Il principio di sussidiarietà nel diritto belga

25.06.2007

Presidente di sezione al Consiglio di Stato belga
Professore all’Università libera di Bruxelles[1]

La nozione di sussidiarietà è emersa nel diritto belga soltanto con il trattato di Maastricht. Con
riserva di alcune applicazioni molto specifiche che ne sono fatte da legislazioni recenti, si applica
soltanto nelle relazioni tra lo Stato e l’Unione europea. Trattandosi della ripartizione delle competenze
tra le varie istituzioni di diritto nazionale, non esiste una norma che comanderebbe di preferire
sistematicamente il livello di potere che si esercita sulla parte di territorio più ridotta, e di passare a
livello superiore soltanto se imperativi d’efficacia lo comandano.
La ripartizione di competenza (sussidiarietà “verticale”) tra i vari poteri è realizzata secondo lo
schema seguente:
– la competenza residua, cioè la competenza di legiferare nei settori che nessuna disposizione
costituzionale attribuisce ad un’autorità determinata, appartiene al potere legislativo dello Stato;
– i poteri locali (comuni e province) hanno l’iniziativa per tutto ciò che riguarda gli interessi
comunali e provinciali, sotto il controllo dell’autorità incaricata della sorveglianza (il governo
regionale), ma l’essenziale delle loro competenze viene da numerose legislazioni che hanno affidato loro
attribuzioni determinate;soprattutto i comuni sono incaricati di queste missioni; la provincia appare
come un livello di potere debole;
– le competenze delle entità federate (comunità e regioni) sono determinate dalla costituzione
e, in modo dettagliato, da leggi votate a maggioranza speciale. Queste disposizioni non hanno applicato
il principio di sussidiarietà, ma hanno tradotto aspirazioni all’autonomia che procedono di
rivendicazioni politiche diverse.
L’espressione di «sussidiarietà orizzontale» non è utilizzata, ma la gestione privata di servizi
pubblici è praticata da tempo. Ricorrervi dipende da una valutazione politica; nessun principio impone
ai pubblici poteri di intervenire soltanto in caso d’insufficienza dell’iniziativa privata.
Nel settore dell’insegnamento, il diritto belga contemporaneo respinge formalmente questo
principio. Un accordo politico chiamato «patto scolastico», il cui contenuto è ripreso nella legislazione
e parzialmente nella costituzione, organizza in dettaglio il finanziamento dell’insegnamento comunale
e dell’insegnamento privato, purché i poteri organizzatori rispettino condizioni multiple che tendono
a situare l’insegnamento dispensato a livello fissato dall’autorità pubblica.
Da allora, tre reti d’insegnamento coesistono:
– quella delle Comunità;
– l’ufficiale sovvenzionata, cioè soprattutto l’insegnamento delle province e dei comuni,
– e la libera sovvenzionata, che è nella sua grande maggioranza l’insegnamento cattolico per
quanto riguarda l’insegnamento elementare e secondario.
Per l’insegnamento universitario, le università delle Comunità non hanno connotazioni
ideologiche segnate, e tra le principali università libere, le une sono laici, gli altri cattoliche.
L’esistenza di scuole che dispensano un insegnamento di un livello equivalente ed allo stesso
prezzo crea un’ «offerta» differenziata non soltanto quanto ai tipi ed opzioni di studi, ma anche quanto
la loro connotazione ideologica: laico o confessionale. Questo pluralismo procede del rifiuto del
principio di «sussidiarietà orizzontale» ed è una delle forme che riveste in Belgio la laicità dei pubblici
poteri.

[1] Relazione presentata al Convegno “Democrazia e sussidiarietà. Esperienze, problemi e prospettive” – venerdì 22 giugno 2007, organizzato dal Centro Bachelet dell’Università Luiss Guido Carli nel contesto dell’Incontro europeo dei docenti universitari.

di Michel Leroy


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