TAR Campania – Napoli, sez.I, 20 maggio 2003 – n.5868
Il ricorso alla trattativa privata rappresenta una deroga alle procedure di evidenza pubblica consentito solo in casi eccezionali adeguatamente motivati. Il rispetto delle regole di evidenza pubblica è da intendersi regola generale che vale anche per gli appalti pubblici sotto soglia.
Con la sentenza in argomento il TAR Campania   ribadisce alcuni degli aspetti più significativi della Legge Finanziaria  del  2003 (Legge 289 del 2002) le cui più importanti innovazioni sono state  commentate  nel precedente numero di questa Rivista.
In particolare,  la  sentenza in commento si inserisce nel filone inaugurato dalla  Circolare  6  giugno 2002 n. 8756 a firma del Ministro Buttiglione con la quale si  suggeriva  il rispetto dei principi fondamentali del Trattato costitutivo  dell’Unione  europea, anche a quei contratti che in virtù del loro modesto rilievo  economico,  sarebbero rimasti esclusi dalla sfera di applicazione delle direttive  comunitarie nel settore degli appalti pubblici.
Il suggerimento del  Dipartimento delle Politiche comunitarie, resosi portatore di una  istanza  affermata dalla più recente giurisprudenza comunitaria (cfr. ordinanza 3   dicembre 2001, in C-59/00, e sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324,  Teleaustria  c. Post & Telekom Austria),  si è di fatto tradotto nel primo comma  dell’art.24 della Legge 289 del 2002,  nel quale il legislatore  nazionale  ha  quantificato in Euro 50.000,00 la soglia di applicazione della  normativa sugli appalti pubblici in materia di appalti di servizi e  forniture.
La sentenza del TAR Campania va addirittura oltre il  dettato della  Legge Finanziaria 2003, nel momento in cui ribadisce che la necessità  del  rispetto delle regole di evidenza pubblica, per i soggetti tenuti ad  applicare  la normativa nazionale e comunitaria nella scelta dell’altro contraente,  è da  intendersi regola generale, che vale anche per gli appalti pubblici  sotto  soglia, come confermato sia dalla Corte di giustizia della Unione  Europea, che  dal Consiglio di Stato.
In altri termini, se per effetto della Legge  289 del  2002 la tensione legata alla necessità di rispettare procedure di  evidenza  pubblica si è concentrata al di là del limite di importo di 50.000 Euro,  alla  luce dell’orientamento del TAR, la deroga ai  principi di non  discriminazione, parità di trattamento e trasparenza imposti dalla  normativa  comunitaria va comunque motivata ed assume la valenza di eccezione  giustificabile solo in presenza di specifiche ragioni tecniche ed  economiche.
Sotto altro rilevante profilo, la sentenza in commento,  accogliendo il concetto sostanziale di organismo di diritto pubblico  affermato  dalla normativa comunitaria, ha ribadito la necessità che un soggetto  formalmente privato ( in quanto società di capitali) ma sostanzialmente  pubblico  – in ragione della controllo maggioritario del capitale sociale –  sia  tenuto al rispetto della normativa in materia di appalti pubblici  nazionale e  comunitaria nella scelta dell’altro contraente.
Si tratta in sostanza  di  “snidare la pubblicità reale che può nascondersi dietro il dato formale,  ai fini  di tutela della concorrenza e trova il suo humus la categoria degli  organismi di  diritto pubblico, come tali tenuti a seguire le regole comunitarie in  tema di  appalti”.
In questo senso la sentenza del TAR Campania si fa attuale  portavoce dell’orientamento comunitario e nazionale che aveva portato ad   escludere che la semplice veste formale di spa sia idonea a trasformare  la  natura pubblicistica di soggetti che, in mano al controllo maggioritario   dell’azionista pubblico, continuano ad essere affidatari di rilevanti  interessi  pubblici (vedi il caso di  Poste italiane – sentenza Consiglio di Stato –   Sezione Sesta n.4082 del 2000), in tal modo superando un iniziale  contrasto tra  i fautori della tesi privatistica delle società per azioni a  partecipazione  pubblica (Cass.sez. Un. N.4989/95) e quelli della tesi pubblicistica (  cfr.  Cosn. Stato VI, n.498/95).
Nel contesto evidenziato, il giudice  napoletano, facendo ancra una volta l’eco all’art.24 della Legge  Finanziaria- stigmatizza l’immotivato e ingiustificato ricorso alla  trattativa privata guardata sempre più come procedura eccezionale,  derogatoria e assolutamente residuale delle normali procedure di  evidenza pubblica.