Il 19 gennaio 2005 il Senato ha approvato definitivamente il ddl di modifica della legge 9 marzo 1989, n.86, cd. “Legge La Pergola”, che reca “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari” (AS 2386). Tale ddl nasce dall’esigenza di adeguare la partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario, sia nella fase (ascendente) di formazione che quella (discendente) di attuazione delle norme, in seguito all’entrata in vigore del nuovo Titolo V. Il novellato art.117, comma secondo, della Costituzione, dispone infatti che lo Stato ha legislazione esclusiva nei rapporti dello stesso con l’Unione europea, mentre in virtù del terzo comma le regioni hanno potestà concorrente nei rapporti che esse intrattengono con l’Unione europea. Ancora il 117, comma quinto, prevede che le regioni, nelle materie di loro competenza, partecipino alla formazione degli atti comunitari e provvedano alla loro esecuzione, secondo modalità procedurali stabilite dalla legge statale. Le novità di tale ddl riguardano nuove modalità di partecipazione delle regioni e degli enti locali al processo di formazione delle norme comunitarie, innanzitutto attraverso il rafforzamento dei canali di trasmissione delle informazioni. L’ambito dei soggetti coinvolti nella cd. fase ascendente si estende non solo alle regioni (come nella precedente normativa dettata dalla l.86/89), ma anche agli enti locali, alle parti sociali e alle categorie produttive, i quali sono chiamati ad esprimere ‘osservazioni’ al governo. A ciò si aggiunge la previsione di un’apposita sessione comunitaria anche della Conferenza stato-città e autonomie locali, che si affianca a quella della Conferenza Stato regioni, già prevista dalla legge 86/89, come novellata dalla l.128/98. Anche sul piano procedurale le novità paiono rilevanti. L’art.5.4 del pdl prevede infatti che qualora un progetto normativo comunitario rientri in una ‘materia attribuita alla competenza legislativa (concorrente o residuale) delle regioni o delle province autonome’, su richiesta delle regioni stesse, il Governo convoca la Conferenza Stato-regioni al fine di promuovere un’intesa per la definizione del contenuto dell’atto. La norma dispone la possibilità di superare l’eventuale mancanza dell’intesa, in due casi: se decorre il termine di venti giorni e se lo richiede una situazione di urgenza sopravvenuta. Il legislatore ha altresì previsto dei tavoli di coordinamento nazionali tra Governo e rappresentanti delle regioni e province autonome al fine di definire la ‘posizione italiana’ nel processo normativo comunitario. Per quanto attiene la cd. fase discendente, il pdl sembra aver recepito le recenti tendenze della giurisprudenza costituzionale in tema di qualificazione del potere sostitutivo statale come temporaneo e cedevole. Gli eventuali atti statali emanati per supplire all’inerzia delle regioni nell’attuazione del diritto comunitario, si applicano infatti ‘a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l’attuazione della rispettiva normativa comunitaria’, e perdono efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione. La norma precisa inoltre, che tali atti devono recare esplicitamente l’indicazione della loro natura sostitutiva e del loro carattere cedevole. |
Nuove forme di partecipazione delle Autonomie territoriali alla formazione degli atti comunitari
21.02.2005