Contrasto all’abuso ed allo sfruttamento sessuale dei minori: adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio la nuova Direttiva 2011/92/UE

27.05.2012

La nuova Direttiva Europea 2011/92/UE del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, è finalmente realtà nell’ordinamento dell’Unione. La proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea è stata approvata dal Parlamento europeo il 27 ottobre 2011 ed adottata dal Parlamento e dal Consiglio lo scorso 13 dicembre (Gazzetta Ufficiale dell’UE del 17 dicembre 2011, L 335.). Al 18 dicembre 2013 è fissato il termine entro cui essa dovrà trovare attuazione all’interno degli Stati membri.

La Direttiva Europea 2011/92/UE sostituisce la Decisione Quadro 2004/68/GAI, relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile, con l’obiettivo di garantire una legislazione più incisiva contro gli abusi sessuali a danno dei minori e, dunque, creare un nuovo e più efficace strumento, comune agli Stati membri dell’Unione, in grado di superarne i rispettivi limiti giurisdizionali esistenti rispetto a quelle nuove forme di abuso e sfruttamento sessuale che si distinguono sempre di più per il proprio carattere “transfrontaliero”: ci si riferisce, nello specifico, a  fenomeni quali la pedopornografia ed il turismo sessuale.

La direttiva armonizza circa una ventina di reati penali e fissa un elevato livello di sanzioni rispetto a quelle previste nella decisione quadro del 2004: da un lato, stabilisce delle norme minime riguardo alla definizione dei reati e delle sanzioni da comminare ai rei di abuso e sfruttamento sessuale dei minori, pornografia minorile e adescamento di minori per scopi sessuali, dall’altro, introduce disposizioni tese a rafforzare la prevenzione di tali reati e la protezione delle piccole vittime.

 

Il negoziato europeo per la revisione della decisione quadro 2004/68/GAI nasce infatti dall’esigenza di incrementare il livello di protezione dei minori dai crimini sessuali a loro danno, anche alla luce dei nuovi standard di prevenzione e contrasto al fenomeno previsti dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei minori dall’abuso e dallo sfruttamento sessuale (Convenzione di Lanzarote). La decisione quadro in vigore dal 2004 garantiva, sì, un allineamento minimo delle legislazioni nazionali, ma presentava di fatto delle evidenti carenze legate anche al limite oggettivo di non essere più uno strumento attuale in quanto, innanzitutto, non prevedeva le nuove forme d’abuso e sfruttamento perpetrate attraverso il ricorso alle tecnologie informatiche, né eliminava gli ostacoli all’azione penale da condurre al di fuori del territorio nazionale di un singolo Stato membro.

Il Programma di Lavoro della Commissione UE per il 2009, ha dunque proposto di incrementare il livello di protezione dei minori attraverso un processo di revisione della decisione quadro 2004/68/JHA contro lo sfruttamento sessuale e la pornografia minorile, da avviare parallelamente a quello relativo alla decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI, relativa al traffico di esseri umani (sostituita dalla direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011). I due strumenti presentano ovviamente alcuni punti di contatto, considerato che alcune vittime minorenni di tratta sono, spesso, anche vittime di reati commessi in materia di abuso o sfruttamento sessuale, e possono dunque ritenersi, per alcuni versi, complementari.

Il processo di revisione è risultato piuttosto lungo e complesso, tenuto conto sia della natura specifica dello strumento che si andava ad adottare, sia del fatto che l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, ha comportato il decadimento delle trattative non ancora concluse e la conseguente necessità di riavviare, nel marzo del 2010, le attività di negoziato sul testo, con un impulso nuovo, fortemente voluto dalla stessa Commissione europea. La proposta è stata ampiamente discussa in sede di Consiglio e di Parlamento europeo, e l’accordo politico tra gli stati membri è stato raggiunto nel giugno 2011.

 

La novità assoluta contenuta nella Direttiva riguarda senz’altro l’introduzione, tra le nuove figure di reato non ancora previste nel diritto dell’Unione europea in materia, del reato di adescamento di minore anche attraverso l’utilizzo della rete Internet, il cosiddetto “grooming” on line. La direttiva rende infatti perseguibili un elevato numero di situazioni di abuso e sfruttamento sessuale di minore,  tra cui quelle strettamente legate allo sviluppo ed all’utilizzo delle nuove tecnologie come, ad esempio, la visualizzazione di materiale pedopornografico tramite webcam e sulla rete. La direttiva costituisce lo strumento attraverso cui l’Unione europea risponde efficacemente alle sfide lanciate dalla rivoluzione di Internet, che ha reso la pornografia minorile ampiamente e più facilmente accessibile: prevedendo sei livelli differenziati di pene, che vanno da uno a dieci anni di reclusione  e da applicarsi fatte salve le specifiche politiche in materia penale di ciascuno Stato membro, essa dispone, ad esempio, l’aumento della pena massima consentita nel caso in cui la produzione di materiale pedopornografico sia stata preceduta da un invito rivolto ad un bambino in rete – tramite chat o quant’altro – e, dunque, da una sollecitazione del minore on line a fini sessuali (grooming). Riduzioni della pena sono previste nel caso in cui il minore coinvolto abbia raggiunto l’età del consenso sessuale secondo quanto stabilito dalla legislazione nazionale.

