La legge Gasparri – Resoconto convegno

05.05.2004

Grif – Gruppo di ricerche industriali e finanziarie 

Luiss Guido Carli 

Roma, 31 marzo 2004 

Il professor Sabino Cassese, introducendo la sua relazione, osserva come una chiave di lettura del nuovo testo del disegno di legge di riassetto del sistema radiotelevisivo (cd ddl Gasparri) approvato dalla Camera in data 24 marzo 2004 possa essere rappresentata dall’analisi delle risposte che questo fornisce ai rilievi mossi dalla Presidenza della Repubblica e che ne avevano motivato il rinvio alle Camere nello scorso dicembre. In questa prospettiva, il professor Cassese ricorda come le principali osservazioni avevano riguardato: a) il problema del rispetto delle sentenze della Corte Costituzionale in tema di tutela del pluralismo dell’informazione; b) le dimensioni del sistema integrato delle comunicazioni (SIC) ed, infine, c) il problema dell’eccessiva concentrazione della raccolta pubblicitaria. Più precisamente, per quello che concerne il primo profilo problematico, viene evidenziato come delle perplessità di non poco rilievo erano state espresse con riferimento al ruolo e, soprattutto, all’incisività del potere attributo all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) nella sua funzione di soggetto cui era demandato il compito di effettuare l’analisi delle condizioni necessarie al passaggio dal sistema analogico a quello in tecnica digitale. Collegati a questa tematica erano, poi, anche i rilievi circa l’eccessiva dilatazione del periodo transitorio cui non sembrava seguire l’indicazione certa del dies ad quem per l’attuazione della riforma che avevano fatto sorgere dei dubbi in ordine alla conformità del disegno di legge con le indicazioni espresse dalla Corte Costituzionale. Al riguardo, il professor Cassese sottolinea come la risposta fornita dalla Camera dei Deputati vada principalmente rintracciata nella nuova formulazione dell’articolo 25, commi da 1 a 4. In tali disposizioni si precisa che entro il 30 aprile 2004 (nella versione rinviata alle Camere si faceva riferimento ai “dodici messi successivi al 31 dicembre 2003”) l’AGCOM deve svolgere “un esame della complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri allo scopo di accertare contestualmente, anche tenendo conto delle tendenze in atto nel mercato: a) la quota di popolazione coperta dalle nuove reti digitali terrestri che non deve comunque essere inferiore al 50 per cento; b) la presenza sul mercato nazionale di decoder a prezzi accessibili; c) l’effettiva offerta al pubblico su tali reti anche di programmi diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche.” Analizzando in maniera più approfondita tali disposizioni, il professor Cassese sottolinea l’importanza dell’avverbio “contestualmente” che fornisce una chiara indicazione che dovrà essere seguita nella conduzione dell’analisi del mercato e che richiede la verifica della necessaria e contemporanea sussistenza di tutte e tre le condizioni indicate. In questa prospettiva, osserva ancora il professor Cassese, sarà importante capire il peso relativo che assumeranno nel bilanciamento reciproco il termine “contestualmente” e l’inciso “anche tenendo conto delle tendenze in atto” che sembra costituire la cornice di riferimento ideale all’interno della quale l’AGCOM è chiamata a compiere la propria valutazione prospettica circa le dinamiche di sviluppo del mercato digitale terrestre.
Per quanto concerne il rafforzamento dei poteri attribuiti all’Autorità, il professor Cassese sottolinea come nella nuova formulazione del ddl Gasparri si preveda che l’AGCOM – nel caso in cui all’esito dell’accertamento dovesse riscontrare che “non si siano verificate le predette condizioni”, oltre a dar conto di tale dato di fatto nella relazione da inviare entro trenta giorni dal completamento dell’accertamento al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari – possa adottare “i provvedimenti indicati dal comma 7 dell’articolo 2 della legge 31 luglio 1997, n. 249”. Nessuna menzione a tali poteri era, invece, contenuta nella precedente versione del ddl nel quale all’Autorità veniva riconosciuto solo il potere di formulare eventuali “proposte di interventi diretti a favorire l’ulteriore incremento dell’offerta di programmi televisivi digitali terrestri e dell’accesso ai medesimi”.
Altro aspetto sul quale il messaggio di rinvio del Presidente della Repubblica invitava a riflettere riguardava l’ampiezza del sistema integrato delle comunicazioni. Sul punto, il professor Cassese oltre a rilevare una non perfetta coincidenza terminologica tra le due versioni del ddl Gasparri, evidenzia, altresì, delle distonie tra la definizione contenuta nell’articolo 2, comma 1, lettera g) e quella contenuta nell’articolo 15, comma 3. Più precisamente, mentre nel primo enunciato normativo il sistema integrato delle comunicazioni viene indicato come “il settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di INTERNET; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni”, l’elencazione fornita nell’articolo 15, comma 3, include tra i ricavi (sui quali dovrà essere computato il limite del 20% delle risorse complessive) che compongono il sistema integrato delle comunicazioni quelli “derivanti dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell’erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti esercenti le attività indicate all’articolo 2, comma 1, lettera g), da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall’editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di INTERNET e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico”.
