Corte costituzionale, 19 luglio 2011, n. 232 – Istituzione di “zone a burocrazia zero” a favore del Meridione

14.05.2011

Corte costituzionale, 19 luglio 2011, n. 232

Norme impugnate e parametri di riferimento

La Regione Puglia ha impugnato numerose disposizioni del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), come convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

In particolare, la ricorrente censura l’art. 43 che prevede, al comma 1, l’istituzione, “nel Meridione d’Italia”, di “zone a burocrazia zero”, mediante l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno.

La Regione Puglia ritiene, in primo luogo, che la disposizione impugnata sia in contrasto con l’articolo 117, secondo e terzo [recte: terzo e quarto] comma, e con l’art. 118, secondo comma, della Cost., nella parte in cui è destinata ad applicarsi su una “indefinita molteplicità di materie” e, dunque, anche ai procedimenti amministrativi che si svolgono entro l’ambito delle materie di competenza regionale concorrente e residuale.

La Regione Puglia ritiene, in secondo luogo, che l’art. 43 sia in contrasto con l’art. 118, primo comma, Cost., perché lesivo dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, in quanto il legislatore statale non ha proceduto ad un’analisi dei livelli di adeguatezza-inadeguatezza del livello territoriale di governo coinvolto, che, invece, risulta necessaria per verificare l’effettiva sussistenza in concreto delle esigenze di esercizio unitario (con la relativa istituzione di un nuovo organo statale ad hoc).

Argomentazioni della Corte

Innanzitutto, per la Corte “non è condivisibile” l’assunto da cui muove la ricorrente, secondo cui lo Stato potrebbe allocare funzioni amministrative esclusivamente nelle materie di sua competenza esclusiva indicate nel secondo comma dell’art. 117 Cost. In base ad una recente giurisprudenza, la Corte ha ritenuto che nell’art. 118, primo comma, Cost., sia individuabile un certo carattere di “flessibilità” il quale – nel prevedere che le funzioni amministrative, generalmente attribuite ai Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo diverso per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza – introduce un meccanismo dinamico (incidente anche sulla stessa distribuzione delle competenze legislative) diretto appunto a superare l’equazione tra titolarità delle funzioni legislative e titolarità delle funzioni amministrative (sentenze n. 278 del 2010, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).

Dunque, superando la “acritica e categoria affermazione della insuperabilità delle competenze”, le quali (come si è visto) possono ripartirsi diversamente lungo l’asse Stato – Regioni, la ricorrente osserva che ciò può avvenire solo ove ricorrano i presupposti dell’esercizio unitario delle funzioni amministrative; presupposti che essa esclude che si riscontrino nelle disposizioni normative impugnate, derivandone per questo la violazione del medesimo art. 118, primo comma, Cost.

La Corte ritiene fondata tale censura: una deroga al riparto operato dall’art. 117 Cost. può essere giustificata solo se la valutazione dell’interesse unitario sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata (sentenze n. 278 del 2010, n. 76 del 2009, n. 165 e n. 88 del 2007, n. 214 del 2006, n. 151 del 2005).

La Corte prosegue nel determinare il quadro dei presupposti che consentano di giustificare la scelta statale dell’esercizio unitario delle funzioni. In tal senso, affinché una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l’esercizio, è necessario che detti una disciplina: logicamente pertinente; limitata a quanto strettamente indispensabile; e, infine, adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, attraverso adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali (sentenza n. 278 del 2010, sentenza. n. 76 del 209, n. 339 e 88 del 2007, n. 214 del 2006, n. 242 e n. 152 del 2005).

La Corte, nell’analizzare l’art. 43 oggetto di esame costituzionale, rileva la mancanza “di una qualsiasi esplicitazione, sia dell’esigenza di assicurare l’esercizio unitario perseguito attraverso tali funzioni, sia della congruità, in termini di proporzionalità e ragionevolezza, di detta avocazione rispetto al fine voluto ed ai mezzi predisposti per raggiungerlo, sia della impossibilità che le funzioni amministrative de quibus possano essere adeguatamente svolte agli ordinari livelli inferiori”.

 

Decisione della Corte

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale del censurato art. 43 del decreto-legge n. 78 del 2010, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, nella parte in cui è destinata ad applicarsi anche ai procedimenti amministrativi che si svolgono entro l’ambito delle materie di competenza regionale concorrente e residuale.

Luca Di Donato