"Battaglie di libertà. Democrazia e diritti civili in Italia (1943 – 2011)", di Sergio Lariccia

08.05.2012

In questi ultimi tempi dominati da numerosi sintomi di degenerazione dello Stato e della società, fra cui una dilagante frattura sociale, si intravede una luce nel panorama editoriale italiano che ridona voce di chi hadotato l’Italia di una dignità riconosciuta a livello mondiale. L’Italia di De Gasperi, di Bobbio, di Calamandrei,di Salvemini, di Basso. Ma il nobile elenco potrebbe continuare contemplando anche voci meno conosciute,virtù deboli che hanno fatto la forza dell’Italia per la forza delle idee e dell’impegno civile.

Queste sono solo alcune delle voci contenute nell’ultimo libro di Sergio Lariccia, Battaglie di libertà. Democrazia e diritti civili in Italia (1943 – 2011) Carocci Editore.

Lariccia si distingue da sempre per la sua rigorosa metodologia che non trascura mai il dettaglio. Anzi ildettaglio spesso diviene il particolare che fa la differenza, il valore aggiunto di un discorso che con quel dettaglio ne risulta notevolmente arricchito. Le note, le citazioni, una bibliografia accurata consentono all’appassionato di proseguire il cammino tracciato e facilitato dal sentiero delle parole che stimolano ogni volta una ricerca personale o più approfondita secondo gli scenari che si aprono davanti a quel lettore che non ama la superficialità, preferendo i fatti alle interpretazioni..

In questo compatto lavoro, Lariccia ci porta a conoscenza della “sostanzialita'” di alcune battaglie aldilà delle enunciazione formale. C’è lo spirito dei costituenti in questo lavoro. Lo spirito che ha spinto le forze politiche del tempo a trovare una “sintesi” per “costruire” una Carta Costituzinale di grande livello e purtroppo oggi minata da tarli che ne stanno erodendo le radici. C’è anche il Mortati, in questo libro, dei”caratteri costanti dello Stato che fanno sentire la loro presenza nella varietà delle situazioni succedutesi nel tempo”

Il lavoro si apre con un’ immagine attuale di Giangiacomo Schiavi sui disagi e le speranze nel Paese dei nessuno ovvero lo straripamento delle scorciatoie che hanno portato l’Italia al declino civile e morale. Il “vincere facile”, le conoscenze in luogo della conoscenza. Il de profundis del merito a vantaggio dell’assicurazione dei posti della politica corrotta. Un lavoro, questo di Lariccia, affine alla “Teoria dei sentimenti morali” di Adam Smith, con la presenza della morale laica che si basa sul concetto della medietà, nel trovare la via giusta tra i due estremi di ogni problematica, con una riflessione sistematica sulle cose fondata sulle conoscenze storiche e sul senso comune. Scorrendo l’indice e poi entrando nel vivo si aprono innanzi al lettore panorami che consentono di ripercorrere tutte le battaglie civili, democratiche e dignitose che hanno portato l’Italia ad avere il concreto riconoscimento di diritti, l’adempimento di compiti e doveri e l’esercizio di poteri pubblici, privati, civili e religiosi evidenziano sempre i principi di dialogo, uguaglianza, libertà e solidarietà che sono stati conquistati faticosamente grazie alla “virtù dei migliori” che hanno reso il nostro Paese al passo con i tempi elevandolo, rispettandolo e tutelandolo. Con orgoglio. Esponendo la bandiera senza vergogna. Nel volume dunque vengono spiegate, con la consueta immediatezza e chiarezza dell’autore, alcune di queste battaglie dal divorzio, al diritto di famiglia, all’aborto e al più recente dibattito sulla questione dei simboli religiosi e della delicata materia bioetica. Il tutto con la “spina dorsale” della laicità dello Stato e della laicità delle istituzioni scolastiche. Per un’istruzione libera. Per un’istruzione che libera, perchè consente a ciascuno di seguire una sua strada, di emanciparsi: “Senza educazione voi non potete scegliere giustamente fra il bene e il male; non potete acquistar coscienza dei vostri diritti; non potete ottenere quella partecipazione nella vita politica senza la quale non riuscireste a emanciparvi; non potete definire a voi stessi la vostra missione. L’educazione è il pane dell’anime vostre”. Parole queste di Giuseppe Mazzini. Parole preziose.

Ciò che colpisce in questo lavoro è l’esatta collocazione delle parole. Quelle parole che possono dar luogo ad “equivoci costituzionali” o ad interpretazioni libere e comunque non nel senso dato dai Padri costituenti che hanno scritto ogni articolo, ma soprattutto quello dei diritti fondamentali avendo la massima cura all’uso della parola, alla connessione delle stesse. Al fine di evitare strumentalizzazioni di una o dell’altra parte politica. Uno straordinario sforzo letterale che ha reso la nostra Carta tra le più belle del Mondo.

In questo senso c’è un bellissimo passo di Nicola Colaianni che rende un’idea immediata dell’approccio concettuale “con molta cautela la laicità – «uno dei capisaldi della tolleranza e del dialogo», come ha scritto Claudio Magris – sta entrando nel lessico dei giudici. Forse è entrata in ritardo. Ancorché non molto più tardi rispetto al suo ingresso nel lessico comune. Ma se d’altro canto, se laicità è nella sua essenza rispetto della distinzione degli ordini distinti,equidistanza, imparzialità, in fondo eguaglianza, bisogna abituarsi a non vederla nominata ad ogni piè sospinto e da scorgerla piuttosto nella trama nascosta, nel retroterra culturale della motivazione”. Il riferimento alla corrispondenza delle parole è fondamentale perché insieme alle idee possono cambiare “il corso delle cose”.

Sulla base di questi concetti nel libro si da conto, come si accennava, anche di specifici casi quali il “caso” Cordero ovvero la libertà della scuola e la libertà di insegnamento. E naturalmente il più conosciuto “caso” della presenza del crocifisso nelle aule della scuola pubblica. Più precisamente nel settore dell’istruzione vi sono state molte di queste “battaglie” tra autorità civili e autorità religiose in nome all’esatto significato del termine laicità poiché le “parole sono importanti” per dirla con Nanni Moretti ed occorre evitare la loro “manomissione” evocata da Carofiglio. Lo spazio di questa recensione è troppo breve, ma tra le “voci” che si sentono scorrendo le pagine di questo bel libro sceglierei quella di Salvemini, davvero attuale in questa Italia sospesa, legata, eterodiretta. In tutte le battaglie è necessario difendere il proprio pensiero e quando serve bisogna ammettere i propri errori seguendo l’insegnamento dell’illustre meridionalista. Se non si ammette di sbagliare si è costretti ad imbrogliare, a mentire, a giocare d’astuzia per difendere la propria posizione.

Ecco perché questo libro è davvero essenziale in questo anniversario dei 150 anni di questa Italia che dovrebbe sublimare ” il signore che paga il biglietto del tram, il cittadino che non evade le tasse, la signora che chiede per favore, il medico che non guarda l’orologio (e che non pensa solo a non fare la fattura…), l’artigiano che non bara sui conti…

Le battaglie civili sono anche queste. Diritti garantiti agli Italiani che fanno ancora il proprio dovere.

Nonostante tutto.

recensione di Antonio Capitano