Corte costituzionale, sentenza del 30 luglio 2012, n. 213 – La Corte dichiara l’incostituzionalità di una legge regionale che definisce indennità aggiuntive per i dipendenti pubblici regionali e comandati

01.05.2012

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, della legge della Regione Molise 4 agosto 2011, n. 17 (Modifiche all’articolo 8 della legge regionale 12 settembre 1991, n. 15, e all’articolo 6 della legge regionale 20 agosto 2012, n. 16, in materia di segreterie particolari), la quale innova la precedente legislazione regionale in ordine al trattamento del personale delle segreterie particolari di taluni organi regionali (Presidente della Giunta regionale e Assessori regionali, Presidente del Consiglio regionale, componenti dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, Presidenti delle commissioni consiliari permanenti e temporanee, Presidente del Collegio dei revisori dei conti).

Il Governo impugna la legge sotto due aspetti:

– l’art. 1, laddove dispone che ai responsabili delle segreterie particolari degli organi regionali sopra menzionati spetta «un trattamento giuridico, economico ed indennitario non inferiore a quello previsto per la categoria economica D3», ferma restando per tutti gli altri dipendenti (regionali e comandati), utilizzati nelle suddette segreterie, la conservazione del trattamento in godimento;

– l’art. 3, il quale fa retroagire le disposizioni della medesima legge dal 1° gennaio 2011 nei confronti del personale, il quale, «a decorrere dalla stessa data o da data successiva, risulti aver svolto funzioni di responsabile di segreteria particolare».

La Corte costituzionale ha giudicato la questione di legittimità dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 17 del 2011 fondata.

A parere della Corte, infatti, l’art. 1 della legge regionale “sconfina” nell’àmbito dell’ordinamento civile: per un verso, infatti, colloca d’imperio una posizione di lavoro schematicamente connotata da mera responsabilità di segreteria in una determinata categoria attinta dal sistema di classificazione del comparto di riferimento, venendo così ad incidere nella materia degli inquadramenti del personale, riservata dalla legge alla contrattazione collettiva (art. 40, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»). Per altro verso, interviene sull’assetto del trattamento economico e giuridico di dipendenti pubblici (regionali e comandati) e sulla disciplina dell’attribuzione di mansioni superiori, anche in deroga al regime dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2011 ed alla specifica regola, ivi stabilita, secondo cui gli effetti di una siffatta assegnazione (comunque senza riflessi sull’inquadramento ai sensi del comma 1 dell’art. 52, cit.) possono essere regolati in modo difforme soltanto dai contratti collettivi.

La norma regionale impugnata, dunque, finisce per regolare istituti tipici del rapporto di lavoro pubblico privatizzato (inquadramenti, trattamento giuridico ed economico, effetti dello svolgimento di mansioni superiori), con conseguente lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile (sentenze nn. 339, 77 e 7 del 2011, nn. 332 e 151 del 2010 e n. 189 del 2007).

La Corte osserva, inoltre, che la caducazione dell’art. 1 della legge si riflette inevitabilmente sul successivo art. 3. Rispetto a quest’ultimo tuttavia la questione di legittimità è, comunque, fondata anche in sé considerata, poiché non sussiste alcun motivo plausibile che giustifichi la retrodatazione del beneficio del trattamento giuridico ed economico della categoria D3 a favore dei titolari degli incarichi di responsabile di segreteria particolare svolti a partire dal 1° gennaio 2011. Anzi, proprio l’indiscriminata retroattività del beneficio economico è viziata da irragionevolezza, tenuto conto pure che in altre occasioni questa Corte ha ritenuto ragionevole la scelta legislativa, di segno contrario, di graduare nel tempo la concessione e la retrodatazione degli effetti economici di determinati meccanismi perequativi (ordinanza n. 241 del 2002).

Sulla base di tali argomentazioni, la Corte dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 17 del 2011 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.; e l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge reg. Molise n. 17 del 2011 perché in contrasto con l’art. 3 Cost.

a cura di Giovanna Perniciaro