La legge finanziaria 2006 e la sanità pubblica – Corte Costituzionale, 8 maggio 2007, n. 162

08.05.2007

La clausola contenuta nell’art. 1, comma 610, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, secondo cui «le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti» deve ritenersi generica rispetto a norme del medesimo testo di legge che risultano formulate in termini inequivoci come riferite a tutte le Regioni e Province a autonomia differenziata. Deve perciò essere disattesa l’eccezione dell’Avvocatura dello Stato che dalla suddetta clausola desume la non applicabilità nei confronti delle Province autonome ricorrenti del divieto di sospensione delle prenotazioni delle prestazioni sanitarie costituenti livelli essenziali di assistenza disposizioni posto dal comma 282 dell’art. 1 della medesima legge n. 266 del 2005.

La competenza legislativa in materia di «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, della Costituzione) è assai più ampia rispetto a quella precedente dell’«assistenza ospedaliera», ed esprime l’intento di una più netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina. Ciò comporta che, anche in riferimento alle attribuzioni proprie delle Province autonome di Trento e di Bolzano, l’applicazione dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 trova fondamento nella maggiore estensione della «tutela della salute» rispetto alle corrispondenti competenze statutarie in materia sanitaria. La riconduzione delle attribuzioni in materia sanitaria delle Province ricorrenti all’art. 117, terzo comma, Cost. implica l’assoggettamento delle stesse ai limiti, espressi od impliciti, contenuti nel nuovo Titolo V, e, in particolare, all’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in ordine alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, alla quale va dunque ricondotta la previsione del divieto in esame.

Non è fondata la questione di costituzionalità del comma 282, nella parte in cui prescrive il divieto della sospensione delle attività di prenotazione delle prestazioni aventi ad oggetto i livelli essenziali di assistenza (L.E.A.) sanitari, promossa dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli artt. 9, numero 10, 16, 31, 49, 54, numeri 1, 2 e 3; 55, primo comma, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, all’art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, e agli artt. 2, comma 1, e 4, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266. Infatti, la disposizione censurata, pur intersecando la sfera di competenza legislativa concorrente assegnata dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione alle Province autonome ricorrenti nelle materie «igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera», nonché in quella relativa al funzionamento e alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari, rinviene, tuttavia, il suo prevalente titolo di legittimazione nella competenza legislativa esclusiva dello Stato prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera m) , della Costituzione. Competenza, questa, che deve ritenersi operante anche in relazione alle suddette Province autonome, in ragione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Risultano, inoltre, inconferenti i precedenti della Corte richiamati dalle Province ricorrenti in quanto riferiti a tematiche del tutto diverse, rispetto a quella esaminata, dell’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici (sent. n. 145/2005), mentre il caso in contestazione riguarda i livelli essenziali di assistenza nella sanità, ovvero dei tempi di attesa relativi all’attività di erogazione delle prestazioni di assistenza sanitaria (sent. n. 80/2007), mentre l’ambito della disposizione in esame attiene alla continuità ed effettività della prestazione dei L.E.A.

Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 282, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, limitatamente alle parole «sentite le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti, operanti sul proprio territorio e presenti nell’elenco previsto dall’articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206». Il vincolo procedurale a sentire le suddette associazioni, imposto dalla disposizione impugnata alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per regolare i casi in cui la sospensione dell’erogazione delle prestazioni sanitarie è consentita per la sussistenza di motivi tecnici, costituisce una disciplina marcatamente dettagliata che non può essere giustificata dalla competenza statale relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di assistenza sanitaria, prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera m) , Cost., atteso che nel caso in esame viene in rilievo un concorso di competenze legislative delle ricorrenti Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, che rende necessario fare applicazione del principio di prevalenza, nonché, in particolare, in ragione dell’intreccio delle discipline, del criterio di leale cooperazione.

