Il giudice nazionale non è tenuto a domandare al Parlamento europeo di pronunciarsi sull’immunità di un deputato europeo nell’ambito di un’azione di risarcimento danni

14.11.2008

Corte di Giustizia, sentenza 21 ottobre 2008, in tema di immunità dei membri del Parlamento europeo (cause riunite C- 200/07 e C- 201/07, Marra, De Gregorio, Clemente).

Le domande di pronuncia pregiudiziale, oggetto della sentenza della Corte, vertono sull’interpretazione delle norme comunitarie in materia di immunità dei membri del Parlamento, in particolare degli artt. 9 e 10 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee del 1965, nonché dell’art. 6, n. 2 e 3 del Regolamento interno del Parlamento europeo. In virtù delle disposizioni del Protocollo l’immunità parlamentare dei deputati europei ricomprende le due forme di tutela generalmente riconosciute ai parlamentari nazionali degli Stati membri, vale a dire l’immunità per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari e l’inviolabilità parlamentare che si traduce in una tutela dai procedimenti giudiziari. L’oggetto delle due cause principali consiste nella richiesta di risarcimento danni promossa contro un ex deputato del Parlamento europeo. In seguito il Tribunale e la Corte d’Appello di Napoli hanno confermato tale richiesta. Dinanzi alla Corte di Cassazione, il deputato ha invocato l’immunità sostenendo che, in virtù dell’art. 6 del Regolamento interno, i giudici di primo grado e d’appello, prima di pronunciare sentenze di condanna nei suoi confronti, avrebbero dovuto chiedere al Parlamento la revoca della sua immunità. Il giudice del rinvio rileva che, nel sistema delineato dal legislatore comunitario, l’art. 6 del Regolamento prevede che la richiesta di difesa dei privilegi e delle immunità possa essere presentata al Presidente del Parlamento sia da un’autorità competente di uno Stato membro, sia direttamente da un deputato europeo. Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali: se nell’ipotesi di inerzia del parlamentare europeo, che non si avvalga dei poteri attribuitigli dall’art. 6, comma 2 del Regolamento del Parlamento di richiedere direttamente al Presidente la difesa dei privilegi e delle immunità, il giudice avanti al quale pende la causa civile sia comunque tenuto a richiedere al Presidente la revoca dell’immunità, ai fini della prosecuzione del procedimento; ovvero se in assenza della comunicazione da parte del Parlamento europeo di voler difendere le immunità e i privilegi del parlamentare, il giudice possa decidere sull’esistenza a meno della prerogativa. La Corte di Giustizia afferma che il giudice nazionale non è obbligato a sottoporre la questione al Parlamento, poiché il Protocollo non prevede infatti la competenza del Parlamento a verificare se ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’immunità. Una siffatta valutazione spetta invece ai giudici nazionali i quali non possono che trarre le conseguenze di tale immunità, ove le opinioni e i voti sono stati espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari. Poiché il Regolamento è atto di organizzazione interna, è inidoneo a istituire a favore del Parlamento competenze che non siano stata espressamente attribuite da un atto normativo. Ne consegue che, anche se il Parlamento, a seguito della richiesta del deputato europeo, adotta una decisione di difesa dell’immunità, tale decisione è sprovvista di effetti vincolanti nei confronti delle autorità giudiziarie nazionali. Tuttavia la Corte non può disconoscere il principio di leale collaborazione tra le istituzioni europee e le autorità nazionali, quale sancito nell’art. 10 TCE; nel caso in esame il Parlamento europeo e le autorità giudiziarie nazionali devono quindi collaborare al fine di evitare qualunque conflitto nell’interpretazione e applicazione del Protocollo. In conclusione, le questioni sono state risolte nel senso che il giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sull’azione di risarcimento nei confronti di un deputato europeo, qualora non abbia ricevuto alcuna informazione in merito ad una richiesta presentata al Parlamento dal deputato per ottenere la diesa dell’immunità, non è tenuto a domandare al Parlamento di pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti dell’immunità; invece, il giudice nazionale, qualora sia informato del fatto che lo stesso deputato ha presentato al Parlamento una richiesta di difesa dell’immunità, deve sospendere il procedimento giudiziario e chiedere al Parlamento che emetta al più presto un parere; se il giudice nazionale afferma l’immunità, questi è tenuto a non dar seguito all’azione promossa.

a cura di Ileana Boccuzzi