La nuova direttiva definisce inoltre le modalità per contrastare la distribuzione di materiale pedopornografico sul web: in particolare, stabilisce che gli Stati membri debbano assicurare la tempestiva rimozione delle pagine web che contengono o diffondono questo tipo materiale ospitate nel proprio territorio – se cioè provengono dall’estero – e, in tal caso, impegnarsi nella loro rimozione anche al di fuori dei propri confini nazionali; quando ciò non risulta possibile, essi sono in ogni caso obbligati a bloccarne l’accesso all’interno del proprio territorio nazionale. A questo proposito, va citata anche la disposizione relativa alla necessaria cooperazione con i Paesi terzi per ottenere la rimozione anche dei siti ospitati su server al di fuori dell’Unione. Tra i reati previsti, vengono configurati come tali anche gli atti connessi alla realizzazione di spettacoli pornografici in cui è coinvolto un minore, cioè ad un’esibizione organizzata e diretta ad un pubblico cui si assiste dal vivo o anche a mezzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Tra le previsioni significative introdotte dalla direttiva, vi è senza dubbio la definizione del reato di “turismo sessuale” all’interno dell’Unione, per combattere il fenomeno dell’abuso e dello sfruttamento sessuale a danno di minori diffuso attraverso l’organizzazione di viaggi ad hoc, per procurarsi rapporti sessuali a pagamento con bambini e adolescenti, verso mete lontane dove la prostituzione è legalmente riconosciuta e considerata un’attività di tipo professionale o dove, al contrario, è parte integrante di un sistema illegale. Per combattere il turismo sessuale le autorità nazionali potranno perseguire i propri cittadini che abusano di minori all’estero e organizzano viaggi a tale scopo, e vietare di pubblicizzare occasioni di questo tipo. L’aumento dell’incidenza del fenomeno e l’insufficienza delle norme sull’extraterritorialità finalizzate a perseguirlo ha fatto di recente emergere, nel panorama internazionale, l’esigenza di configurare il turismo sessuale come una fattispecie di reato autonoma. Ai fini dell’attuazione della direttiva all’interno degli Stati membri, per fare un esempio, la legislazione italiana, in virtù dello stesso principio dell’extraterritorialità, prevede la possibilità di punire i propri cittadini per reati commessi anche al di fuori del proprio Stato: la punibilità di un comportamento non è cioè legata al territorio dello Stato in cui è commesso il reato, ma alla nazionalità del soggetto che lo compie.

Numerose anche le misure previste per garantire un miglioramento dell’azione penale contro gli autori dei reati; tra queste, sarà possibile avviare procedimenti in tutti gli Stati membri fino al raggiungimento della maggiore età da parte delle vittime, fare ricorso ad efficaci strumenti d’indagine ed istituire apposite unità speciali per l’identificazione delle piccole vittime – specie in riferimento al fenomeno della pedopornografia. Misure di carattere preventivo sono state introdotte per ridurre il rischio di recidiva, attraverso l’accesso ad appositi programmi riservati agli autori di reato, e per impedire a coloro che hanno subìto una condanna di trasferirsi in un altro Stato membro dell’UE – approfittando della libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione – e di  esercitare attività professionali che comportino contatti regolari con soggetti minori. Per ridurre il rischio di reiterazione dei reati, occorre infatti precisare che gli Stati membri dovranno introdurre misure interdittive ad hoc, derivanti dalle stesse condanne, per assicurare che chi ha commesso uno dei crimini sessuali oggetto della direttiva sia interdetto, in via temporanea o permanente, quantomeno dall’esercizio di attività professionali che implicano un contatto diretto e regolare con un minore. A questo proposito, è riconosciuto ai datori di lavoro che reclutano personale atto a svolgere tali attività il diritto di richiedere informazioni sui precedenti penali dei candidati, relativi ad eventuali condanne per abusi sessuali sui minori, attraverso l’accesso ai casellari giudiziali nazionali.

Inoltre, per prevenire il fenomeno, gli Stati membri sono poi chiamati a promuovere campagne educative e di sensibilizzazione, oltre a specifici interventi di formazione per gli operatori al fine di individuare casi di abuso e sfruttamento sessuale di minori.

Infine, la direttiva modifica la prospettiva d’intervento anche dal punto di vista della protezione delle vittime minori, nei confronti delle quali ciascuno Stato membro dell’Unione è chiamato a  garantire un maggiore sostegno ed una maggiore protezione, attraverso apposite misure, durante tutto l’iter giudiziario, dalla fase di indagine fino alla conclusione del procedimento penale.

 

 

Il testo completo della Direttiva è consultabile al seguente link:

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2011:335:0001:0014:IT:PDF

A cura di Annalisa D'Agostino