Corte Costituzionale, 10 giugno 2011, n. 181 – Illegittimo il criterio di quantificazione dell'indennità espropriativa riferito al valore agricolo medio della coltura più redditizia, ai fini della quantificazione dell'indennità d'esproprio

18.05.2011

Sentenza Corte Costituzionale, 10 giugno 2011, n. 181

ESPROPRIAZIONE PER P.U. – QUANTIFICAZIONE INDENNITA’ ESPROPRIATVA – SUOLI CON DESTIANZIONE AGRICOLA O NON EDIFICABILE – RIFERIMENTO AL VALORE AGRICOLO MEDIO DELLA COLTURA NON REDDITIZIA – CRITERIO ASTRATTO E SVINCOLATO DALL’EFFETTIVO VALORE DI MERCATO DELLO SPECIFICO BENE – ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE.

Va dihiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5-bis, comma 4, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, in combinato disposto con gli articoli 15, primo comma, secondo periodo, e 16, commi quinto e sesto,della legge 22 ottobre 1971, n. 865, nella parte in cui stabiliscono che l’indennità di espropriazione, per le aree agricole ovvero non suscettibili di classificazione edificatoria, è commisurata al valore agricolo medio annualmente calcolato da apposite commissioni provinciali, valore corrispondente al tipo di coltura in atto nell’area da espropriare, ovvero, per il caso di aree incluse in centri abitati, il valore medio della coltura più redditizia tra quelle che, nella regione agraria in cui ricade l’area da espropriare, coprono una superficie superiore al 5 per cento di quella coltivata della regione agraria stessa.

Si tratta di un valore del tutto astratto, che prescinde dall’area oggetto del procedimento espropriativo e ignora ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene, eludendo, per tal verso, il «ragionevole legame» con il valore di mercato, prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e coerente, del resto, con il “serio ristoro” richiesto dalla giurisprudenza consolidata della Corte giudicante (cfr. sentenza n. 348 del 2007)

E’ vero che il legislatore non è tenuto a commisurare integralmente l’indennità di espropriazione al valore di mercato del bene ablato, e che, del resto, non sempre è garantita dalla CEDU una riparazione integrale, come la stessa Corte di Strasburgo ha affermato. Tuttavia, proprio l’esigenza di effettuare una valutazione di congruità dell’indennizzo espropriativo, determinato applicando eventuali meccanismi di correzione sul valore di mercato, impone che quest’ultimo sia assunto quale termine di riferimento dal legislatore, in guisa da garantire il “giusto equilibrio”tra l’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.

Alessandroa.baroni


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