Sul punto, il professor Cassese, pur riconoscendo come l’elevato grado di tecnicità del linguaggio impiegato possa rappresentare dei profili di problematicità in ordine all’individuazione di che cosa debba effettivamente essere ricompresso nell’espressione “sistema integrato delle comunicazioni”, osserva, però, che ai fini dell’individuazione di più incisive azioni a tutela della concorrenza, molto più efficace sarebbe il richiamo alle disposizioni contenute nell’articolo 14, comma 2. Tali disposizioni, infatti, prevedono che “l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni…individuato il mercato rilevante…verifica che non si costituiscano, nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, posizioni dominanti…tenendo conto, fra l’altro, oltre che dei ricavi, del livello di concorrenza all’interno del sistema, delle barriere all’ingresso nello stesso, delle dimensioni di efficienza economica dell’impresa nonché degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, dei prodotti editoriali e delle opere cinematografiche o fonografiche.” Questa soluzione sarebbe preferibile perché da un lato arricchisce l’ambito degli interventi possibili da parte dell’AGCOM anche al di sotto del superamento del limite del 20% del SIC e, dall’altro, perché introduce una logica di intervento più flessibile rispetto alla predeterminazione di limiti ex ante (generalmente indicati come tetti antitrust) che rappresentano dei meccanismi di regolazione rigidi ed esprimono una concezione salvifica dell’intervento statale che sarebbe molto più efficacemente sostituito da un’incisiva tutela ex post demandata all’Autorità antitrust.
Per quanto concerne il problema della carta stampata, l’intervento del professor Cassese mette in evidenza come nella seconda versione della Gasparri vi sia una risposta alle richieste di interventi di promozione e tutela del settore. Il riferimento è alla previsione contenuta nell’articolo 25, comma 6, dove si prevede che “nella fase di transizione alla trasmissione in tecnica digitale devono inoltre risultare complessivamente impegnate, sulla competenza di ciascun esercizio finanziario, per almeno il 60 per cento a favore dei giornali quotidiani e periodici, le somme che le amministrazioni pubbliche o gli enti pubblici anche economici destinano singolarmente, per fini di comunicazione istituzionale, all’acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa.” Tale disposizione nonostante ponga degli interrogativi in riferimento all’ambito soggettivo (quali sono “le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici anche economici” cui la norma si riferisce) e quello oggettivo (quale significato attribuire alla previsione che le somme a favore dei giornali quotidiani e periodici “devono inoltre risultare complessivamente impegnate, sulla competenza di ciascun esercizio finanziario, per almeno il 60%…” appare chiaramente finalizzata a convogliare una certa quota di investimenti pubblici nel settore della carta stampata. Nella medesima prospettiva, un’altra modifica meritevole di sottolineatura viene individuata nella nuova formulazione delle previsioni concernenti la regolamentazione dell’intreccio tra televisioni e giornali. Sul punto, il nuovo testo dell’articolo 15, comma 6, posticipa dal 31 dicembre 2008 al 31 dicembre 2010 il termine prima del quale “i soggetti che esercitano l’attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete non possono… acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani.”
Nel concludere il suo intervento, il professor Cassese rileva come in relazione al settore audiovisivo si pongano due problemi i quali, anche se in qualche misura tendono ad intrecciarsi ed a sovrapporsi, devono rimanere distinti sul piano concettuale: quello del pluralismo dell’informazione da un lato e quello economico di tutela della concorrenza dall’altro, e che mentre sia possibile sostenere che la nuova formulazione del disegno di legge Gasparri abbia affrontato, ed in parte risolto, il problema del pluralismo, lo stesso non possa dirsi per quanto concerne il problema economico dell’eccessiva concentrazione delle risorse pubblicitarie.
