionato ed assoluto del direttore generale di una Azienda USL di rimuovere sia il direttore sanitario che quello amministrativo (o entrambi) dalle loro cariche» – si porrebbe in contrasto con i principi espressi dalle predette disposizioni costituzionali, secondo le quali «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità della amministrazione» e «I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione».

A parere della Corte, la questione di legittimità costituzionale della disposizione censurata è fondata. Si tratta, infatti, secondo il giudice delle leggi di una disposizione che determina una decadenza automatica e generalizzata che lede il principio di buon andamento dell’azione amministrativa e il correlato principio di continuità dell’azione stessa (art. 97 Cost.), poiché consente l’interruzione del rapporto di ufficio in corso senza che siano riscontrabili ragioni oggettive “interne”, legate al comportamento del dirigente, idonee a recare un vulnus ai predetti principi.

La Corte ricorda che, nel ricondurre a sistema il rapporto tra indirizzo politico ed azione amministrativa, ha già chiarito che i meccanismi di decadenza automatica, cioè del cosiddetto spoils system, si pongono in contrasto con l’art. 97 Cost. quando essi siano riferiti a figure dirigenziali non apicali ovvero a titolari di uffici amministrativi per i quali non assuma rilievo, in via esclusiva o prevalente, il criterio «della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell’organo che nomina» (sentenza n. 34 del 2010).

Chiarisce,inoltre, che non è necessaria, da parte del funzionario o del dirigente non apicale, «la condivisione degli orientamenti politici della persona fisica che riveste la carica politica o la fedeltà personale nei suoi confronti», là dove, al contrario, la Costituzione richiede ai pubblici impiegati, in quanto al servizio esclusivo della Nazione (art. 98, primo comma, Cost.), «il rispetto del dovere di neutralità, che impone al funzionario, a prescindere dalle proprie personali convinzioni, la corretta e leale esecuzione delle direttive che provengono dall’organo politico, quale che sia il titolare pro tempore di quest’ultimo» (sentenza n. 34 del 2010).

Ciò considerato dichiara la Corte l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n. 20 del 2006.

a cura di Giovanna Perniciaro