Corte costituzionale, 20 luglio 2011, n. 245 – Divieto di sposarsi per gli immigrati senza permesso di soggiorno

14.05.2011

Corte costituzionale, 20 luglio 2011, n. 245

Norme impugnate e parametri di riferimento

Il Tribunale ordinario di Catania ha sollevato – in riferimento agli articoli 2, 3, 29, 31 e 117, primo comma, della Cost. – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del cod. civ., come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole “nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano”. In altri termini, la modifica avvenuta con la legge n. 94 del 2009 obbliga lo straniero, che vuole contrarre matrimonio in Italia, a possedere regolare permesso di soggiorno.

La questione è stata sollevata nel corso di un giudizio civile, promosso da una cittadina italiana e da un cittadino marocchino, avente ad oggetto – previo accertamento della illegittimità del rifiuto opposto dall’ufficiale dello stato civile alla celebrazione del matrimonio tra gli stessi – la richiesta di pronuncia di un ordine all’ufficiale dello stato civile medesimo di celebrazione del matrimonio in questione.

La Corte, in via preliminare, procede alla ricognizione del quadro normativo nel quale si inserisce la norma oggetto del presente esame. In particolare, la questione sollevata attiene alla disciplina del matrimonio dello straniero in Italia, regolata dall’art. 116 cod. civ.

La Corte ricorda che, prima della modifica legislativa, lo straniero, che desiderava contrarre matrimonio in Italia, doveva presentare all’ufficiale dello stato civile solo un nulla osta rilasciato dall’autorità competente del proprio Paese. Invece, la legge n. 94 del 2009, che ha modificato l’art. 116, primo comma, cod. civ., ha stabilito che lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all’ufficiale dello stato civile, oltre al nulla osta “un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano”.

La stessa legge n. 94 del 2009, inoltre, al fine di ridurre il fenomeno dei “matrimoni di comodo”, dispone delle modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91 in merito ai requisiti necessari per l’acquisto della cittadinanza a seguito di matrimonio dello straniero con il cittadino italiano.

Argomentazioni della Corte

La Corte, ricordando la propria giurisprudenza, afferma che se da un lato il cittadino e lo straniero possono avere un diverso trattamento nel godimento di certi diritti (sentenza n. 104 del 1969), in particolare consentendo l’assoggettamento dello straniero “a discipline legislative e amministrative ad hoc”, l’individuazione delle quali resta “collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici”, quali quelli concernenti “la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione” (sentenza n. 62 del 1994); dall’altro, tuttavia, resta pur sempre fermo che i diritti inviolabili, di cui all’art. 2 Cost., spettano “ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”, di talché la “condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi” (sentenza n. 249 del 2010).

La Corte rileva che la finalità della legge – orientata a ridurre i “matrimoni di comodo” e volta così a garantire il presidio e la tutela delle frontiere ed il controllo dei flussi migratori – non sia proporzionata rispetto alla restrizione della libertà di contrarre matrimonio non solo degli stranieri ma, in definitiva, anche dei cittadini italiani che intendano coniugarsi con i primi.

Dunque, secondo la Corte, la previsione della legge n. 94 del 2009 rappresenta uno strumento non idoneo ad assicurare un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei diversi interessi coinvolti nella presente ipotesi, specie ove si consideri che il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) già disciplina alcuni istituti volti a contrastare i cosiddetti “matrimoni di comodo”.

Infine, anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che il margine di apprezzamento riservato agli Stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale garantito dalla Convenzione (sentenza 14 dicembre 2010, O’Donoghue and Others v. The United Kingdom).

Decisione della Corte

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del cod. civ., come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole “nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano”.

Luca Di Donato