La nuova Direttiva Ricorsi, n. 66 del 2007, è intervenuta a modificare  le direttive n. 89/665 e n. 92/13, relative alle procedure di ricorso in  materia di aggiudicazione degli appalti pubblici rispettivamente nei  settori ordinari e speciali, al fine di migliorare l’efficacia di tali  procedure eliminando le “lacune nei meccanismi di ricorso esistenti  negli Stati membri” e “garantire il rispetto delle disposizioni  comunitarie, soprattutto in una fase in cui le violazioni possono ancora  essere corrette” (considerando 3). 
In quest’ottica, l’ordinamento  comunitario ha individuato alcune condizioni minime che gli Stati membri  devono osservare a garanzia di una tutela giurisdizionale piena ed  effettiva contro la violazione delle regole sulla concorrenza. 
Di  seguito si riportano solamente le principali innovazioni introdotte,  rinviando, per uno studio più approfondito, al testo completo della  direttiva, riportato come allegato. 
La prima importante  prescrizione, contenuta nell’art. 2bis, è relativa all’introduzione di  un termine sospensivo minimo (cd. standstill period) che deve  intercorrere tra la data della decisione di aggiudicazione e la data di  stipulazione del contratto, che deve essere almeno di “dieci giorni  civili a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione  di aggiudicazione dell’appalto è stata inviata agli offerenti e ai  candidati interessati, se la spedizione è avvenuta per fax o per via  elettronica, oppure se la spedizione è avvenuta con altri mezzi di  comunicazione[…] di almeno quindici giorni civili a decorrere dal giorno  successivo alla data in cui è stata inviata la decisione di  aggiudicazione dell’appalto agli offerenti e ai candidati interessati, o  di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla  data di ricezione della decisione di aggiudicazione dell’appalto”, al  fine di consentire “un ricorso efficace tra la decisione  d’aggiudicazione di un appalto e la stipula del relativo contratto”  (considerando 4). Una deroga al termine sospensivo può essere prevista  dagli Stati membri (in questo caso il recepimento dell’art. 2ter è  facoltativo) solamente quando unico offerente è l’aggiudicatario e non  vi sono altri interessati, quando l’appalto è basato su un accordo  quadro o su un sistema dinamico di acquisizione, oppure quando la  direttiva 2004/18/CE non prescrive la pubblicazione del bando, come nei  casi di estrema urgenza. 
Rispetto a tale prescrizione, l’innovazione  della direttiva nel nostro ordinamento è, però, relativa, in quanto il  Codice dei Contratti Pubblici, all’art. 11, già prevede un termine  dilatorio di trenta giorni tra l’aggiudicazione e la stipulazione del  contratto. Rimane solo aperta la questione di diritto interno sulle  conseguenze dell’eventuale violazione della prescrizione e  dell’opportunità di modificare il nostro termine sospensivo per farlo  coincidere con il termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso. 
Una  seconda regola contenuta nella direttiva riguarda l’introduzione di un  ulteriore termine sospensivo per la stipula del contratto, operante tra  la proposizione del ricorso e la decisione sulla domanda di  provvedimenti cautelari e sul merito (art. 2, co. 3). 
Un’ulteriore  fondamentale prescrizione è contenuta nell’art. 2quinquies, secondo il  quale “Gli Stati membri assicurano che un contratto sia considerato  privo di effetti da un organo di ricorso indipendente  dall’amministrazione aggiudicatrice o che la sua privazione di effetti  sia la conseguenza di una decisione di detto organo di ricorso nei casi  seguenti: 
a) se l’amministrazione aggiudicatrice ha aggiudicato un  appalto senza previa pubblicazione del bando nella Gazzetta ufficiale  dell’Unione europea senza che ciò sia consentito a norma della direttiva  2004/18/CE; b) in caso di violazione dell’articolo 1, paragrafo 5,  dell’articolo 2, paragrafo 3, o dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, della  presente direttiva qualora tale violazione abbia privato l’offerente che  presenta ricorso della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso  prima della stipula del contratto quando tale violazione si aggiunge ad  una violazione della direttiva 2004/18/CE, se quest’ultima violazione ha  influito sulle opportunità dell’offerente che presenta ricorso di  ottenere l’appalto; c) nei casi di cui all’articolo 2 ter, lettera c),  secondo comma della presente direttiva qualora gli Stati membri abbiano  previsto la deroga al termine sospensivo per appalti basati su un  accordo quadro e su un sistema dinamico di acquisizione”. 
Si  prevedono in tal modo tre ipotesi tipiche, accomunate dal fatto di  costituire le violazioni più gravi della normativa comunitaria, in  presenza delle quali il contratto eventualmente stipulato prima  dell’annullamento della decisione di aggiudicazione deve,  obbligatoriamente, essere considerato privo di effetti. Anche sotto  questo profilo, rimane aperta la questione relativa alla natura  sostanziale e alla disciplina processuale della privazione di effetti, a  cui il legislatore dovrà dare risposta in sede di recepimento della  direttiva, la quale, peraltro, sull’annoso tema dei rapporti tra  annullamento della gara e sorte del contratto si mantiene neutrale. 
Accanto  a questo gruppo di ipotesi in cui la privazione di effetti del  contratto è obbligatoria e può essere derogata, in via eccezionale, solo  “se l’organo di ricorso, dopo aver esaminato tutti gli aspetti  pertinenti, rileva che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un  interesse generale impone che gli effetti del contratto siano  mantenuti” (fermo l’obbligo degli Stati membri di prevedere  l’applicazione di sanzioni alternative), il legislatore comunitario  prevede, nell’articolo 2sexies, un altro gruppo di fattispecie, in cui  gli Stati membri possono scegliere se prevedere la privazione di effetti  o introdurre, in alternativa, altri adeguati meccanismi sanzionatori,  ulteriori rispetto al mero risarcimento del danno. 
Infine, la  direttiva contiene un importante riferimento alla pregiudiziale  amministrativa. Secondo l’art. 2, co. 6, “Gli Stati membri possono  prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato a causa di una  decisione presa illegittimamente, per prima cosa l’organo che ha la 
competenza  necessaria a tal fine annulli la decisione contestata”. In tal modo  viene chiarito che la soluzione proposta dagli amministrativisti di  subordinare il risarcimento del danno al previo annullamento  dell’aggiudicazione non contrasta con l’ordinamento comunitario e non  può considerarsi limitativa delle garanzie di difesa. 
Queste sono le  principali regole introdotte, rimane solo da attendere il loro  recepimento da parte del legislatore nazionale (il termine è il 20  dicembre 2009), augurandosi che non assuma un atteggiamento  “minimalista”, consistente nel recepimento delle sole prescrizioni  obbligatorie, ma colga l’occasione per fare chiarezza su aspetti  delicati del processo in materia di appalti pubblici, quali la  giurisdizione sulla sorte del contratto e la pregiudiziale  amministrativa.
La Direttiva 2007/66/CE: nuove regole in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici.
13.05.2009