Nel suo intervento il dott. A. Pilati (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) ha sottolineato anzitutto che l’accertamento che l’Agcom è tenuta a compiere entro il 31 aprile 2004 sullo stato di sviluppo delle reti digitali non si comprende nelle sue modalità di svolgimento se non lo si riferisce a quanto indicato nella sentenza n.466 del 2002 della Corte costituzionale, che si pone peraltro in continuità con la sentenza n.420 del 1994. Dall’esame di tale sentenza emerge, secondo il relatore, l’indicazione di una duplice strada che il legislatore può seguire nel fissare il nuovo regime: o intervenire sul terreno dell’analogico, liberando pertanto le frequenze al momento occupate dai soggetti eccedenti i limiti anticoncentrativi fissati, oppure, come si evince dal paragrafo 11 del considerato in diritto della sentenza richiamata, delineare un nuovo quadro legislativo fondato sul riconoscimento dell’attitudine della nuova tecnica digitale ad ampliare il numero delle frequenze, così da consentire l’ingresso di nuovi soggetti. Gli accertamenti della Agcom devono pertanto essere finalizzati ad appurare se, ed eventualmente in che misura, l’attuale stato di sviluppo della tecnologia digitale sia tale da configurare un nuovo regime sul quale intervenire. Con riguardo ai parametri che l’Agcom è tenuta ad utilizzare nel compiere tali accertamenti (quota di popolazione coperta dalle nuove reti digitali terrestri non inferiore al 50%; presenza sul mercato nazionale di decoder a prezzi accessibili effettiva offerta al pubblico su tali reti anche di programmi diversi da quelli diffusi sulle reti analogiche), il relatore, riportando un orientamento espresso dal Presidente E. Cheli e recepito nello stesso d.d.l. all’art.25, comma 3, ha affermato che essi devono essere accertati non solo nella loro contestualità, ma anche nella loro progressività: costituendo l’introduzione del digitale terrestre un processo assai ampio e graduale, è cioè necessario che l’accertamento approfondisca anche le tendenze in atto nel mercato. Proseguendo, il relatore si è soffermato sulla disposizione contenuta nell’art.1, comma I lettera G) la quale definisce il “sistema integrato delle comunicazioni” (SIC) quel “settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni” e sulla disposizione di cui all’art.15, comma II, la quale impone che un singolo soggetto non possa conseguire ricavi superiori al 20 per cento dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni. A tal proposito il relatore ha sottolineato che il SIC, pur costituendo un valido strumento di analisi, non rileva in modo significativo in un’ottica di tutela della concorrenza. La disposizione antitrust più efficace contemplata nel d.d.l. Gasparri è infatti quella contenuta nell’art.14, comma 2, la quale stabilisce che “L’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, su segnalazione di chi vi abbia interesse o, periodicamente, d’ufficio, individuato il mercato rilevante conformemente ai principi di cui agli articoli 15 e 16 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, verifica che non si costituiscano, nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, posizioni dominanti e che siano rispettati i limiti di cui all’art.15 della presente legge, tenendo conto, fra l’altro, oltre che dei ricavi, del livello di concorrenza all’interno del sistema, delle barriere all’ingresso nello stesso, delle dimensioni di efficienza economica dell’impresa, nonché degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, dei prodotti editoriali e delle opere cinematografiche o fonografiche”. Tale disposizione, ad avviso del relatore, avendo ad oggetto i singoli mercati che costituiscono il SIC, è certamente in grado di consentire all’Autorità di operare, peraltro in una logica di estrema flessibilità di intervento ex post, al fine di tutelare gli interessi competitivi del mercato radiotelevisivo .
L’avv. O. Grandinetti ha aperto il suo intervento illustrando quelli che costituiscono i più impellenti problemi allo stato attuale nel settore radio-televisivo: la disponibilità delle frequenze, la concentrazione delle risorse pubblicitarie e i contenuti dei programmi. In particolare, dati assai significativi e da non sottovalutare sono quelli per cui nel 2001 le reti Rai e Mediaset detenevano circa il 97% della raccolta pubblicitaria e il 90% dell’audience. Proseguendo, il relatore, riprendendo quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.466 del 2002, ha sottolineato l’assoluta contrarietà del sistema attuale al principio del pluralismo informativo. A tale situazione illegittima il d.d.l. Gasparri sembra non porre alcun rimedio: quest’ultimo, facendo del digitale terrestre, non ancora sufficientemente sviluppato, un uso improprio, pare infatti non porre adeguate basi per risolvere le strozzature presenti nel mercato. Posizioni fortemente critiche sono state altresì esposte in relazione ai parametri che il d.d.l. stabilisce ai fini della individuazione delle reti nazionali: l’art.2, comma I, lett. I) ed L), definendo attività di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale tutta quella attività avente una copertura superiore al 50% della popolazione (e non più all’80% come nella legge 249/1997) finisce infatti per determinare un ampliamento della base su cui sono individuate le posizioni dominanti. Infine, il relatore ha concluso, con riguardo alla disciplina antitrust contemplata nel d.d.l., affermando che essa si pone in contrasto non soltanto con la giurisprudenza costituzionale, ma anche con la normativa di derivazione comunitaria.

Si segnala che il d.d.l. oggetto del seminario è stato successivamente approvato in via definitiva dal Senato della Repubblica in data 29 aprile 2004 (“Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI – radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione”).

Luigi Alla e Chiara Aquili