Flessicurezza: stessi diritti per tutti i lavoratori a livello europeo

14.12.2007

Approvando con 496 voti favorevoli, 92 contrari e 49 astensioni la relazione di Ole CHRISTENSEN (PSE, DK), il Parlamento riconosce che, per poter avere successo nel XXI secolo, l’Europa «ha bisogno di una forza lavoro ben istruita e di imprese che siano rapide a cogliere le opportunità che scaturiscono in un mondo in rapido cambiamento per aumentare la produttività e promuovere l’innovazione». Si dice inoltre convinto che la flessibilità «può essere nell’interesse sia dei datori di lavoro che dei lavoratori» e che possa essere raggiunta con la promozione di disposizioni «contrattuali adattabili e sicure». Sottolinea poi che la flessicurezza «può rappresentare una strategia politica per la riforma del mercato del lavoro» e, in quanto tale, deve «includere tutti gli aspetti esistenti della politica sociale e dell’occupazione», a livello nazionale e dell’UE.

Precisa, peraltro, che l’adozione di un approccio integrato della flessicurezza è giustificata dalla necessità di conseguire gli obiettivi della Strategia di Lisbona rivista, in particolare per quanto riguarda «posti di lavoro più numerosi e di migliore qualità» modernizzando, al contempo, i modelli sociali europei. Ciò, per i deputati, richiede politiche che trattino contemporaneamente la flessibilità dei mercati del lavoro, l’organizzazione del lavoro e delle relazioni di lavoro e la sicurezza (sicurezza occupazionale e sicurezza sociale).

Il Parlamento propone che il Consiglio europeo del dicembre 2007 adotti una serie più equilibrata di principi comuni di flessicurezza, «basati sulla creazione di un’occupazione di qualità e sul rafforzamento dei valori del modello sociale europeo». Questi principi, per i deputati, dovrebbero includere:

· la promozione di rapporti contrattuali stabili e pratiche sostenibili a livello di mercato del lavoro;
· un’azione in vista di accordi contrattuali adattabili e flessibili ed un’azione contro le pratiche di lavoro illecite, segnatamente nei contratti non standard;
· l’eliminazione della segmentazione del mercato del lavoro promuovendo e migliorando la sicurezza dell’occupazione; tutti i lavoratori dovrebbero avere una base di diritti, a prescindere dal loro status specifico;
· la riconciliazione di lavoro e vita familiare o personale, e la promozione del concetto di “lavoro dignitoso”;
· un partenariato tra l’amministrazione (a livello locale, regionale e nazionale), le parti sociali e la società civile nella gestione dei cambiamenti;
· la parità di genere e la promozione delle pari opportunità per tutti;
· l’individuazione e l’attuazione di vie nazionali in stretta collaborazione con le parti sociali;
· il potenziamento dell’adattabilità di imprese e lavoratori rafforzando la sicurezza della transizione attraverso una migliore mobilitazione delle politiche attive del mercato del lavoro;
· la necessità di una forza lavoro qualificata e adattabile, combinando così politiche attive in materia di mercato del lavoro e investimenti nell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita per migliorare l’inserimento professionale;
· un quadro macroeconomico per una crescita equilibrata e sostenibile e per posti di lavoro più numerosi e migliori.
E’ d’altra parte sottolineata l’importanza del principio di sussidiarietà e, in tale ambito, il Parlamento evidenzia che gli Stati membri devono disporre di un margine di discrezionalità «al fine di equilibrare la necessità di protezione contro la necessità di flessibilità, nel rispetto delle condizioni e delle tradizioni dei rispettivi mercati del lavoro nazionali».

Approvando con 556 voti favorevoli, 58 contrarie e 7 astensioni un emendamento proposto dal PSE, il Parlamento ricorda che la messa in atto di una serie di principi comuni per la flessicurezza «deve integrare la dimensione di genere» e, in proposito, elenca una serie di aspetti di cui occorre tenere conto. Come ad esempio, la sovrarappresentazione delle donne nei lavori atipici, la situazione specifica delle famiglie monoparentali, la conciliazione di vita familiare e professionale. I principi comuni di flessicurezza, inoltre, dovrebbero essere fatti propri dalle istituzioni comunitarie e dagli Stati membri nel quadro della strategia di Lisbona e, pertanto, chiedono la revisione degli orientamenti sull’occupazione per tenere conto degli aspetti della flessicurezza, nonché l’inserimento di uno specifico capitolo relativo alla qualità e alla forza del dialogo sociale nella relazione congiunta sull’occupazione.

