Bruxelles: Adottata la nuova direttiva su TV e media audiovisivi

14.12.2007

Adottando la relazione di Ruth HIERONYMI (PPE/DE, DE), il Parlamento ha approvato definitivamente la direttiva relativa “ai servizi di media audiovisivi” che attualizza la direttiva “TV senza frontiere” del 1997 agli sviluppi tecnologici e della pubblicità audiovisiva. La relazione accoglie un compromesso negoziato con il Consiglio che contempla numerosi suggerimenti proposti dai deputati nel corso della prima lettura. Il provvedimento sarà applicabile entro due anni dalla sua entrata in vigore (giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale UE), ossia verso la fine del 2009.

Incluse le web TV e i video on demand

Nel campo di applicazione della direttiva rientrano i servizi di media «che sono mezzi di comunicazione di massa», ossia destinati ad una «porzione considerevole» del grande pubblico sulla quale «potrebbero esercitare un impatto evidente». Ciò riguarda tutte le forme di attività economica, svolte anche da imprese di servizio pubblico, che sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva. Quest’ultima, è precisato, comprende la televisione analogica e digitale, la trasmissione continua in diretta (live streaming), la trasmissione televisiva su internet (webcasting) e il “video quasi su domanda” (near-video-on-demand). I servizi di media audiovisivi “a richiesta” (video on demand) rientrano nel campo d’applicazione della direttiva se «comparabili ai servizi televisivi», ossia se sono in concorrenza per lo stesso pubblico delle trasmissioni televisive.

Sono invece esclusi tutti i servizi la cui finalità principale non è la fornitura di programmi, in cui il contenuto audiovisivo è «meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale». Non rientrano quindi nel campo d’applicazione della direttiva i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio, né i giochi d’azzardo con posta in denaro, i giochi in linea e i motori di ricerca. Sono comprese invece «le trasmissioni dedicate a giochi d’azzardo o di fortuna». Esclusi anche le trasmissioni audio e i servizi radiofonici, nonché le versioni elettroniche di quotidiani e riviste.

Libertà di ricezione e trasmissione, ma non per pornografia e razzismo

In base alla direttiva, gli Stati membri devono garantire la libertà di ricezione e non ostacolare la ritrasmissione sul proprio territorio di servizi di media audiovisivi provenienti da altri Stati membri. Sono autorizzati a farlo, ma a solo a titolo provvisorio, se una trasmissione viola «in maniera evidente, grave e seria» il divieto di contenere programmi che possano «nuocere gravemente allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, in particolare programmi che contengano scene pornografiche o di violenza gratuita». A meno che la scelta dell’ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni che si trovano nell’area di diffusione assistano normalmente a tali programmi.

Gli Stati membri possono inoltre vietare le trasmissioni di altri Stati membri che contengono «incitamento all’odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità».

Pubblicità e televendite riconoscibili e codici di condotta per tutelare i minori

Con “comunicazione commerciale audiovisiva”, la direttiva intende immagini destinate a promuovere, direttamente o indirettamente, le merci, i servizi o l’immagine di una persona fisica o giuridica che esercita un’attività economica. Tali immagini accompagnano o sono inserite in un programma dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione. Tra le forme di comunicazione commerciale audiovisiva figurano, tra l’altro, la pubblicità televisiva, la sponsorizzazione, la televendita e l’inserimento di prodotti.

La direttiva chiede agli Stati membri di assicurare che le comunicazioni commerciali trasmesse dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione siano prontamente riconoscibili come tali. Vanno quindi proibite le comunicazioni commerciali audiovisive occulte e che utilizzano tecniche subliminali. Esse, inoltre, non devono pregiudicare il rispetto della dignità umana né comportare o promuovere discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, nazionalità, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.

Non devono poi incoraggiare comportamenti pregiudizievoli per la salute o la sicurezza, né incoraggiare comportamenti gravemente pregiudizievoli per la protezione dell’ambiente. E’ inoltre vietata qualsiasi forma di comunicazione commerciale audiovisiva per le sigarette e gli altri prodotti a base di tabacco, mentre per le bevande alcoliche non deve rivolgersi specificatamente ai minori né incoraggiare «il consumo smodato di tali bevande». Sono anche vietate le comunicazioni commerciali audiovisive dei medicinali e delle cure mediche che si possono ottenere esclusivamente su prescrizione medica.

Più in generale, le comunicazioni commerciali audiovisive non devono esortare i minori ad acquistare o locare un prodotto o un servizio «sfruttando la loro inesperienza o credulità». E nemmeno incoraggiarli a persuadere i loro genitori o altri ad acquistare beni o servizi, né sfruttare la particolare fiducia che essi ripongono nei genitori e negli insegnanti. Non possono poi mostrare «senza motivo» minori che si trovano in situazioni pericolose.

