I pareri del servizio giuridico su atti legislativi del Consiglio dei ministri non sono coperti da un’esigenza generale di riservatezza

03.11.2008

Corte di Giustizia, sentenza 11 luglio 2008
(causa C- 39/2005 e C- 52/2005, Turco c/ Consiglio dell’Unione europea e altri).

La sentenza in questione ha ad oggetto il Regolamento n. 1049/2001, adottato dal Consiglio sulla base dell’art. 255, n.2, TCE. Il principio generale, definito nell’art. 2, n.1, volto all’adozione di decisioni sempre più trasparenti e più vicine ai cittadini, riconosce a qualsiasi cittadino dell’Unione e a qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia sede sociale in uno Stato membro un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni fissate in Regolamento.
L’art. 4 n. 2 del Regolamento individua invece le eccezioni alla regola generale, secondo le quali le istituzioni rifiutano l’accesso ad un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali e la consulenza legale, a meno che non vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione; di seguito, la previsione del n. 3, secondo cui l’accesso ad un documento per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudichi gravemente il processo decisionale dell’istituzione, tenendo presente ovviamente l’interesse prevalente alla divulgazione.
Poiché né il Regolamento n. 1049/2001, né i lavori preparatori di quest’ultimo definiscono la nozione di “tutela della consulenza legale”, la Corte interpreta l’eccezione relativa alla consulenza legale prevista dal succitato l’art. 4 n. 2 come volta a tutelare l’interesse di un’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi. Il rischio di pregiudizio a tale interesse, per poter essere invocato, deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico.
Alla luce di questo, l’istituzione, in questo caso il Consiglio, quando le viene chiesta la divulgazione di un documento, deve effettuare un esame da svolgersi necessariamente in tre fasi. Innanzitutto il Consiglio deve assicurarsi che il documento di cui viene chiesta la divulgazione costituisca effettivamente un parere giuridico e, in caso affermativo, determinare le parti che rientrano nel campo di applicazione prevista dall’eccezione del Regolamento. Infatti, secondo la Corte, un documento non beneficia automaticamente della tutela della consulenza legale garantita dall’art. 4. n. 2 per il solo fatto di essere denominato “parere giuridico”. In un secondo momento, il Consiglio deve esaminare se la divulgazione delle parti del documento individuate come concernenti pareri giuridici arrechi pregiudizio alla tutela della consulenza legale. In una terza fase, se il Consiglio ritiene che la divulgazione di un documento possa arrecare pregiudizio è suo dovere verificare che non esista un interesse pubblico prevalente che giustifichi tale divulgazione. In tale contesto, il Consiglio deve ponderare l’interesse specifico da tutelare, impedendo le divulgazioni del documento in questione con l’interesse generale all’accessibilità a tale documento, tenendo conto dei vantaggi che derivano da una maggiore trasparenza e partecipazione dei cittadini al processo decisionale.
In sintesi, la Corte ritiene errata la considerazione del Tribunale nel senso che esista un’esigenza generale di riservatezza connessa alla consulenza legale del servizio giuridico del Consiglio relativa a questioni legislative. Inoltre, di fronte all’affermazione espressa dal Consiglio che la divulgazione di un parere del servizio giuridico relativa ad una proposta legislativa possa suscitare dubbi sulla legittimità dell’atto legislativo, la Corte rileva che proprio la trasparenza e la discussione dei vari punti di vista contribuiscono a conferire alle istituzioni una maggiore democraticità; non si può di conseguenza giustificare astrattamente un diniego di divulgazione di tali pareri, bensì siffatto diniego deve essere suffragato e motivato da argomentazioni circostanziate. Come ultima considerazione, la Corte si pone contro la dichiarazione del Tribunale secondo cui l’interesse pubblico prevalente che può giustificare la divulgazione di un documento deve essere di regola distinto dai principi ispiratori del Regolamento di cui trattasi; d’altronde i principi che ispirano un atto legislativo sono manifestamente quelli definiti nelle finalità e disposizioni del Regolamento.
Ne consegue che la decisione controversa, che nega l’accesso al parere giuridico del Consiglio, deve essere annullata.

a cura di Ileana Boccuzzi