Non è fondata, in relazione agli artt. 9, n. 10, 16, 31, 49, 54, nn. 1, 2 e 3, e 55, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 e agli artt. 2, comma 1, e 4, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 282, ultimo inciso, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nella parte in cui stabilisce che anche le Province autonome informano «successivamente, con cadenza semestrale, il Ministero della salute secondo quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2002», in merito alla sospensione delle prenotazioni dovuta a motivi tecnici. Si tratta, infatti, di una previsione che introduce un apposito meccanismo di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni, in linea con quanto previsto dall’allegato 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 – come modificato dal suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 aprile 2002 – recante «Linee guida sui criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa», e che al punto 6 prevede che «le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad attivare sistemi di monitoraggio dei tempi e dei procedimenti trasmettendo i relativi dati al Ministero della salute».

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 283, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sollevata in quanto, demandando alla Commissione nazionale sull’appropriatezza delle prescrizioni competenze in materia di formazione e addestramento professionale per il personale medico e per gli utenti del Servizio sanitario, violerebbe l’art. 8, numero 29, dello Statuto di autonomia, e inoltre in quanto, prevedendo la predisposizione di linee-guida per la fissazione di criteri di priorità relativi alla appropriatezza delle prescrizioni, di forme di controllo di tale appropriatezza, nonché di promozione di analoghi meccanismi a livello regionale e aziendale, violerebbe le attribuzioni della Provincia di Bolzano in tema di assistenza sanitaria e ospedaliera. Difatti, la norma impugnata ha carattere meramente propulsivo e propositivo, tendendo unicamente a sollecitare – nell’ottica del principio di leale collaborazione – lo svolgimento delle iniziative ivi indicate, sicché essa non invade le competenze provinciali, né si sovrappone alle stesse. Esula, pertanto, dai compiti della Commissione l’adozione diretta di misure amministrative attuative, le quali restano di spettanza delle autorità che ne sono titolari. Va, altresì, rilevato, con riguardo al compito di mero studio e predisposizione di linee-guida in ordine al settore dell’appropriatezza delle prestazioni e delle relative prescrizioni, che le stesse devono essere approvate con decreto del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, e quindi mediante un procedimento fondato su un meccanismo di garanzia dell’attuazione del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

Non è fondata, in riferimento agli artt. 8, numeri 1 e 29; 9, numero 10; 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, all’ art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, agli artt. 3 e 4, comma 1, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, all’art. 5, numero 16, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, agli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 283 e 284, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, riguardanti il sistema sanzionatorio, in forza del quale è attribuito alla «Commissione nazionale sull’appropriatezza delle prescrizioni» il compito di fissare i criteri per la determinazione e l’applicazione, da parte delle Regioni e delle Province autonome, delle sanzioni stabilite per la violazione del divieto di sospendere le prenotazioni nelle liste di attesa. Premesso, infatti, che la regolamentazione delle sanzioni amministrative spetta al soggetto nella cui sfera di autonomia rientra la disciplina della materia la cui inosservanza determina l’atto sanzionabile, deve ritenersi immune da censure la previsione che affida alla citata “Commissione sull’appropriatezza delle prescrizioni sanitarie” il compito di elaborare i criteri per la determinazione e l’applicazione delle sanzioni amministrative previste per l’ipotesi di violazione del divieto di sospendere l’operatività delle liste di attesa, in quanto detta disciplina è riconducibile alla materia di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m) , Cost., il che pertanto è idoneo a radicare la potestà legislativa statale in ordine anche alle relative sanzioni amministrative.

Non è fondata, in riferimento agli artt. 8, numeri 1 e 29; 9, numero 10; 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, all’ art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, agli artt. 3 e 4, comma 1, del d.lgs. 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 5, numero 16, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, agli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 283, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, riguardante la composizione della «Commissione nazionale sull’appropriatezza delle prescrizioni» e la modalità di nomina dei suoi componenti, in quanto la disciplina in questione costituisce esercizio di una competenza statale riconducibile alla materia di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m) , Cost. D’altronde, la previsione della partecipazione alla Commissione anche di rappresentanti designati dalla Conferenza permanente Stato-Regioni può ritenersi, nella specie, adeguato strumento di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

