Corte costituzionale, 13 febbraio 2012, n. 22 – La Corte cost. dichiara la “evidente estraneità” di disposizioni di un d.l. inserite in sede di conversione

13.05.2012

Corte costituzionale, 13 febbraio 2012, n. 22

L’ oggetto del presente giudizio – promosso dalle Regioni Liguria, Basilicata, Puglia, Marche, Abruzzo e Toscana – è costituito dalle norme inserite successivamente nel decreto mille-proroghe del 2010 in sede di conversione.

Le norme impugnate

Le Regioni – Liguria, Basilicata, Puglia, Marche, Abruzzo e Toscana – hanno promosso questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 255 recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui introduce i commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo, nell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 255, recante “Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile”, per violazione degli articoli 1, 2, 3, 23, 77, 117, 118, 119, 121 e 123 Cost. e del principio di leale collaborazione.

Argomentazioni della Corte

La questione sollevata in relazione all’art. 77, secondo comma, Cost. è ammissibile e fondata. La sua emersione in un giudizio in via principale di costituzionalità si intende alla luce della giurisprudenza costituzionale, la quale ammette parametri esterni al Titolo V della Parte seconda della Costituzione, qualora dalla loro violazione “discenda lesione e/o compressione delle competenze costituzionali dell’ente ricorrente” (sentenze nn. 128 del 2011, n. 326 del 2010, n. 116 del 2006, n. 280 del 2004).

Le disposizioni oggetto del presente esame sono quelle introdotte nel corpo del decreto-legge n. 225, del 2010, per effetto di emendamenti approvati in sede di conversione. La Corte osserva, innanzitutto, come tali disposizioni si riferiscano non a “situazioni già esistenti e bisognose di urgente intervento normativo”, ma, piuttosto a “tutti i casi futuri di possibili eventi calamitosi”.  Secondo la Corte si tratta di “una normativa a regime, del tutto slegata da contingenze particolari”. In tal senso, mettendo in relazione il preambolo del decreto-legge e la rubrica delle disposizioni inserite in sede di conversione, risulta “palese l’estraneità delle norme impugnate rispetto all’oggetto e alle finalità del decreto-legge c.d. milleproroghe”.

La Corte rinvia alla propria giurisprudenza con cui ha esercitato il potere di sindacato sui presupposti della straordinaria necessità ed urgenza – quale vaglio sulla “evidente o meno [loro] carenza, ravvisabile ove vi sia evidente estraneità della norma censurata rispetto alle altre disposizioni del decreto-legge”.

In merito allo stesso profilo, la Corte “collega il riconoscimento dell’esistenza dei presupposti fattuali, di cui all’art. 77, secondo comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico […].

I presupposti per l’esercizio senza delega della potestà legislativa da parte del Governo riguardano “il decreto-legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo”. Quindi, secondo la Corte, “il presupposto del caso straordinario di necessità e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno”.

L’omogeneità di contenuto del decreto-legge è già prescritta dall’art. 15, comma 3, della legge n. 400 del 1998.  La Corte ora rileva che tale prescrizione “costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell’art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell’intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza”, innanzi al quale il Governo si avvale del potere (eccezionale) di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento.

La Corte esplicita la ratio dei c.d. decreti “milleproroghe”: quest’ultimi, infatti, sono rivolti “ad intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessati considerati rilevanti […]; [pertanto] del tutto estranea a tali interventi è la disciplina a regime di materie o settori di materie”.

La necessaria omogeneità del decreto-legge deve essere osservata dalla legge di conversione. Il principio della sostanziale omogeneità delle norme contenute nella legge di conversione di un decreto-legge è disciplinato dall’art. 96 r.C., il quale reca che “Il Presidente dichiara inammissibile gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto-legge”.

Sul punto, sono intervenuti, in tempi diversi, sia il Presidente del Senato sia il Presidente della Repubblica. Il primo, con una lettera, inviata il 7 marzo 2011, ai Presidenti della Commissioni parlamentari, esprime l’indirizzo di “interpretare in modo particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge, la norma dell’art. 97, comma 1, r.S., sulla improponibilità di emendamenti estranei all’oggetto della discussione”.  Il secondo, con il messaggio del 29 marzo 2002 e con la lettera del 22 febbraio 2011, ha posto, allo stesso modo, l’attenzione sull’osservanza del principio della sostanziale omogeneità delle norme contenute nella legge conversione di un decreto-legge.

Dunque, secondo la Corte, si deve ritenere che l’esclusione della possibilità di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all’oggetto e alle finalità del testo originario non risponda solo ad esigenze di buona tecnica normativa, ma sia imposto dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce “un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario”.

La Corte, nell’esplicare il concetto per cui l’oggetto del decreto-legge dovrebbe coincidere con quello della legge di conversione, non esclude che il Parlamento possa, nell’esercizio della propria ordinaria potestà legislativa, apportare emendamenti al testo del decreto-legge. Tuttavia, questo potere, come evidenziato in precedenza, incontra quel limite “dell’omogeneità di fondo della normativa urgente”.

La Corte, nel concludere le sue osservazioni, afferma che l’innesto nell’iter di conversione dell’ordinaria funzione legislativa può certamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto “di non spezzare il legame essenziale tra decretazione d’urgenza e potere di conversione”. Se tale legame viene interrotto, la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessità e urgenza per le norme eterogenee aggiunte che, proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari, ma per “l’uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalità  di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge”.  

Il rispetto delle norme costituzionali, che dettano tali limiti e regole, è condizione di legittimità costituzionale degli atti approvati, come questa Corte ha già affermato a partire dalla sentenza n. 9 del 1959.

Per quanto riguarda i profili di legittimità costituzionale espressamente riconosciuti fondati dalla Corte sono:

– violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost.:

– lesione dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni (art. 119, primo comma, Cost.)

– misconoscimento del legame necessario tra entrate e funzioni delle Regioni (art. 119, quarto comma, Cost.)

– irragionevole aggravio per le popolazioni dei territori colpiti dall’evento calamitoso, con inadempimento al dovere di solidarietà (art. 2 Cost.)

– contraddizione rispetto alla generale previsione di una destinazione di risorse aggiuntive statali alle Regioni, per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni di queste (art. 119, quinto comma, Cost.)

– violazione della riserva di legge in materia tributaria (art. 23 Cost.) là ove si autorizza il Presidente della Regione a deliberare gli aumenti fiscali;

– lesione dell’autonomia statutaria regionale (art. 123 Cost.), là ove si individua con norma statale l’organo regionale titolato a deliberare gli aumenti fiscali.

Conclusioni della Corte

La Corte  dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui introduce i commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo, nell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 255 recante “Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile”.

Luca Di Donato