Il Parlamento sottolinea poi che si dovrebbe dare priorità alla creazione di un mercato del lavoro flessibile accrescendo i livelli d’istruzione e diffondendo i programmi di formazione e riqualificazione. Ma anche eliminando le barriere all’integrazione nella forza lavoro di donne, migranti, lavoratori giovani o anziani e altri gruppi discriminati e svantaggiati, rimuovendo gli ostacoli alla mobilità occupazionale e geografica e realizzando attive politiche di mercato del lavoro che sostengano il passaggio dalla vecchia alla nuova attività. In tale contesto pone in luce «il ruolo decisivo» di lavoratori qualificati e adattabili e delle nuove tecnologie nell’istruzione e nella formazione e ricorda le nuove forme di flessibilità offerte dall’accordo delle parti sociali sul telelavoro, il tempo parziale e il lavoro a tempo determinato.

I deputati invitano inoltre la Commissione a proporre un pacchetto limitato di indicatori sulla qualità dell’occupazione. Per controllare l’efficacia delle politiche a favore dell’occupazione, la Commissione dovrebbe anche basarsi su indicatori relativi agli investimenti nelle competenze dei lavoratori, sul livello di insicurezza dei lavori e dei contratti e sulla transizione tra contratti atipici a contratti a tempo indeterminato. Ricordano peraltro che i lavoratori in subappalto, gli apprendisti e i lavoratori occasionali «sono lavoratori della flessibilità a più alto rischio, come dimostra il loro elevato tasso di infortunio».

A tale proposito, il Parlamento sottolinea la necessità di adottare politiche che impediscano lo sfruttamento dei lavoratori mediante l’accumulo di contratti non standardizzati che non prevedono diritti uguali a quelli dei contratti a tempo pieno. Chiede inoltre che tutte le politiche comunitarie dell’occupazione «si attengano al modello classico del contratto di lavoro a tempo indeterminato che forma la base dei sistemi di sicurezza sociale negli Stati membri».

I deputati si dicono poi convinti che si possa più facilmente creare un clima di fiducia e dialogo con la partecipazione delle parti sociali e di altre parti interessate all’adeguamento delle politiche nazionali e promuovendo le contrattazioni collettive. Sottolineano peraltro la necessità di affrontare le carenze nella copertura della contrattazione collettiva e di garantire i diritti d’associazione e di rappresentanza delle due parti dell’industria. Incoraggiano inoltre l’estensione della contrattazione collettiva e del dialogo sociale, incluso quello transfrontaliero e settoriale, «in modo da poter includere la formazione, l’organizzazione del lavoro e le questioni connesse con la ristrutturazione e la delocalizzazione».

Il Parlamento riconosce l’efficacia di forme innovative di organizzazione del lavoro come le organizzazioni per l’apprendimento, la multiqualificazione e la rotazione dei posti di lavoro mediante una formazione offerta dai datori di lavoro, le iniziative di finanziamento settoriali, gli aiuti regionali allo sviluppo e le politiche attive del mercato del lavoro. Ricorda inoltre l’importanza di «politiche efficaci e attive del mercato del lavoro», incluse la consulenza e l’orientamento, la riconversione e l’aiuto alla mobilità, «in modo da abbreviare i periodi di transizione tra attività».

Così come i regimi di aiuti sociali «che dovrebbero motivare le persone a cercare nuove opportunità di lavoro incoraggiando al contempo l’apertura al cambiamento riducendo le perdite di reddito e fornendo possibilità di istruzione». A tal fine occorre anche promuovere il riconoscimento delle qualifiche e delle esperienze acquisite durante i periodi d’istruzione formale, non formale e informale.

I deputati rilevano poi l’importanza di tenere conto di tutti gli aspetti della flessibilità, inclusa la flessibilità dell’organizzazione e dell’orario di lavoro, segnatamente mediante il ricorso alle nuove tecnologie. In proposito, sottolineano la necessità che le parti sociali negozino in modo migliore gli accordi in tema di orario di lavoro, «affinché essi siano sufficientemente flessibili per soddisfare le esigenze di datori di lavoro e dipendenti e consentire alle persone di trovare un equilibrio fra la vita professionale, la vita familiare e la vita personale».

Il Parlamento riconosce inoltre «pienamente» i risultati già conseguiti volontariamente dalle imprese europee nella sfera sociale e le incoraggia a adoperarsi maggiormente in tal senso. Sostiene quindi l’iniziativa, «ben concepita», della Commissione, volta a demandare la responsabilità sociale alle imprese su base volontaria, evitando in tal modo un ulteriore onere burocratico.

Infine, invita gli Stati membri e le parti sociali a limitare le politiche di pensionamento anticipato e a prevedere disposizioni che sostengano il pensionamento flessibile dei lavoratori anziani. Per esempio, mediante occupazioni a tempo parziale, lavoro condiviso e regimi analoghi che promuovano un invecchiamento attivo e possano accrescere l’integrazione dei lavoratori anziani nel mercato del lavoro.

a cura di Antonio Barreca