In relazione alla questione di legittimità costituzionale del comma 409 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che prevede una disciplina relativa ai dispositivi medici (istituzione di un repertorio nazionale generale, adempimenti a carico delle Aziende sanitarie e delle Regioni, obbligo delle aziende produttrici di versare al bilancio dello Stato un contributo rapportato alle spese di promozione), proposta dalla Provincia autonoma di Bolzano, in riferimento agli artt. 8, numero 1; 9, numero 10; 16 e 75 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e all’art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, il jus superveniens costituito dall’art. 1, comma 825, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 non è satisfattivo delle doglianze della ricorrente, sicché non sussistono i presupposti né per il trasferimento della questione sulla disposizione sopravvenuta, non risultando garantito il rispetto del principio di effettività della tutela delle parti nei giudizi in via di azione, in quanto detto trasferimento supplirebbe impropriamente solo all’onere di impugnazione gravante sulle parti; né per dichiarare la cessazione della materia del contendere, stante il carattere non satisfattivo della normativa sopravvenuta. Pertanto, lo scrutinio di costituzionalità deve essere effettuato sul testo originario dell’art. 1, comma 409, della legge n. 266 del 2005.

Non è fondata, in riferimento all’art. 9, numero 10, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e all’art. 117, terzo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 409, lettere a) e b) (in combinato disposto) della legge 23 dicembre 2005, n. 266, il quale condiziona l’acquisto, l’utilizzazione o la dispensa dei dispositivi medici, nell’ambito del Servizio sanitario, all’inserimento degli stessi nel repertorio nazionale. Infatti, proprio in ragione del tenore della norma impugnata, che è stata prevista per il perseguimento delle indicate finalità di razionalizzazione degli acquisti e di contenimento della spesa sanitaria, la disposizione qui censurata investe due diversi ambiti materiali. Da un lato, essa costituisce espressione della funzione di coordinamento della finanza pubblica, in quanto attraverso una razionalizzazione del sistema tende ad un coordinamento della finanza pubblica; dall’altro, afferisce alla tutela della salute, materie entrambe oggetto di potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. Da ciò consegue che, vertendosi in materie di legislazione concorrente, lo Stato è legittimato a porre principi fondamentali, come tali vincolanti per le Regioni e per le Province autonome. Va aggiunto che non è contestabile il potere del legislatore statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti. Né è senza significato che, ai sensi delle stesse lettere a) e b) , del medesimo comma 409, la classificazione dei dispositivi è approvata, e il repertorio generale è istituito, previo accordo, sancito dalla Conferenza Stato-Regioni, e dunque con un meccanismo idoneo a garantire il pieno coinvolgimento, sotto l’aspetto della leale collaborazione istituzionale, delle Regioni e delle Province autonome.

Non è fondata, in riferimento all’art. 8, numero 1, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e, in particolare, per dedotta violazione della competenza provinciale in materia di ordinamento degli uffici, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 409, lettera a) , numeri 1 e 2, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che disciplinano gli adempimenti a carico delle Aziende sanitarie e gli obblighi informativi delle Regioni connessi all’istituzione del repertorio nazionale generale dei dispositivi medici. Infatti, la normativa oggetto di impugnazione riveste in via prevalente natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica che, attraverso una razionalizzazione del sistema, tende ad un contenimento della spesa sanitaria e risulta inserita in un ambito che valorizza meccanismi di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 409, lettera e) (testo originario), della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per asserito contrasto con l’art. 75, primo comma, lettera g) , e secondo comma, dello statuto di autonomia della Provincia autonoma di Bolzano, in quanto non prevede, in relazione ai prelievi disposti a carico delle aziende che producono o immettono in commercio dispositivi medici, la compartecipazione della Provincia al gettito nei limiti fissati dallo statuto stesso. La prevista tariffa costituisce, infatti, semplice corrispettivo per l’erogazione di un servizio; corrispettivo che è privo, quindi, di carattere tributario data la sua natura di prezzo. Di conseguenza, non può trovare applicazione, nella specie, la citata disposizione dell’art. 75 dello statuto di autonomia.

a cura di Vincenzo Antonelli


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