Come richiesto dal Parlamento in prima lettura, gli Stati membri e la Commissione sono chiamati a incoraggiare i fornitori di servizi di media ad elaborare codici di condotta concernenti le comunicazioni audiovisive commerciali inserite in programmi per bambini. Questi codici devono riguardare, in particolare, prodotti alimentari o bevande «la cui assunzione eccessiva nella dieta generale non è raccomandata».

Massimo 12 minuti l’ora di pubblicità

Con “pubblicità televisiva”, la direttiva intende «ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro pagamento o altro compenso, ovvero a fini di autopromozione, da un’impresa pubblica o privata o da una persona fisica nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro pagamento, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni». Con “televendita”, si intende invece l’offerta diretta trasmessa al pubblico allo scopo di fornire, dietro pagamento, beni o servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni.

In forza alla direttiva, pubblicità e televendite devono essere chiaramente riconoscibili e distinguibili dal contenuto editoriale. Senza pregiudicare l’uso di nuove tecniche pubblicitarie, devono quindi essere tenute nettamente distinte dal resto del programma «con mezzi ottici e/o acustici e/o spaziali». Gli spot pubblicitari e di televendita isolati, salvo se inseriti in trasmissioni di eventi sportivi, «devono costituire eccezioni». Deve inoltre essere garantita «l’integrità dei programmi», tenuto conto degli intervalli naturali, della durata e della natura del programma.

La trasmissione di film prodotti per la televisione (ad esclusione delle serie, dei seriali e dei documentari), opere cinematografiche e notiziari può essere interrotta da pubblicità televisiva e/o televendite «soltanto una volta per ogni periodo programmato di almeno trenta minuti». Lo stesso vale per la trasmissione di programmi per bambini, «purché la durata programmata della trasmissione sia superiore a trenta minuti». Nelle funzioni religiose, invece, «non si inseriscono né pubblicità televisiva né televendite».

La proporzione di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora d’orologio «non deve superare il 20%» (ossia 12 minuti). Ciò non si applica agli annunci dell’emittente relativi ai propri programmi, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti, né ai canali televisivi dedicati esclusivamente alla pubblicità, alle televendite e all’autopromozione.

Queste nuove disposizioni sopprimono peraltro le vigenti norme che limitano al 20% il tempo massimo quotidiano di trasmissione di spot di televendita, spot pubblicitari e altre forme di pubblicità, ad eccezione delle finestre di televendita, e al 15% il tempo di trasmissione per i soli spot pubblicitari sull’intera giornata.

Riguardo alle “finestre di televendita”, le nuove disposizioni impongono che queste siano chiaramente identificate come tali con l’ausilio di mezzi ottici e acustici. Devono inoltre avere una durata minima ininterrotta di 15 minuti. E’ peraltro soppressa l’attuale norma che fissa a otto il numero massimo di finestre di programmazione giornaliere, per una durata complessiva non superiore a tre ore al giorno.

Niente sponsor per i notiziari, programmi per bambini e religiosi

Con “sponsorizzazione”, la direttiva intende «ogni contributo di un’impresa pubblica o privata o di una persona fisica, non impegnata nella fornitura di servizi di media audiovisivi o nella produzione di opere audiovisive, al finanziamento di servizi o programmi di media audiovisivi al fine di promuovere il proprio nome, il proprio marchio, la propria immagine, le proprie attività o i propri prodotti».

In base alla direttiva, il contenuto dei programmi sponsorizzati non devono essere «in alcun caso» influenzati in modo da compromettere la responsabilità e l’indipendenza editoriale del fornitore di servizi di media. I programmi, inoltre, non devono incoraggiare direttamente l’acquisto o la locazione dei beni o servizi che li sponsorizzano, mentre devono essere chiaramente identificati come tali attraverso l’indicazione del nome, del logo e/o di qualsiasi altro simbolo dello sponsor all’inizio, durante e/o alla fine dei programmi.

Le imprese «la cui attività principale è la produzione o la vendita di sigarette o altri prodotti a base di tabacco» non potranno sponsorizzare servizi di media audiovisivi o programmi. Mentre la sponsorizzazione di servizi di media audiovisivi o di programmi da parte di imprese farmaceutiche può riguardare la promozione del nome o dell’immagine dell’impresa, ma non specifici medicinali o cure mediche che si possono ottenere esclusivamente su prescrizione medica.

I notiziari e i programmi di attualità non possono essere sponsorizzati, mentre gli Stati membri «possono scegliere» di proibire che si mostri il logo di una sponsorizzazione durante i programmi per bambini, i documentari e i programmi religiosi.

Vietato il “product placement”, salvo eccezioni

In linea di principio, la direttiva vieta l’inserimento di prodotti (o “product placement”), ossia «ogni forma di comunicazione commerciale audiovisiva che consiste nell’inserire o nel fare riferimento a un prodotto, a un servizio o a un marchio così che appaia all’interno di un programma dietro pagamento o altro compenso». Tale divieto sarà d’applicazione per i programmi prodotti dopo il quarto anno dall’entrata in vigore della direttiva.

a cura di Antonio Barreca