La Corte si esprime sul tema della norme generali in materia di istruzione

07.07.2005

Corte costituzionale, 7 luglio 2005 n. 279

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dalle Regioni Emilia-Romagna e Friuli Venezia-Giulia avverso lo Stato

Norme impugnate e parametri di riferimento:
Le Regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia hanno impugnato numerose disposizioni del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, che detta le norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione. A detta delle ricorrenti, le disposizioni impugnate violerebbero sia l’art. 117, commi terzo e sesto che l’art. 118 Cost.

Argomentazioni della Corte:
La Corte osserva preliminarmente che le norme generali in materia di istruzione, in quanto sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie – e quindi applicabili indistintamente al di là dell’ambito propriamente regionale – si differenziano dai principi fondamentali, che invece, pur informati ad esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività, collegandosi ad altre norme. Tale distinzione preliminare viene utilizzata dalla Corte per dichiarare l’infondatezza di numerose questioni di legittimità sollevate dalle ricorrenti; in particolare, la Consulta ritiene che non si possa dubitare della natura di norme generali in materia di istruzione delle seguenti disposizioni del d.lgs. n. 59 del 2004:
– l’art. 1, co. 3, ritenuto lesivo degli artt. 117, co. 3 e 118 Cost. nella misura in cui attribuisce competenze amministrative, sia pure di carattere collaborativo, ad uffici statali periferici (gli uffici scolastici regionali) in una materia di potestà legislativa concorrente: affermando che in realtà non si tratta dell’attribuzione allo Stato di una vera e propria funzione amministrativa (in quanto la norma impugnata si limita ad attribuire agli uffici scolastici regionali la legittimazione a stipulare accordi con i competenti uffici delle regioni e degli Enti locali ai fini della realizzazione della continuità educativa con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria), la Corte osserva che l’indicazione delle finalità di ciascuna scuola è espressione della competenza esclusiva statale sulle norme generali dell’istruzione;
– l’art. 7, co. 1, 2 primo periodo e 4, primo periodo e l’art. 10, co 1, 2 primo periodo e 4, primo periodo, che stabiliscono rispettivamente per la scuola primaria e secondaria gli orari annuali delle lezioni e delle ulteriori attività educative e didattiche rimesse all’organizzazione delle istituzioni scolastiche, nonché l’orario della mensa e del dopo mensa: la Corte sottolinea, infatti, che tali norme vanno intese come espressione dei livelli minimi di monte-ore di insegnamento da garantire sull’intero territorio nazionale, ferma restando la possibilità per ciascuna Regione o istituzione scolastica di incrementare, senza oneri per lo Stato, le ore di insegnamento;
– l’art. 7, co. 4, secondo periodo e l’art. 10, co 4, secondo periodo, che prevedono che le istituzioni scolastiche stipulino contratti di prestazione d’opera con esperti in possesso dei titoli definiti con decreto ministeriale per lo svolgimento degli insegnamenti opzionali che richiedano una professionalità non riconducibile a quella dei docenti della scuola primaria o secondaria: la Corte evidenzia infatti che la scelta della tipologia contrattuale da utilizzare e l’individuazione dei titoli richiesti per l’espletamento delle suddette funzioni di insegnamento sono legate ad evidenti esigenza di unitarietà di disciplina sull’intero territorio nazionale;
– l’art. 2, co. 1, l’art. 12, co. 1 ultimo periodo e l’art. 13, co. 1 secondo periodo, che fissano i limiti minimi di età per l’iscrizione alla scuola dell’infanzia ed alla scuola primaria: la Corte sottolinea che si tratta di una funzione sorretta da evidenti esigenze unitarie, in quanto l’omogeneità anagrafica è la condizione minima di uniformità in materia scolastica.
Analogamente infondate, in quanto riconducibili alla competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, co. 2, lett. g), sono giudicate le censure relative alle seguenti disposizioni:
– l’art. 7, co. 5 secondo periodo e 6 e l’art. 10, co. 5 secondo periodo, che disciplinano la figura del tutor come figura di orientamento per gli allievi, di coordinamento delle attività educative e didattiche e di cura delle relazioni con le famiglie: a detta della Corte, infatti, la definizione dei compiti e dell’impegno orario del personale docente dipendente dallo Stato rientra sicuramente nella competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, co. 2, lett. g);
– l’art. 14, co. 5, che disciplina l’utilizzazione del personale docente che intenda ridurre il suo orario di cattedra ai fini della realizzazione delle attività educative e didattiche integrative.
Più articolate considerazioni sono invece proposte dalla Corte in relazione alla presunta illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni del d.lgs. n. 59 del 2004:
– gli artt. 12 e 13, nella parti relative alla “modulazione” delle anticipazioni delle iscrizioni alla scuola primaria, e quindi alle sperimentazioni ad esse connesse;
– l’art. 15, co. 1 secondo periodo, che affida al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca la possibilità di attivare incrementi di posti per le attività a tempo pieno e prolungato nell’ambito dell’organico del personale docente.
In entrambi i casi, la Corte sottolinea, in nome del principio di leale collaborazione, l’esigenza di un coinvolgimento nel procedimento decisionale della Conferenza unificata Stato-Regioni. Mentre, tuttavia, nel secondo caso tale rilievo viene argomentato dalla Corte alla luce della stretta incidenza della norma impugnata sulle competenze regionali relative alle attività educative, nel primo caso l’esigenza della partecipazione regionale viene dedotta dalla stessa scelta del legislatore statale di coinvolgere le realtà locali nella fase di graduale anticipazione dell’età di accesso alla scuola attraverso la partecipazione dell’ANCI in forma consultiva (esplicitamente prevista dall’art. 12, co. 1, ultimo periodo) al relativo procedimento decisionale. Sul tema, in realtà, la Corte rileva che il naturale interlocutore dello Stato in materia di istruzione è la Regione, in quanto gli Enti locali sono privi di competenza legislativa, concludendo così nel senso che la norma denunciata va ricondotta a legittimità costituzionale attraverso la sostituzione della partecipazione della Conferenza unificata Stato-Regioni alla prevista partecipazione consultiva dell’ANCI.

Decisione della Corte:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 12, co. 1 ultimo periodo, 13, co. 1 ultimo periodo e 15, co. 1 secondo periodo del decreto legislativo n. 59 del 2004 nella misura in cui non dispongono il coinvolgimento in sede consultiva, relativamente alle attività decisionali ivi previste, della Conferenza unificata Stato-Regioni. La Corte giudica viceversa infondate tutte le altre censure sollevate dalle ricorrenti in relazione al d.lgs. n. 59 del 2004.

e.griglio